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Urne aperte da stamattina alle 7 fino alle 23.
E domani dalle 7 alle 15.
E allora tutti a votare!

Calabria.Live quotidiano domenica 5 ottobre 2025

di SANTO STRATI – A parte le schiere di supporter, addetti ai lavori e pochi intrepidi nel cui cuore batte ancora un briciolo di passione politica, si ha la netta impressione che sia scarsa la palpitazione dei calabresi per questa competizione elettorale.

Frutto anche di una campagna elettorale sguaiata e irrimediabilmente infettata da un ingiustificato livore, dall’una e dall’altra parte. Una campagna elettorale che non è riuscita a scuotere gli animi, che non ha acceso la miccia di una qualsiasi “rivoluzione” gentile finendo allo scontro armato (di buone intenzioni e improbabili promesse) tra due “nemici” piuttosto che avversari politici.

Non è piaciuta per niente questa campagna elettorale ai calabresi, costretti a subire il carosello continuo di slogan logori e deprivati di qualsiasi appeal che l’uno e l’altro, Occhiuto e Tridico, si sono recitati a vicenda (il terzo “incomodo” – Francesco Toscano – col suo candido zerovirgola è un gran simpatico ma non fa testo), ripetendo all’infinito improbabili disvalori (l’uno dell’altro) come se fosse questo l’elemento in grado di spostare voti da una parte o dall’altra.

I calabresi, diciamo la verità, hanno rimpianto le vecchie tribune politiche alla Jader Jacobelli, dove prevaleva il rispetto tra gli avversari, con un immancabile filo di ironia che induceva più al sorriso che al ghigno. Complici anche il tempo troppo ridotto e la fin troppo evidente impreparazione di un centrosinistra, incredibilmente “unito” in un campo largo destinato a produrre un “perdente di successo”, questa volta sono prevalsi tra gli elettori l’indifferenza e un malcelato distacco dall’agone politico. Una battaglia senza eserciti che non assomiglia nemmeno vagamente a un risiko a tavolino, dove, comunque, serve un pizzico di strategia per sconfiggere gli avversari.

Qui la strategia è diventata merce rara, con Occhiuto che sembrava il protagonista de I pirati dei Caraibi e Tridico, il prof, impacciato come un novellino al primo colloquio per un posto di lavoro. Intendiamoci, Occhiuto in questa partita era cartaro e Tridico un giocatore poco esperto, ma queste sensazioni le hanno colte gli addetti ai lavori, gli specialisti della comunicazione, non certo la platea degli elettori, rimasta insensibile allo scambio reciproco di “insulti” basati sul “non fatto” dell’uno – governatore uscente – e sulle debolezze “stilistiche” dell’aspirante.

Ma chi ha curato la campagna elettorale di Tridico? Da quanto si è visto, probabilmente un dilettante, ovvero una squadra di dilettanti allo sbaraglio che non ne ha azzeccata una. Lasciamo perdere gli svarioni verbali, ma Tridico, a chiusura della campagna possiamo dirlo, ha fatto di tutto per offrire il fianco a poco divertenti prese in giro, non ultimo l’accostamento ad Antonio Albanese, alias Cetto LaQualunque, con la differenza che il comico attore faceva ridere (è il suo mestiere), ma Tridico ha fatto mettere le mani nei capelli su quanti lo avevano immaginato nell’angelo vendicatore della sinistra in declino. No, nulla di tutto questo. Da candidato Tridico poteva mettere il naso nella formazione di tutte le liste (ma non l’ha fatto), poteva sganciarsi (con eleganza) dal macigno del “vaffa” grillino (ma non l’ha fatto) mostrando di avere gli attributi giusti, poteva raccontare una storia diversa, vincente della sua idea di Calabria. E invece si è perso a inseguire i “guasti” nella sanità provocati dall’avversario (dimenticando, purtroppo per lui, che i commissari “disastrosi” della Sanità li ha nominati il Governo Conte), si è fatto prendere la mano a rintuzzare l’avversario, al posto di ignorarlo: doveva – a nostro modesto avviso – dire solamente “signori, si cambia” e snocciolare idee e proposte, che avessero basi di concretezza (e disponibilità dei fondi necessari). Poteva tralasciare di ripetere che il Ponte è “una sciagura”, guardando allo sviluppo del territorio e alle infrastrutture che – senza il Ponte – difficilmente saranno realizzate. Invece ha giocato “a perdere”, ma probabilmente nessuno glielo ha fatto notare.

L’ex presidente dell’Inps ha perduto un’opportunità grande quanto una casa e quando gli ricapita? Certo, le urne si aprono stamattina e tutto può ancora succedere (in politica è quasi normale, ricordatevi cosa è successo per il Comune di Catanzaro con l’inaspettato successo di Fiorita…) ma è evidente che Tridico ha giocato male, malissimo, la sua partita: un bel programma di buone intenzioni (e poca concretezza) non è sufficiente a smuovere l’elettorato silente, quello che volontariamente diserta le urne perché stanco, avvilito, a volte disgustato da una politica fatta di nulla ricoperto di niente.

Quella fascia di elettorato che il centrosinistra unito (?) avrebbe potuto-dovuto intercettare non con la promessa di un improbabile reddito di dignità da 500 euro al mese, ma con un serio e articolato progetto di crescita e sviluppo del territorio. Così Tridico s’è trovato a recitare la parte del pifferaio magico, senza sapere che i “topi” se n’erano già andati via da soli, sconfortati e delusi dall’impolitica, e scoprendo tardi che non c’erano nemmeno “bambini” da irretire per punire il borgomastro cattivo. Scusate la metafora, ma ci sta tutta: Tridico doveva attuare una campagna di comunicazione fatta non di deboli promesse (tipiche di chiunque si candidi per qualsiasi ruolo, in politica) ma di programmi – davvero realizzabili – non da libro dei sogni.

La Calabria è una terra difficile da governare, lo sanno i 18 presidenti e i due vice facenti funzione che hanno segnato 55 anni di regionalismo. Qualcuno dirà “ma erano altri tempi” e, in parte è vero, ma oggi esistono condizioni forse più favorevoli per capovolgere la narrazione di una Calabria che va a pietire aiuti e sussidi al Governo centrale.

Certo bisogna battere i pugni, ma soprattutto avere la capacità di saperli battere: i calabresi non sono mai stato un popolo rassegnato, sfiduciato e avvilito sì. Eppure dal Nord, che insiste per bocca di Calderoli sull’autonomia differenziata (senza possibilità di successo), vengono chiare e non equivoche indicazioni che la vera locomotiva del Paese è il Mezzogiorno. Ma per farla camminare serve un vero Piano per il Sud che preveda delocalizzazioni di aziende della parte ricca del Paese, che offra e garantisca incentivazioni per il South smart working, che preveda la defiscalizzazione dei contributi dei nuovi assunti al Sud. E ci sia una grande impegno di investimento per la formazione, con la massima attenzione alla scuola, sempre più fanalino di coda degli impegni di tutti i governi.

Occhiuto s’è lanciato anche lui in promesse in parte difficilmente realizzabili, ma può vantare il vantaggio di avere già governato (bene o male ce lo diranno i voti che prenderà).

Le polemiche a risultato definitivo non finiranno, ma sarebbe bello immaginare un impegno trasversale di tutti (maggioranza e opposizione) per il futuro dei nostri ragazzi.

E, naturalmente, andiamo tutti a votare. (s)

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