Una figura androgina nella Via Crucis di Badolato. Badolato, borgo jonico calabrese nella bassa provincia di Catanzaro, è in Italia uno dei borghi più belli ma sicuramente pure una delle comunità più interessanti e più ricche nei riti della Settimana Santa che quest’anno inizia il 2 aprile nell’imminente Domenica delle Palme. Ad impressionare sono soprattutto le processioni per quante sono lunghe, raggiungendo persino il sito extra-urbano del Convento francescano posto su una collina prospicente l’abitato. Così, ad esempio, la Via Crucis del Sabato Santo si snoda su un percorso assai tortuoso tra sali e scendi, tra urbano e rurale, misurando circa dodici chilometri, utilizzando oltre quattrocento tra attori e comparse, ininterrottamente dalle ore 13 fino alle ore 21 e a volte si protrae fino alle 22.
Per dare l’idea delle difficoltà di percorrenza e dell’enorme distanza l’ignoto attore o devoto che rappresenta il Gesù sotto la croce viene cambiato per ben tre volte. La “Via Crucis” vivente badolatese del Sabato Santo, oltre a svolgersi in uno scenario davvero ameno, unico e spettacolare, è ricca di contenuti religiosi e devozionali. A seguire il Cristo, irriso e fustigato dai giudei, numerosi soldati romani scortano anche i due ladroni cui si aggiungono le pie donne vestite di nero e gli auto-flagellanti incappucciati vestiti di bianco, mentre la statua della Madonna addolorata e la statua del Cristo morto vengono scortati dagli alabardieri, un drappello di bambini vestiti con sottane, guanti, pizzi, nastri e merletti, sotto una corazza militare, con elmi infiorati, alla mano un’alabarda e al polso un fazzolettino tipico dei cicisbei del Settecento.
Un aspetto più femminile o effeminato e delicato piuttosto che virile e militaresco. Comunque un misto maschio-femmina che nasconde un significato o una simbologia antica che ancora non si riesce a decriptare, nonostante i vari tentativi che ancora però non convincono. Infatti, sono decenni che si dibatte su tale figura dei bambini alabardieri, un po’ donna e un po’ uomo, tanto è che qualcuno ha pensato fossero il simbolo dell’androgino, un residuato della filosofia o della fantasia, della mitologia o delle allusioni della Magna Grecia che in questi luoghi è perdurata per quasi sei secoli prima che i romani ponessero fine ad un sogno e ad un’epopea nel 202 avanti Cristo. Man mano che si alternano i tentativi di interpretazione, s’infittisce il mistero dell’androgino badolatese.
E, attratti da tale curiosità, finora sono stati tanti i giornalisti e le troupe televisive che hanno cercato di venire a capo di tale stranezza. E, probabilmente, avendo dimostrato interesse, il prossimo Sabato Santo sarà a Badolato pure la Rai con una sua telecamera per documentare i tanti bambini alabardieri-androgini, cercando forse di dare una risposta che sembra sempre più difficile trovare. O forse è bene che il mistero resti tale? Come sostiene l’Università delle Generazioni che paradossalmente è stata la prima a scoprire e ad evidenziare tale androginìa nel 1987 con un articolo su “il piccolissimo” di Catanzaro.