A Badolato la Via Crucis più lunga del mondo

di DOMENICO LANCIANO – Si pensa risalga al 1600 il rito della Settimana Santa di Badolato (borgo sull’amena costa jonica calabrese, in provincia di Catanzaro) così come si svolge adesso, sicuramente una delle più intense ed interessanti tra le celebrazioni pasquali che si hanno nel contesto cattolico nei vari continenti. Intanto, esprime la “Via Crucis vivente” più lunga del mondo, nel pomeriggio del Sabato Santo dalle ore 13 alle 20 (spesso fino alle 21). Quindi una Via Crucis lunga anche in termini di tempo (dalle sette alle otto ore).

Si svolge per un percorso misto di circa dieci chilometri, per vie tortuose e scoscese, dal borgo alla valle sottostante e nelle campagne circostanti, fino a salire al Convento francescano degli Angeli, sito sulla collina prospicente. A causa di tale lunghezza e tortuosità, viene cambiato ben tre volte il devoto che impersona il Cristo scalzo sotto la croce. Numerosissimi gli attori e le comparse, che possono raggiungere persino le quattrocento unità tra soldati romani, giudei, flagellanti, addoloratine, appartenenti alle congreghe e gli alabardieri. Dalla Pasqua 1988, su mio input, su queste ultime figure si sta concentrando l’attenzione di alcuni studiosi poiché esse sembrano rappresentare il simbolo dell’androgino, come ho scritto in un primo articolo pubblicato dal settimanale “Il piccolissimo” diretto da Moisé Asta e Vincenzo De Virgilio ed edito da Rubbettino di Soveria Mannelli (Cz).

Infatti, il ruolo degli alabardieri dovrebbe essere riservato unicamente ai fanciulli impuberi. Per tale motivo si pensa che i bambini-alabardieri possano simboleggiare la purezza dell’anima. Pure perché il loro è un abbigliamento misto, femminile e maschile insieme. Vestono sottane, mutandoni lunghi, calze colorate, nastri, pizzi, merletti, guanti bianchi ed hanno al polso il fazzolettino tipico dei cicisbei del Settecento. Il loro elmo è ornato di fiori colorati e non dall’ispido cimiero. Però indossano pure la corazza, il mantello rosso e recano una lancia alabardata come quelle delle guardie svizzere vaticane. La loro presenza sembra essere un’anomalia o una originalità simbolica. I bambini-alabardieri scortano le statue della Madonna addolorata e quella del Cristo morto, mentre i veri e virili soldati romani si occupano del Cristo sotto la croce e dei due ladroni in movimento. Da qualche anno a questa parte, forse per carenza di bambini disposti a fare tanti chilometri per così molte ore, tale ruolo viene assunto ma impropriamente da alcuni adolescenti.
Il percorso (dal borgo al convento francescano sulla collina degli Angeli e ritorno) viene effettuato pure nella processione penitenziale del Venerdì Santo e nella Domenica di Pasqua quando gli stendardi corrono in lungo e in largo per annunciare la Resurrezione del Cristo il quale, a mezzogiorno esatto, in piazza al borgo si incontra con la Madonna che lo cercava per tutto il paese vestita di nero.

Il momento dell’incontro è fortemente emozionante, specialmente quando la statua della Madonna cambia magicamente in festa l’abito alla vista del Cristo. Quindi, le due statue vengono collocate nella vicina chiesa di San Domenico, una delle più grandi della Calabria. Questo incontro qui si chiama “Cunfrunta” o “Cumprunta” mentre in altri paesi calabresi “Affruntata” o in altri modi. A Badolato, per l’esultanza della Resurrezione e dell’Incontro si svolge immediatamente il ballo degli stendardi sui denti dei confratelli più audaci. Altra caratteristica di questa Domenica di Pasqua è la sfida a distanza tra un tamburo e uno stendardo lungo i tanti chilometri del percorso borgo-valle-collina degli Angeli. Se lo stendardo riesce a toccare il tamburo in corsa, gli può rompere la pelle e issarlo in cima allo stendardo come trofeo. Personalmente ho assistito a questa sfida nella Pasqua del 2010 quando il tamburo è stato raggiunto e distrutto proprio davanti ai miei occhi.

Ritengo che le autorità preposte (ma anche i fedeli, la società civile e gli imprenditori locali) dovrebbero impegnarsi di più a propagandare culturalmente e turisticamente la Settima Santa in Calabria e in tutto il Sud Italia, specialmente dove trova massima espressione. Pure i badolatesi dovrebbero impegnarsi di più, dal momento che hanno una Settimana Santa tra le più belle, scenografiche e interessanti al mondo. In particolare, andrebbe studiata meglio la figura dei bambini-alabardieri anche come simbolo dell’androgino, poiché potrebbe essere un raro residuato mitico-filosofico e antropologico della Magna Grecia che qui è stata presente per ben sei secoli, fino a quando la conquista romana (nel 202 a. C.) ha attenuato quella civiltà, poi comunque ripresa nel periodo bizantino per numerosi altri secoli ancora. (dl)

A Badolato si prepara la Via Crucis con il mistero dell’androgino

Una figura androgina nella Via Crucis di Badolato. Badolato, borgo jonico calabrese nella bassa provincia di Catanzaro, è in Italia uno dei borghi più belli ma sicuramente pure una delle comunità più interessanti e più ricche nei riti della Settimana Santa che quest’anno inizia il 2 aprile nell’imminente Domenica delle Palme. Ad impressionare sono soprattutto le processioni per quante sono lunghe, raggiungendo persino il sito extra-urbano del Convento francescano posto su una collina prospicente l’abitato. Così, ad esempio, la Via Crucis del Sabato Santo si snoda su un percorso assai tortuoso tra sali e scendi, tra urbano e rurale, misurando circa dodici chilometri, utilizzando oltre quattrocento tra attori e comparse, ininterrottamente dalle ore 13 fino alle ore 21 e a volte si protrae fino alle 22.

Per dare l’idea delle difficoltà di percorrenza e dell’enorme distanza l’ignoto attore o devoto che rappresenta il Gesù sotto la croce viene cambiato per ben tre volte. La “Via Crucis” vivente badolatese del Sabato Santo, oltre a svolgersi in uno scenario davvero ameno, unico e spettacolare, è ricca di contenuti religiosi e devozionali. A seguire il Cristo, irriso e fustigato dai giudei, numerosi soldati romani scortano anche i due ladroni cui si aggiungono le pie donne vestite di nero e gli auto-flagellanti incappucciati vestiti di bianco, mentre la statua della Madonna addolorata e la statua del Cristo morto vengono scortati dagli alabardieri, un drappello di bambini vestiti con sottane, guanti, pizzi, nastri e merletti, sotto una corazza militare, con elmi infiorati, alla mano un’alabarda e al polso un fazzolettino tipico dei cicisbei del Settecento.

Un aspetto più femminile o effeminato e delicato piuttosto che virile e militaresco. Comunque un misto maschio-femmina che nasconde un significato o una simbologia antica che ancora non si riesce a decriptare, nonostante i vari tentativi che ancora però non convincono. Infatti, sono decenni che si dibatte su tale figura dei bambini alabardieri, un po’ donna e un po’ uomo, tanto è che qualcuno ha pensato fossero il simbolo dell’androgino, un residuato della filosofia o della fantasia, della mitologia o delle allusioni della Magna Grecia che in questi luoghi è perdurata per quasi sei secoli prima che i romani ponessero fine ad un sogno e ad un’epopea nel 202 avanti Cristo. Man mano che si alternano i tentativi di interpretazione, s’infittisce il mistero dell’androgino badolatese.

E, attratti da tale curiosità, finora sono stati tanti i giornalisti e le troupe televisive che hanno cercato di venire a capo di tale stranezza. E, probabilmente, avendo dimostrato interesse, il prossimo Sabato Santo sarà a Badolato pure la Rai con una sua telecamera per documentare i tanti bambini alabardieri-androgini, cercando forse di dare una risposta che sembra sempre più difficile trovare. O forse è bene che il mistero resti tale? Come sostiene l’Università delle Generazioni che paradossalmente è stata la prima a scoprire e ad evidenziare tale androginìa nel 1987 con un articolo su “il piccolissimo” di Catanzaro.