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REGGIO, SI DEMOLISCE IN NOME DEL NUOVO
MA SI IMPEDISCE DI COSTRUIRE IL FUTURO

Un ormeggio a Porto Bolaro a Pellaro di Reggio Calabria

di SANTO STRATI – Dopo aver visto il video del rendering di come dovrà esser la nuova piazza De Nava a Reggio Calabria (la piazza su cui si affaccia il Museo dei Bronzi, per intenderci) non riusciamo a vincere un forte senso di perplessità. E leggendo, in questi giorni, la furiosa polemica che si sta scatenando tra i fautori del “nuovo” e chi spinge per un restauro vero e proprio che rispetti le caratteristiche originarie, stupisce come, ancora una volta, la città di Reggio riesca a creare due fronti, quasi uguali, ma opposti. Non si tratta di avere ragione a voler mantenere lo spirito illuminato che ha ispirato la piazza, ma non è spiegabile questa sorta di furia iconoclasta che vuole a tutti i costi demolire per fare, con una parola che riempie la bocca, un adeguato restyling. Adeguato a cosa? Al nuovo sentire dei reggini? Non ci sembra che i reggini, nella stragrande maggioranza, sentano la necessità di distruggere la piazza così com’è – e come era stata concepita – per creare uno slargo che, per bene che vada, al primo violento acquazzone non fermerà più l’acqua diretta addosso al Museo che rischierebbe l’allagamento continuo.

Peggio viene da pensare, leggendo in qualche sito online una motivazione che dimostra la grande ignoranza che pervade i cosiddetti “demolitori”: la piazza va rasa al suolo – qualcuno ha dichiarato – perché è un simbolo del fascismo. A parte che quando venne edificata del fascismo non c’era nemmeno l’insopportabile accenno, se prevalesse quest’idea – stupidissima – del polically correct, bisognerebbe radere al suolo centinaia o migliaia di palazzi e non solo a Reggio Calabria.

La cosa più inquietante, però, è un’altra. Se da un lato l’amministrazione Falcomatà 2 spinge verso il “nuovo” e la necessità di innovare, guardando alle esigenze dei cittadini (?), dall’altro licenzia provvedimenti che sono del segno opposto. Prendiamo il piano spiaggia, di cui parliamo in altra parte del giornale: questa grande innovazione non riusciamo a trovarla, anzi, pensando a com’è ridotto il Lido comunale che un tempo era il vanto di tutta la provincia, si viene colti dallo sconforto. Come si può immaginare di “sconvolgere” il fronte-mare di una città, trascurando il suo simbolo più evidente? Quella Rotonda Nervi (ricostruita su quella che rendeva felici le estati dei nostri padri e nonni e di noi ragazzi della seconda metà del Novecento) che oggi rappresenta il monumento più vergognoso all’incuria e alla trascuratezza. A cosa serve un piano spiaggia che, di fatto, blocca lo sviluppo di qualsiasi economia del mare proibendo di mettere punti di ristoro dove ci siano gli ormeggi ? Probabilmente i progettisti dell’Amministrazione Falcomatà che sognano una città di mare (e non più una città sul mare) in barca non ci sono mai andati, ovvero non sanno cosa significhi navigare e cercare un approdo. La nostra posizione marina è eccellente per tutto il turismo da diporto che va da Gibilterra fino alla Grecia, ma chi naviga sceglie l’approdo per le tante soste che l’andar per mare consente di fare basandosi sulle facilities che le località di ormeggio offrono. Bene, a quanto pare (non è ancora il testo definitivo questa variante al piano spiaggia) non sarà possibile offrire punti di ristoro nei pochi approdi esistenti.

Il rendering del progetto Mediterranean Life

E che dire, sempre seguendo il discorso dell’economia del mare, del progetto Mediterranean Life che vorrebbe riqualificare (con investimenti privati) tutta l’area a sud, da Pellaro all’Aeroporto, con un avveniristico villaggio dove turismo, aree commerciali e cultura andrebbero a braccetto per offrire esperienze di turismo uniche in tutto il Mediterraneo, con ormeggi per le navi da crociera, alberghi e residences di alto livello, etc? Il progetto proposto dall’arch. Pino Falduto (già assessore nella giunta di Falcomatà padre, un’altra vita fa) non piace all’Amministrazione Falcomatà, non piace alla Città Metropolitana, non piace alla Regione. O almeno così si deve supporre visto che che ai tanti solleciti per avere riscontri sulla fattibilità del progetto continua ad esserci un silenzio assordante. Sono anni che Falduto e gli altri investitori che caldeggiano il progetto aspettano un motivato diniego, ma non arriva nemmeno quello. All’incirca un mese fa, l’arch. Falduto è stato convocato in Comune da una commissione municipale (non sappiamo quale) per illustrare il progetto. Sono trascorsi trenta giorni, ancra una volta senza alcun esito.

Dunque, da un lato si vuole demolire, ma dall’altro s’impedisce di creare crescita e sviluppo: tanto per dare qualche numero, il progetto che vorrebbe trasformare la costiera sud in una sorta di Dubai calabrese vale seimila posti di lavoro e svariati milioni di ricavi l’anno, ricavi che si traducono a loro volta in imposte comunali che potrebbero essere di grande utilità per un Comune in grande sofferenza finanziaria ormai da troppo tempo.

Quindi, demolire sì, costruire per offrire occupazione e sviluppo no. Le motivazioni dell’abbattimento della piazza sono illogiche e prive di sostanza, nonostante i pareri illuminati di personalità cittadine. Secondo lo storico reggino Pasquale Amato è un finto restauro che, in realtà, riuscirà nell’intento di cancellare la memoria storia della città in nome di “pseudo cultura”. «E assistiamo – dice il prof. Giacomo Oliva, direttore della Biblioteca del Museo Archeologico di Reggio, condividendo la posizione di Amato – alla più becera contraddizione. Un ministero preposto alla tutela del patrimonio culturale che approva la distruzione della storia, dell’estetica e della memoria. Che ingrato destino ha questa terra!!!»

Secondo il prof. Amato «Una cosa è ricostruire una città sulle macerie di un terremoto o di una distruzione per aggressione di un nemico esterno. In questi casi si possono effettuare anche modifiche radicali. E Reggio è stata riedificata diverse volte nella sua plurimillenaria storia, dopo eventi sismici o devastazioni per attacchi esterni, a cominciare da quello del tiranno Dionisio I di Siracusa nel 386 aC. Tutt’altra cosa è, invece, sconvolgere una piazza storica come quella dedicata dai reggini a Giuseppe De Nava, senza una specifica necessità o emergenza. È un’operazione assurda, di cui si fa fatica a intendere i motivi. E rappresenta un secondo tentativo di distruggere la Piazza, passando dall’orrenda “escavazione selvaggia” che venne neutralizzata da una corale contestazione della città ad uno spianamento altrettanto sconcertante contro cui si sta levando una nuova espressione collettiva di dissenso.

«Si parla di restyling. Ma è una finzione – sostiene Amato, con il convinto sostegno del prof. Enzo Vitale della Fondazione Mediterranea, del prof. Francesco Arillotta, presidente degli Amici del Museo, di Legambiente e di tante altre associazioni cittadine –. Infatti, non si tratta di restauro, ma di vero e proprio stravolgimento della Piazza, ideata e realizzata nella fase epica della riedificazione della città dopo il terremoto catastrofico del 28 dicembre 1908 che distrusse il 95% degli edifici esistenti a Reggio e Messina e nelle rispettive aree limitrofe delle due sponde dello Stretto. Una Piazza dedicata peraltro a Giuseppe De Nava, il più autorevole leader politico a livello nazionale che Reggio abbia espresso dal 1861 ad oggi. De Nava svolse, altresì, un ruolo preminente nella splendida ricostruzione, supportando nei suoi numerosi incarichi di governo l’azione condotta dall’on. Giuseppe Valentino (prima da assessore e poi da sindaco) e dall’ing. Pietro De Nava, Responsabile del Piano Regolatore. Una Piazza su cui fu eretto il  pregevole monumento scolpito dall’artista polistenese Francesco Jerace, e che fu completata su un lato dall’imponente splendido edificio piacentiniano del Museo Archeologico Nazionale della Magna Grecia, e sull’altro dall’edificio dell’Ente Edilizio progettato dall’architetto Camillo Autore».

Il sindaco Falcomatà, da parte sua, difende la sua scelta: «In città – ha scritto su Facebook – si sta dibattendo molto, come è giusto che sia, ed è importante che cittadini e associazioni espongano le loro idee e proposte. Penso, tuttavia, che non bisogna avere paura dei cambiamenti. Vi ricordate le polemiche che ci furono su piazza Duomo prima dell’inizio dei lavori? Il progetto prevede anche il recupero della stele di Corrado Alvaro, proprio ieri ricorrevano i centoventisei anni dalla sua nascita, che diceva che il calabrese vuole essere parlato». Certo se poi chiedete a un reggino (com’è capitato di ascoltare su ReggioTv) se è favorevole al “miglioramento” della piazza, è fin troppo evidente che chiunque risponderà di sì: ma come si fa? Come si fa a valutare il gradimento d’una città chiedendo ai cittadini se sarebbe opportuno un “miglioramento”, senza specificare chi e cosa? E chi è per il peggioramento? Nemmeno il più cinico odiatore seriale della città potrebbe ammettere che preferisce il non “miglioramento”…

Perciò, lasciando perdere Alvaro che, a nostro avviso, sarebbe inorridito di fronte alla proposta di sventramento della piazza, l’impressione che si coglie è che questa Amministrazione sia alla ricerca di tutti i mezzi di distrazione di massa utili per distogliere l’attenzione dai disastri, ahimé, vedibili in ogni angolo che le passate attive amministrazioni hanno realizzato (non è solo colpa di Falcomatà se la città è ridotta così, certo poteva fare molto di più). Distrarre e minimizzare i problemi, a cominciare da un Consiglio comunale sempre più delegittimato dalle inchieste penali sui presunti brogli elettorali e sempre più impegnato a fare due passi avanti e tre indietro. Ci piacerebbe, veramente, che fosse solo un’impressione. (s)

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