Al Museo Marca di Catanzaro è stata inaugurata la mostra Codex di Beatrice Gallori e a cura di Luca Beatrice, promossa dalla Fondazione Rocco Guglielmo, in collaborazione con la Provincia di Catanzaro, Fabbrica Eos Milano e Aria Art Gallery di Firenze.
Ad anticipare il taglio del nastro una partecipata conferenza stampa tenuta nella sala panoramica del Museo, alla presenza dell’artista – che è stata “intervistata” dal curatore, e dal direttore artistico del Marca, Rocco Guglielmo, oltre che di Marco Polimeni, presidente del consiglio comunale di Catanzaro, delegato dal sindaco e presidente Sergio Abramo a rappresentare la Provincia di Catanzaro.
La mostra al Marca propone una serie di opere inedite che sono testimoni del percorso di questa appassionata ricerca espressiva, opere realizzate utilizzando acciaio e marmo, medium mai utilizzati finora dall’artista, che trovano spazio accanto a lavori su polimero, tela e ceramica. Opere organizzate in diverse stanze cromatiche: dai colori metallici al bianco, dal rosso al blu. L’artista sceglie materie sintetiche per costruire e ricoprire le superfici concave e convesse ottenute per colatura e sovrapposizioni di forme influenzate, in questo, dalla cultura 2.0 di visioni digitali e di una stagione cromatica plastificata e virtuale. L’effetto lucido e patinato conduce lo spazialismo di Beatrice Gallori nel mondo più contemporaneo di Museo MARCA www.museomarca.info una cultura post-internet e della glitch art, dove la palette cromatica di Photoshop detta le regole per una nuova scala pittorica.
«Le cellule segnate dal tempo rimangono appese infinitamente ai codici della vita» – questo il fulcro del pensiero dell’artista, che trova spazio all’interno della mostra Codex. Nella sua pratica artistica Beatrice Gallori ha costruito, come scrive Luca Beatrice, curatore della mostra, «un suo personale universo fatto di un repertorio coloratissimo di micromondi da cartoon, di pianeti, costellazioni di cellule ispezionate nel suo laboratorio alchemico nel centro storico di Prato. Un universo astratto fatto di forme e colori elementari, di blob gassosi e bolle, nuclei e sezioni inglobati nella parete altrimenti bidimensionale del quadro».
Ricerca e sperimentazione caratterizzano l’intero percorso della Gallori che, come annota il curatore, «dalle opere di richiamo Nouveau Realisme (per l’inclusione di oggetti, corde, scatole, fili, maglie) è approdata all’uso consapevole del monocromo e della vernice per una versione che può dirsi rivisitazione new pop dello stile materico delle Plastiche di Alberto Burri”.
«L’artista ci offre la possibilità di analizzare e indagare in maniera più intima su temi quali la diversità dell’essere umano e la vita stessa, così fragile il primo, così fugace la seconda – ha detto Rocco Guglielmo –. Crea opere come gusci che contengono e proteggono la vita, tanto vicine alla biologia umana come celle in una rete invisibile di contatti che immagazzinano e nel contempo propagano messaggi e contenuti, ispirata dalla tecnologia. Beatrice sorprende con interventi dall’aspetto ludico, esaltando il valore della comunicatività. Sono installazioni dal potere immersivo straordinario che stimolano lo spettatore a partecipare l’opera, attratto dai profili, dai colori e dai giochi di movimento».
Stimolata dalle domande del curatore, Beatrice Gallori parla della sua ricerca che – spiega – «continua ad essere incentrata sulla vita e sullo studio delle forme cellulari ma è diminuito l’uso della tela. Ho sentito il bisogno di sperimentare, di cambiare, di andare oltre». A Catanzaro espone alcuni lavori in acciaio, un materiale nuovo per l’artista.
«Ero curiosa di veder vivere la mia tecnica su altri supporti – afferma ancora –, ad esempio ho iniziato a lavorare con il marmo, un’idea che mi girava da tempo. Sento che il mio lavoro è più maturo. La nuova maternità mi ha permesso di indagare ancora di più sulla nascita e sulla crescita». E il sorriso aperto e accogliente di Beatrice illumina il suo talento. (rcz)