di SANTO STRATI – È un segnale importante l’incontro che il ministro Roberto Speranza ha concesso ai parlamentari calabresi: deputati e senatori dell’area di governo ascoltati ieri sera via streaming per capire e cercare di individuare le soluzioni necessarie a riparare i guasti della sanità calabrese. Già, perché si tratta di guasti, molto dei quali, irreparabili se non si attua l’azzeramento del debito o quantomeno si rimodula il ripianamento attraverso una lunga, sopportabile rateizzazione.
Come abbiamo già altre volte scritto, l’azzeramento del debito sarebbe il minimo di ristoro da parte dello Stato per riparare ai torti subiti dalla Calabria con 11 anni di commissariamento: i commissari, inviati dallo Stato, hanno prodotto altri debiti, senza risanare la sanità. Gli ospedali chiusi, prima, in tutta fretta col solo obiettivo di risparmiare, senza badare alle conseguenze per la popolazione, l’impossibilità, oggi, di aggiornare attrezzature, dispositivi, macchinari perché le risorse bastano a malapena a pagare i debiti. La situazione della pandemia, del resto, ha messo in evidenza le drammatiche criticità del sistema sanitario calabrese.
La nomina travagliata del commissario (ricordate il balletto dei nomi, le rinunce e il ritiro dell’incarico?) non ha portato i risultati sperarti: il dott. Guido Longo, grande figura delle istituzioni, eccellente poliziotto e ottimo prefetto, ha mostrato l’inadeguatezza della mancata competenza in materia sanitaria. Avrebbe dovuto, il ministro Speranza, nominare un medico o uno scienziato, possibilmente con esperienze manageriali, oppure affiancare al prefetto una serie di personalità competenti, con ottima conoscenza del territorio e, soprattutto, dei problemi della sanità. Tutto questo non è avvenuto e il prefetto galantuomo si è trovato in piena solitudine, senza l’aiuto necessario e con consiglieri forse troppo interessati a faccende di bottega piuttosto che della salute dei calabresi. Ci sono fior di professionisti in Calabria in grado di offrire un aiuto concreto e “illuminato” al prefetto Longo: a quanto risulta, molti non sono stati nemmeno ricevuti dal Commissario ad acta, probabilmente su interessato suggerimento dei suoi più stretti collaboratori. Gelosia e invidia sono pane quotidiano di questa terra e non sono venute meno neanche di fronte a una pandemia che sta decimando gli italiani. La Calabria, ricordiamolo, a ottobre aveva il record (positivo rispetto alle altre regioni, anche se triste) di poco più di 100 morti: a marzo la cifra si è moltiplicata per otto. Un numero spaventoso di decessi di cui qualcuno dovrà fare, prima o poi, ammenda.
Non c’è ancora oggi un piano vaccinale in grado di affrontare i problemi che si sono accavallati in un perverso gioco delle parti: una volta mancano i vaccini, un’altra non ci sono i medici o il personale sanitario in grado di vaccinare. Con soluzioni che, spesso mutuando l’incapacità del governo centrale, non hanno dato risposta alle esigenze che da ogni parte arrivano dal territorio. Ed è proprio sui presidi territoriali che si deve ripartire per fronteggiare la pandemia e guardare con fiducia a una stagione turistica su cui nessuno è disposto a scommettere un centesimo. Troppa incertezza, troppa improvvisazione, quando invece servirebbe polso fermo e capacità operative concrete non solo sulla carta.
Quando sta costando ai calabresi questa situazione? Siamo allo stremo, nonostante l’eroico e impareggiabile impegno profuso dai medici e dal personale sanitario. Le parole, com’è evidente, non bastano più, servono i fatti. Se il ministro Speranza, dopo l’incontro con i parlamentari calabresi, lo ha capito, siamo davanti a una vera ripartenza. Lo capiremo già nei prossimi giorni. (s)