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Dall’Aspromonte, la grande sfida della cultura per un diverso modo di raccontare la Calabria

Gente in Aspromonte

di ALDO MANTINEO – Ieri avevo in mente un Aspromonte. Un tipo di Aspromonte. Non c’ero mai stato così dentro, nel suo cuore verde, e dunque l’idea che avevo – e chissà quanti altri come me – era legata a quel che avevo visto, sentito. O meglio, a quel che nel tempo mi era stato fatto vedere e in ciò che avevo voluto sentire. Un’idea di una montagna dura, praticamente impenetrabile. Diciamo pure ostile. Pesco indietro nella mia memoria di ragazzo di quarant’anni fa e quella era soltanto la montagna che aveva protetto latitanti, nella quale erano stati nascosti ostaggi, dove lo Stato aveva abdicato, forse senza nemmeno combattere in maniera convinta, lasciando campo libero alla ‘ndrangheta.

Che le cose non stessero così mi era comunque stato chiaro da tempo, ma non avevo mai avuto modo di sperimentare che il mio “nuovo” sentire fosse non solo differente rispetto al passato ma anche più adeguato alla realtà.

Oggi, così, ho in mente un altro tipo di Aspromonte. Una montagna non solo aspra ma anche “bianca” (come vuole l’etimo legato alla lingua grecanica)  nel senso di splendente. Una definizione assolutamente calzante per un luogo difficile da attraversare ma di una bellezza naturale assoluta, nel quale le lingue di strada – talvolta più simili a “piste” appena transitabili – ti consentono magari a fatica di inerpicarti ma ti regalano il privilegio di stare più in alto degli stessi uccelli in volo. Un luogo nel quale placidi greggi si prendono la strada e vogliono il loro tempo: per loro non c’è alcun tuo impegno pressante che tenga!

In questo senso il secondo appuntamento con “Gente in Aspromonte”, che ha fatto delle grandi querce del Rifugio Carrà ancora una volta una sorta di arena naturale nella quale si sono – tra l’altro – confrontati modi diversi di raccontare la Calabria e di utilizzare le sue risorse, è stata un’utile occasione. Una manifestazione senza inviti, senza scalette, una sorta di tribuna dalla quale tutti potevano parlare, dire la loro, interloquire,  spiegare e raccontare. Perché se sulla necessità di un “nuovo” racconto della Calabria – per altro argomento del primo appuntamento nel 2018 e che, inevitabilmente, ha fornito lo spunto per la “ripartenza” in questa edizione – non tutti sono stati d’accordo, pochi dubbi vi sono che  qualsiasi racconto, vecchio e nuovo, non ha solo bisogno di chi parli ma anche (se non soprattutto) di chi ascolti. Dunque tanto più un racconto è secco, lineare, privo di fronzoli, tanto più crescerà la possibilità che chi ascolti ne colga appieno il vero senso, la completa portata. Ed allora ecco il punto: ma sin qui quale racconto della Calabria è stato fatto? Questione non di poco conto considerato che un certo tipo di narrazione – da quella dei quotidiani a quella delle fiction televisive – appare più funzionale a una certa rappresentazione.

A me che calabrese non sono è capitato per lavoro di dover contribuire al quotidiano “racconto” della Calabria scoprendola pian piano, giorno dopo giorno, anche attraverso i racconti che mi venivano fatti. Mi sono insomma trovato nella doppia veste, al tempo stesso, di narratore e ascoltatore. E mentre la mia personale “scoperta” procedeva, contemporaneamente mutava la mia capacità di riuscire a contribuire a fare un racconto sempre meno impregnato di logori stereotipi e superati luoghi comuni. E l’ennesima riprova l’ho avuta nella giornata trascorsa a Piano Carrà sperimentando l’ebbrezza del cielo che si imbroncia all’improvviso rovesciando giù un paio di ore di intensa pioggia o facendo gioire la vista di uno spettacolo naturale di rara bellezza e di paesaggi incredibili.

Ecco,  se mai ci fosse realmente bisogno di un “nuovo” racconto della Calabria questo potrebbe forse essere un utile accorgimento: mettere assieme il punto di vista del narratore e quello dell’ascoltatore, senza dare nulla per scontato. Un esperimento che, in qualche misura, è stato fatto durante “Gente in Aspromonte” che – al netto di critiche e polemiche – può rappresentare un utile laboratorio, uno snodo importante lungo quel quotidiano e impegnativo percorso lungo il quale la Calabria, la sua gente (ma il Meridione e i meridionali più in generale) avanza tra mille ostacoli e infiniti pregiudizi. (am)


ASPROMONTE = ASPRO-PONTE
L’OPINIONE DI LOMBARDI SATRIANI

Nel cuore dell’Aspromonte, al Rifugio Carrà di Africo e a Bova si è svolto nei giorni scorsi – promosso e organizzato dalla Regione Calabria – il convegno Gente in Aspromonte 2 con la partecipazione di uomini di cultura calabresi, giornalisti, scrittori, amministratori locali e regionali. Tra i vari interventi, quello dello scrittore Gioacchino Criaco: «L’appuntamento di Africo si conferma ciò che è stato l’anno scorso: il luogo dell’incontro. Un punto in cui i calabresi vengono, si ritrovano e ognuno dice quello che ha in testa. Può dirlo bene o male, ci possono essere delle idee giuste o sbagliate, ma la ragione di un progetto come questo è questa e continuerà ad essere questa: “farsi” un posto di tutti, un luogo libero, in cui ognuno dice quello che gli pare e, rispetto a quello che si dice, ognuno può pensare e dire quello che si vuole. Questa è già una piccola, grande rivoluzione: essere un posto libero. Africo anche quest’anno si è riconfermato un luogo di libertà».

Di particolare rilievo le considerazioni dell’antropologo Luigi Maria Lombardi Satriani, già preside di Lettere a Unical, ex senatore e presidente dell’AISEA (Associazione Italiana per le Scienze Etno-Antropologiche): «L’iniziativa che si è svolta nei giorni scorsi ad Africo e a Bova è stata, a mio avviso, di grande efficacia, anche per il messaggio che essa, di fatto, ha trasmesso. Proprio nella zona dove hanno vissuto e vivono gli ultimi della storia, regione che nei primi decenni del Novecento il grande meridionalista Umberto Zanotti Bianco raggiungeva a fatica, a piedi, e a dorso di asino, in giorni e giorni di logorante cammino, si sono realizzate una pluralità di voci affermanti la volontà di riscatto, la tenace volontà di non essere confinati nei pregiudizi e negli stereotipi razzisti che ancora perdurano in una parte della società italiana ed è emersa la volontà di andare oltre la ‘ndrangheta, realizzando una summer school nella quale questo fenomeno – da condannare nella maniera più assoluta, senza alcun tentativo di giustificazionismo – vada combattuto attraverso una conoscenza approfondita ed articolata dei suoi vari aspetti, nel linguaggio che è capace di parlare, nei valori che testimonia, anche se in maniera radicalmente distorta, ma che pure affondano le radici nell’antica cultura tradizionale calabrese: l’onore, la dignità, il rispetto della parola data, la serietà nei gesti, nei comportamenti, nelle parole, il rispetto delle donne e così via».

L’intervento del prof. Luigi Maria Lombardi Satriani ad Africo

“Tutti questi aspetti, compresi quelli relativi ad una religiosità popolare profondamente avvertita e praticata, – ha detto il prof. Lombardi Satriani – saranno analizzati dai docenti della summer school: giuristi, storici, antropologi, sociologi e tanti altri cultori delle scienze umane. Docenti, tutti, scelti da un Comitato Scientifico che sta per essere costituito, composto da personalità di alto profilo, italiane e di altri numerosi Paesi. La summer school si svolgerà in stretta collaborazione con l’Università Mediterranea di Reggio Calabria e, in particolare con il prof. Francesco Calabrò, docente di questa università con il quale ho elaborato, in piena condivisione di intenti, tale progetto. Anche attraverso questo progetto sarà testimoniata la volontà che parte da Africo di andare oltre per raggiungere obiettivi di grande respiro, di riapertura a tutte le declinazioni dell’umano. Emblematica, in questa direzione, la proposta che ho avanzato a conclusione dei lavori, per quanto mi riguardava, di trasformare l’Aspromonte in Aspro-ponte: un ponte dalla lingua di Omero alla cultura del Rinascimento italiano, alla cultura del Novecento, nella quale campeggiano le figure, per quanto riguarda quest’area, di Umberto Zanotti Bianco, già ricordato, Edoardo Mollica, Pasquino Crupi, degli scrittori Saverio Strati, Fortunato Seminara, Mario La Cava, Leonida Repaci, Palma Comandè, Gioacchino Criaco, Mimmo Gangemi e quanti altri, proprio in questa area, si dedicano con enorme impegno, alla scrittura e alla traduzione narrativa delle loro esperienze. Né possono essere dimenticate le varie forme di attività imprenditoriali, progettuali, scientifiche, operative declinate al femminile di cui abbiamo avuto, proprio nella seconda giornata, una suggestiva e coinvolgente testimonianza. Il bilancio provvisorio di questi due giorni, come tutti i bilanci, non può pertanto che essere pienamente positivo». (dc)

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