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ENERGIE RINNOVABILI: DA CALABRIA E SUD
PUÒ PARTIRE L’EOLICO E IL FOTOVOLTAICO

Energie rinnovabili

di BIANCA VIOLANTE – Il Mezzogiorno e la Calabria come punto di partenza per lo sviluppo degli impianti eolici e fotovoltaici. È quanto è emerso dal rapporto realizzato dalla Svimez in collaborazione con Ref Ricerche, che evidenzia come gli effetti del sistema economico di tali investimenti andrebbero a privilegiare sopratutto il Mezzogiorno, «divenendo un ulteriore strumento con cui sostenere lo sviluppo delle regioni meridionali nei prossimi anni».

«Gli investimenti nelle Fer – si legge nel rapporto – possono quindi rappresentare uno strumento utile a definire una nuova politica energetica e industriale, basata sulla diffusione di tecnologie altamente innovative, e in grado di favorire l’aggancio del Sud e del Paese alla nuova catena globale del valore».

Nel rapporto, infatti, che ha analizzato «gli investimenti sarebbero necessari nelle rinnovabili per partecipare al raggiungimento degli obiettivi di decarbonizzazione già oggi inseriti nel Pnieco» e «gli effetti macroeconomici che tale mole di investimenti teoricamente necessaria comporterebbe in termini di produzione, valore aggiunto e occupazione per l’Italia e il Mezzogiorno», viene specificato come i «nuovi investimenti teoricamente necessari nelle rinnovabili, oltre a rappresentare una condizione indispensabile per conseguire gli obiettivi di decarbonizzazione assunti dall’Italia e dall’Europa, verrebbero allocati in misure prevalente nel Mezzogiorno».

Questo perché il Sud, per quanto riguarda le energie rinnovabili, svolge un ruolo importante: «considerando il livello di potenza installata, nell’ultimo decennio, al nord e al centro è andato riducendosi il peso relativo della potenza idroelettrica e geotermica, a favore di quella fotovoltaica. Viceversa, al Sud si osserva una crescita relativa del peso sia di eolico che di fotovoltaico».

«Il buon posizionamento del Sud del Paese – si legge ancora – emerge chiaramente dalla ripartizione territoriale della produzione di energia elettrica da FER. Su un totale di 115.847 GWh prodotti nel 2019 dalle FER, il 33,5% è riconducibile al Mezzogiorno, il 27,7% al Nord-Ovest, il 24,8% al Nord-Est e il 14% al Centro Italia. Contribuisce al risultato del Mezzogiorno la sostanziale concentrazione in quest’area dell’eolico (96,5%) e il ruolo di primo piano nel solare (40,5% a fronte del 22,4% del Nord Est, del 18,9% del Centro e del 18,2% del Nord Ovest)».

Il Rapporto, inoltre, ricordando che per raggiungere gli obiettivi previsti dal Pniec al 2030 servono nuovi investimenti negli impianti rinnovabili, ha individuato in circa 82 miliardi gli investimenti necessari per la creazione di nuovi impianti da Fer, che andrebbero a privilegiare le regioni meridionali, verso cui sarebbero destinati circa 48 miliardi di investimenti, pari al 58,9% del totale.

Per la nostra regione, nello specifico, per l’eolico si tratterebbe di 3 milioni, 1 milione per il fotovoltaico per un totale di più di 4 milioni, ovvero il 5,6% del totale. Con questo investimenti, il valore aggiunto attivato sarebbe di oltre 1 milione, con la quota valore aggiunto sul Pil del 4,8%.

In una analisi macroeconomica, la mole di interventi «genererebbe, su scala nazionale, un incremento nel valore della produzione ‒ al netto delle attività non market ‒ di 148 miliardi di euro; per ogni euro di investimento se ne creerebbero 1,8 nell’intero sistema economico»: non si registrerebbe solo un valore aggiunto addizionale pari a 55 miliardi di euro, ma anche un impatto sul Pil, che sarebbe pari al +3,1% sul 2019 a livello nazionale, mentre per il Mezzogiorno sarebbe del +5%, rispetto al Centro-Nord che registrerebbe un +2%.

«Gli investimenti complessivamente ipotizzati – si legge nel rapporto – sarebbero tali da attivare, nell’intero periodo, 373 mila occupati aggiuntivi, di cui 156 mila nelle regioni meridionali e la parte restante, pari a 164 mila, in quelle del Centro-Nord». Nella nostra regione, poi,  si tratterebbe di 11 mila occupati in più.

Le analisi dei principali istituti internazionali (sono stati presi in considerazione gli ultimi Outlook pubblicati prima della COP 26 di Glasgow), pure con approcci e obiettivi differenti, concordano nell’evidenziare che Per raggiungere gli obiettivi di Zero Emission al 2050 è necessaria un’ulteriore spinta che sostenga lo sforzo per la decarbonizzazione, individuando: a) nel decennio 2020-2030 la fase cruciale per potere aspirare a conseguire gli obiettivi al 2050; nello sviluppo delle FER la chiave di volta, essendo particolarmente significativo l’apporto delle fonti fossili alla produzione di energia elettrica; per raggiungere gli obiettivi al 2050 e sviluppare davvero le rinnovabili è necessario un approccio che tenga insieme il ruolo della finanza verde, gli interventi del decisore pubblico, quelli del privato, dei grandi operatori, così come lo sviluppo di una rete diffusa.

Inoltre, secondo la Svimez, «le scelte della Ue, in questo contesto, sono strategiche:« L’Europa – si legge nel rapporto – si dimostra l’area mondiale che presta maggior attenzione alle politiche e alle strategie di sviluppo dell’economia verde e circolare. In questo senso un riferimento essenziale è lo European Green Deal e, più recentemente, l’approvazione del Fit for 55 e del Next Generation EU che assume il binomio innovazione ecologica/digitale e lo declina a livello europeo con attenzione all’economia vede, circolare e alle rinnovabili».

L’Italia, da questo punto di vista, non è da meno: è, infatti, tra i primi in Europa «per potenza installata e consumi di energia rinnovabili. Secondo i dati Arera, dal 1997 al 2020 l’apporto delle rinnovabili al totale dell’energia prodotta in Italia sale dal 18,5% al 41,2%, a fronte di un parallelo calo del termoelettrico dal 79,6% al 58,1%. Questo in particolare grazie alla crescita dal 1997 a oggi di solare ed eolico».

«Tuttavia, negli ultimi anni si è assistito a un parziale rallentamento: i nuovi campi fotovoltaici hanno continuato a salire, ma a velocità ridotta. Il Paese rischia così di perdere terreno di fronte ad altri grandi protagonisti delle rinnovabili come Germania o Spagna, sia nel fotovoltaico che nell’eolico. Secondo diversi osservatori uno degli elementi di freno risiede nel sistema autorizzativo che rischia di rallentare iter di installazione dei nuovi impianti. Il Pnrr rappresenta un possibile ulteriore motore per lo sviluppo delle rinnovabili. Anche se deve essere visto come un pezzo di una strategia più ampia, a oggi perimetrata dal Pniec».

Per la Svimez, appare, poi, necessario rivedere e migliorare il sistema autorizzativo, segnalando «il rischio di un’eccessiva frammentazione dei centri decisionali; la presenza di normative spesso non omogenee nei diversi territori; la necessità di accelerare il percorso di individuazione delle aree idonee. Un passo avanti in questo senso nell’individuazione delle aree idonee sembra arrivare dal recente D.Lgs. n. 199/2021, di recepimento della Direttiva RED II, finalizzato a semplificare e accelerare le procedure».

È inutile dire che, per la Calabria, quella delle energie rinnovabili potrebbe essere una grande opportunità di ripresa post-pandemia e di rilancio economico, sopratutto a livello occupazionale. Viene da chiedersi, dunque, perché ci siano politici che, invece di cogliere l’occasione, preferiscano andare contro a quelle soluzioni che gioverebbero a una terra che ha bisogno e necessita di riscattarsi. (bvi)

 

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