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FEDERALISMO FISCALE E DEFINIZIONE DEI LEP
IL BINOMIO CHE SERVE A SUD E ALLA CALABRIA

Il Sud non è una colonia

di ETTORE JORIO – Essere favorevole a quanto sancito dalla Costituzione è regola di ogni cittadino, studioso o meno che sia. Dire sì al federalismo fiscale che manda in soffitta la spesa storica che ha ucciso la Calabria fiscale è da saggi e previdenti. Fare il tifo a che vengano, finalmente, definiti i Lep per materia da garantire a tutti è da cittadino esemplare e benpensante.

Proprio per questo motivo è da apprezzare il contenuto della dichiarazione resa da Vito Grassi, nel corso dell’audizione del 30 maggio scorso presso la Commissione Affari costituzionali del Senato. Il tema era il regionalismo differenziato, meglio il testo del Ddl Calderoli.

Si è venuto quindi a concretizzare, da parte del numero due della Confindustria, un consenso, ancorché sub condicione, sull’attuazione dell’art. 116, comma terzo, della Costituzione, da farsi pertanto con cautela e con qualche aggiustamento, soprattutto in tema di perequazione. Non solo. Fissando delle priorità, senza le quali potrebbe generarsi il caos istituzionale.

La sostenibilità amministrativa

Alla sostenibilità finanziaria del sistema autonomistico territoriale, destinato a cambiare con uno Stato che dovrà cedere alcune prerogative legislative, il vice presidente della Confindustria con delega alla Regioni ha dichiarato l’ineludibile esigenza di assicurare, oltre a quella economica, la «sostenibilità amministrativa».

Da qui, un importante consenso all’iniziativa legislativa in corso, ma seriamente subordinato ad un elemento fondamentale per esercitare il meglio della sussidiarietà istituzionale, di cui all’art. 118, comma primo, della Costituzione. Ben vengano dunque i Lep, individuati per materie o ambiti di esse, benintese per quelli scomponibili in livelli essenziali di prestazioni.

D’accordo, quindi: sulla determinazione dei costi standard per le materie diverse da quelle erogabili attraverso funzioni fondamentali da finanziare con i fabbisogni standard di cui al d.lgs. nr. 216/2010, anche essi da valorizzare con grande accortezza; sulla definizione dei fabbisogni standard, diversi da quelli anzidetti, da assicurare alle diverse aree regionali del Paese, garanti della copertura dei fabbisogni espressi dalle rispettive comunità; sulla necessità di formalizzare la disciplina e le risorse con le quali, rispettivamente, sancire le regole della perequazione ordinaria e assicurarne il contributo agli enti territoriali di cui all’art. 119, comma terzo, della Costituzione a garanzia di esigibilità dei Lep ovunque; sulla individuazione delle risorse necessarie ad assicurare l’esercizio delle funzioni amministrative per ogni materia, eventualmente ceduta alle Regioni differenziate, da valorizzare con senso segnatamente pratico e differenziato per territori sulla base delle loro disponibilità strutturali.

Applicazione progressiva e valutata nella prassi

A valle di tutto questo, è stata manifestata l’opportunità di pervenire ad una applicazione «graduale e sperimentale» dell’autonomia legislativa differenziata, da doversi escludere tuttavia per quelle materie che avranno ricadute strategiche e, dunque, bisognose di una gestione assolutamente unitaria, del tipo infrastrutture energetiche e di trasporto nonché servizi a rete e commercio con l’estero (Grassi, dixit). Quella che solo la competenza e la regolamentazione esclusiva statale può garantire.

Di conseguenza, visto il lasciapassare del massimo organismo rappresentativo della imprenditorialità e quelli eventuali da acquisire dalle altre rappresentanze associative e sindacati, può ben programmarsi la stagione dell’esame parlamentare del Ddl Calderoli, presagendo nel suo corso una pioggia di emendamenti, soprattutto in materia perequativa, in perfetta continuità con la legge 42/2009 e dei decreti delegati nn. 216/2010, 23, 68 e 88 (perequazione infrastrutturale) del 2011.

Nel contempo, grande attenzione concomitante sui lavori della Cabina di regia, istituita con la legge di bilancio per il 2023 (art. 1, commi 791-801), per l’appunto destinati alla preparazione delle bozze dei Dpcm individuativi dei Lep e degli strumenti finanziari destinati alla loro sostenibilità, anche amministrativa.

Dunque, un’attuazione del regionalismo fiscale senza fretta, che darebbe modo di mettere preventivamente a terra i Lep e l’applicazione del federalismo fiscale, al lordo della perequazione.

Un ulteriore decisivo impegno condizionante

A proposito di quest’ultima, che sembra essere la condizione più rilevante posta dalla Confindustria oltre alla perequazione nonché alla esclusione di alcune materie dalla differenziazione, si renderà necessario, nel prosieguo più immediato, un grande impegno aggiuntivo della anzidetta Cabina di regia.

La stessa dovrà infatti – definiti i Lep e determinati i costi/fabbisogni standard – valorizzare gli oneri finanziari da sopportare per l’esercizio delle funzioni amministrative “cedute” alle diverse Regioni, che di conseguenza dovranno accollarsene il corrispondente peso economico, sulla base delle materie differenziate e dei trasferimenti statali necessari. Il tutto nel rispetto della sostenibilità dei loro bilanci, naturalmente accresciuti della relativa spesa esonerata allo Stato e, in quanto tale, finanziata in incremento nell’ambito della metodologia finanziaria sancita dal federalismo fiscale, caratterizzata da costi e fabbisogni standard perequati così determinati per garantire «alle Regioni di finanziare integralmente le funzione pubbliche loro attribuite» (art. 119, comma quarto, Cost.). (ej)

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