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COVID-19: SENZA INFORMAZIONE ADEGUATA
I SOCIAL SEMINANO SOLO PAURA E ALLARME

Vaccino Covid-19

di FRANCESCO RAO –  Le criticità sanitarie della Calabria dovrebbero richiamare la nostra attenzione ad un rapido cambio di passo rispetto al passato. I tempi cambiano. Cambiano le sfide quotidiane. Cambiano anche le risposte e le reazioni sociali.

Al cospetto dei dati rilevati quotidianamente e diffusi dalle agenzie d’informazione, paragonabili ad un vero e proprio bollettino di guerra, si assiste ad un crescente pretesto utile soltanto per dare fuoco alla città, incrementando confusione e destabilizzazione sociale, senza considerare gli strumenti che la scienza ha messo a disposizione in pochissimo tempo per superare in modo concreto il problema. In Calabria, oltre alla questione sanitaria, vi è anche un deficit culturale, animato dal 15,2% di analfabetismo funzionale per il sesso femminile e il 10,9 % per quello maschile.

Tale dato, oggi più che mai, non va nuovamente messo sotto il tappeto. In pratica, 243.466 persone, pur avendo le capacità di leggere e scrivere, sono prive di molte competenze nella vita quotidiana e con molta probabilità, a mio parere, anche in questo segmento sociale è rilevabile una certa resistenza alla vaccinazione. Non va poi trascurato il potenziale moltiplicatore esercitabile da quest’ultimi su altre persone.

A questi Cittadini – rivolgendomi al Presidente Roberto Occhiuto – bisogna tendere la mano, applicando una comunicazione sanitaria di prossimità mirata, praticabile soltanto dai Medici di famiglia e dai farmacisti i quali, continuano ad essere il riferimento fiduciale per le cure mediche dei Calabresi. Partendo dal basso potremo vincere questa spaventosa Guerra chiamata pandemia. Vi sono ormai conclamate evidenze comunicative in merito, la crescente preoccupazione è rilevabile soprattutto dalle numerosissime discussioni (chiamiamole così per garbo nei confronti dei lettori) avviate suoi social. 

Messe da parte le competenze scientifiche, possedute da pochissimi soggetti impegnati nella ricerca e non propensi a stracciarsi le vesti in pubblica piazza, vi è da affrontare l’emergenza pandemica con una chiave di lettura non riconducibile ad un Referendum. In tal senso, le fazioni politiche (svuotate in grosso modo dalle rispettive ideologie) hanno trovato occasione per riemergere, ottenendo una visibilità e una legittimazione mediatica precedentemente persa grazie a quanti hanno animato le piazze d’Italia ribellandosi alla via vaccinale.

La pervasività della comunicazione ha fatto il resto, rilevando e potenziando “l’effetto” di un malessere che prima di essere sanitario era economico-occupazionale. La forte spinta proveniente dal basso ha spostato l’asse dell’attenzione verso quel “malcontento sociale”, emerso molto velocemente durante il primo lockdown. In tal senso, la politica non può sottrarsi alle proprie responsabilità. L’aver lasciato in balia del dubbio e della paura quanti non comprendevano la pericolosità del virus e la velocità della sua diffusione perché impegnati a inventarsi un modo per sbarcare il lunario a fine mese, rappresenta ancora oggi un effetto dirompente nel percorso intrapreso per contrastare la diffusione della Pandemia.

Quest’ultimo passaggio, a mio avviso, rappresenta il “tallone d’Achille” della questione in quanto: l’informazione sanitaria spetta ai medici e non può essere un ruolo svolto in via esclusivo dalla politica, tranne i casi di politiche sanitarie adottate a seguito del fondante contributo scientifico. 

Nella nostra realtà sembrerebbe che i ruoli siano stati capovolti: i medici sono stati sottoposti a criticità pazzesche per far fronte alle emergenze e quando hanno espresso le loro opinioni pubblicamente hanno ricevuto anche minacce di morte; i politici, non tutti per fortuna, nel loro agire, hanno ben pensato di tramutare il malessere sociale, diffuso a macchia d’olio nel paese, come vessillo di battaglia scegliendo di schierarsi al fianco di quanti non hanno condiviso la linea afferente al percorso vaccinale, senza (voler) considerare la vera entità del problema, ossia l’implementazione di uno scollamento sociale con le istituzioni che dovremmo iniziare a  non sottovalutare perché sotteso alla sicurezza nazionale. (fr)

[Francesco Rao è sociologo e presidente della sezione Calabria dell’Associazione nazionale sociologi]

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