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LOCRI (RC) – I ragazzi del Zaleuco allo spettacolo “Il sogno di Ipazia”

Il teatro che permette di far riflettere i più giovani. Forti emozioni, per i ragazzi del Liceo Scientifico Zaleuco di Locri, guidato dalla Dirigente Carmela Rita Serafino, che, sabato 18 Novembre, presso il Palazzo della Cultura, hanno assistito alla rappresentazione “Il Sogno di Ipazia”, messo in scena dai “Teatri di Pietra”.

Le classi del Triennio, accompagnate dai docenti: Rita Mastrojanni, Marco Gliozzi, Anna Archinà, Alessandra Pedullà, Tina Palermiti, Agata Mammoliti, Patrizia Guazzoni, Antonella Curtale, Marisa Saccà, Giuseppe Marra, Roberta Napoli e Silvana Capogreco, hanno potuto apprezzare e conoscere più da vicino, attraverso l’opera teatrale, la storia straordinaria di una donna, appassionata del sapere. La rappresentazione ha preso vita da un testo di Massimo Vincenzi, “Il Sogno di Ipazia”, appunto, in cui si racconta l’ultimo giorno di vita di Ipazia.

Dal suo risveglio al mattino, seguito dall’uscita di casa, per recarsi alla sua scuola, sino all’aggressione e alla morte. La narrazione è intervallata dal ricordo di una delle imprese “disperate”, tentate dalla protagonista: salvare la Biblioteca di Alessandria. Impresa, che è divenuta simbolo della sua intera vita, spesa al servizio della conoscenza.

Così, come ha sottolineato il regista, prima del monologo: «Immaginate un tempo, quando il più importante matematico e astronomo vivente era una donna. Immaginate che abbia vissuto in una città così turbolenta e problematica, come sono oggi Beirut e Baghdad. Immaginate che questa donna abbia raggiunto la fama, non solo nel suo campo, ma anche come filosofo e pensatore religioso, capace di attrarre un largo numero di seguaci».

Se ragione e fede, hanno costituito i due binari, lungo i quali si è mossa la storia dell’Occidente, negli ultimi duemila anni, l’episodio più emblematico della contrapposizione fra queste due ideologie accadde nel Marzo del 415 d.C., con l’assassinio di Ipazia ad Alessandria d’Egitto, dove gli eventi precipitarono, a partire dal 412, quando divenne patriarca il fondamentalista Cirillo. In soli tre anni, servendosi di un braccio armato, costituito da monaci combattenti, sparse il terrore nella città. Ma la sua vera vittima sacrificale fu Ipazia, il personaggio culturale più noto della città. Figlia di Teone, rettore dell’Università di Alessandria e famoso matematico egli stesso. Ipazia e suo padre sono passati alla storia per i loro commenti ai classici greci: si devono a loro le edizioni delle opere di Euclide, Archimede e Diafanto.

Il razionalismo di Ipazia, che non si sposò mai, perché diceva di essere già “sposata alla verità”, costituiva un controaltare troppo evidente per il fanatismo di Cirillo. Aggredita per strada, Ipazia fu scarnificata con conchiglie affilate, smembrata e bruciata. Dopo una breve inchiesta, il caso venne archiviato «per mancanza di testimoni».

La straordinarietà interpretativa di Francesca Bianco, con la voce fuori campo di Stefano Molinari e le musiche di Francesco Verdinelli, attraverso la regia di Carlo Emilio Lerici, hanno reso onore e dignità alla figura di Ipazia, che sta tornando prepotentemente alla ribalta, negli ultimi mesi, con incontri, libri, associazioni dedicate, e tante altre iniziative. Il motivo è che, mai come adesso, stiamo attraversando un tempo in cui le eccessive fragilità maschili, purtroppo, si fanno sentire in maniera sempre più prorompente.

Efferatezze immotivate che, a distanza di millenni, vengono ancora scatenate da un tipo di donna pensante e libera, con una precisa volontà, che scredita le aspirazioni degli uomini. La simbiosi armonica tra uomo e donna sta lasciando il posto a rivalità, invidie sottese, senza pensare che le divisioni degenerano e distruggono, mentre l’unione crea e costruisce altri tasselli al futuro. Allora, largo ad esempi come quello di Ipazia, che possano farci ravvedere come società educante. Un plauso ai ragazzi del Liceo Zaleuco, per aver apprezzato il lavoro teatrale, lasciando in loro un seme di rispetto e gentilezza, che non è mai debolezza, ma serena convinzione che le diversità vanno accettate, perché ci aiutano a riflettere su noi stessi, affinchè il Sogno di Ipazia diventi il nostro sogno: lasciare alla donna la decisione di essere “libera di essere”. (rrc)

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