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L’OPINIONE / Vincenzo Vitale: Non chiamiamola più Piazza De Nava, ma “Piazza Museo”

di VINCENZO VITALE – Ed è stato così che si è giunti prima all’apertura al passeggio e poi all’inaugurazione formale di quello che nel progetto, sia definitivo che esecutivo, con un rigurgito di oggettività viene definito “spazio ampio in cui tenere mostre ed eventi folkloristici”.

Definizione sensata e opportuna, perché tutto si può dire della nuova piazza tranne che non sia uno spazio ampio, che nelle dichiarate intenzioni della Soprintendenza dovrebbe essere funzionale a meglio accogliere i turisti in visita ai Bronzi.

Come altrimenti definire questa nuova piazza, sublimazione del concetto di “non luogo” coniato da Marc Augé per definire produzioni architettoniche, magari funzionali ed esteticamente tollerabili, ma senza storie da raccontare né memorie da tramandare.

Piazza De Nava, usando sempre le parole di Marc Augé, era «principio di senso per i residenti e di intellegibilità per i viaggiatori»: in altri termini, i reggini vi si riconoscevano e i turisti si interrogavano.

Oggi in questo “spazio ampio”, definito “piazza tecnologica” dalla direzione tecnica dei lavori, il reggino ci si può riconoscere? Questa nuova piazza cosa dice della città al turista che la interroga?

Inoltre, come la si dovrebbe chiamare questa nuova piazza, visto che con piazza De Nava, oggetto della attenzioni demolitive della Soprintendenza, non ha nulla in comune?

Piazza Nuova, Piazza Soprintendenza, Piazza Museo? Si, Piazza Museo, solo così la si potrà chiamare, scartando la precedente intitolazione a Giuseppe De Nava, che certamente non avrebbe condiviso né giustificato il perpetrato “crimine urbanistico”.

Ma ormai che importa? Cosa importa sapere quali e quanti siano stati i legittimi compensi che la legge assicura ai demolitori per il progetto e la direzione dei lavori? Si parla del dieci per cento dell’ammontare dell’appalto, ovvero poco meno di cinquecentomila euro.

Sarebbe dare troppa importanza ai travet dalle “carte a posto” andando a far loro i conti in tasca. Però fa male anche il solo sospetto che decisioni sbagliate per la città siano state assunte per pur legittimi interessi economici.

Una parola di chiarezza dovrebbe essere posta, anche se comunque presumiamo essere in un ambito di rispetto delle regole e delle leggi. Il compenso per i lavori svolti non dovrebbe essere come il quarto Segreto di Fatima.

Comunque sia, il problema di fondo non è se la “tecnologica” Piazza Museo piaccia o meno, se il “non luogo” “sia gradito alla cittadinanza, se lo “spazio ampio” sia o meno funzionale. Non si sta più tirando in ballo una questione estetica o identitaria: tutti hanno il diritto di esprimere la loro opinione, secondo i propri studi e le proprie inclinazioni. Non siamo tutti uguali.

Il problema vero è che la decisione di demolire una storica piazza cittadina non è stata condivisa con la cittadinanza, che ha subito la decisione senza venire formalmente coinvolta. In altri termini sono state assunte decisioni di fondamentale importanza per la città nel chiuso di oscure stanze.

Pur non credendo che tutto sia avvenuto solo per interessi economici, per stolido narcisismo o per banale ignoranza, comunque c’è stato un poderoso vulnus democratico: non potrà mai essere perdonato da chi ha fede nella correttezza delle istituzioni. (vv)

[Vincenzo Vitale è presidente della Fondazione Mediterranea]

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