di SANTO STRATI – Curiosamente, da indipendente “prescelto” attraverso la piattaforma Rousseau, il prof. Francesco Aiello, candidato per i Cinque Stelle alla presidenza della Regione Calabria, è l’unico pentastellato a chiamare partito il Movimento. Sarà un riflesso condizionato, ma l’attribuzione di partito, in realtà, tradisce una competenza politica che si addice a questo candidato spuntato quasi dal nulla, se non fosse per la chiara fama derivante dalla sua cattedra di Politiche Economiche all’Unical. Il prof. Aiello è un candidato molto alla mano, senza boria e senza timore di sbagliare in una dichiarazione televisiva, nato a Settimo Torinese, vive da molti anni in Calabria e guida un blog politico molto apprezzato (Open Calabria). Troppo breve il tempo a disposizione per preparare una candidatura in modo adeguato, ma sono decisamente cambiate le regole del gioco elettorale: non servono campagne lunghe, come si usava un tempo, perché si dialoga attraverso i social, ma sicuramente viene a mancare il contatto a 360 gradi col territorio. Ciononostante, il prof. Aiello ostenta sicurezza e un invidiabile ottimismo, convinto di poter recuperare sul territorio.
Quando lo incontriamo per l’intervista, ancora Mario Oliverio non ha deciso di non presentarsi e Jole Santelli non ha fatto la sua prima uscita da candidata del centrodestra, né Giuseppe Nucera ha annunciato che ritira la candidatura affiancando la deputata cosentina col suo La Calabria che vogliamo. Lo scenario politico è frastagliato e dispersivo, è certamente una bella sfida, con tantissime incognite, soprattutto per quel che riguarda il temuto astensionismo che rischia di continuare ad essere il primo partito. I Cinque Stelle hanno osteggiato il governatore uscente Mario Oliverio in ogni modo e, ugualmente, mostrano qualche perplessità sull’operazione Callipo. Sulla Santelli il prof. Aiello con molto fair play dice che è il giusto compromesso per tenere in piedi una coalizione “traballante”, ma il vero antagonista, anche per lui è il partito che raccoglie le maggiori adesioni: quello degli assenteisti. La vera scommessa è convincere i delusi, gli arrabbiati, gli sconfortati della politica a recarsi alle urne.
– Prof. Aiello, il tempo sembra giocare a sfavore di queste elezioni, per tutti quanti, nessuno escluso. Non pensa che si sia perso troppo tempo per creare le condizioni per percorrere il territorio, ascoltare la base?
«Sì, apparentemente. Probabilmente si potrebbe avere questa idea, però da quello che stiamo facendo noi, ossia da quando io ho ricevuto la prima investitura ufficiosa da parte dei Cinque Stelle, stiamo avendo un percorso di attività strutturato sul territorio. Per quello che ci riguarda stiamo di mettere sul territorio tutte le nostre energie per portare avanti il progetto di un’alleanza civica, trainata dal Movimento Cinque Stelle, che cerca proprio di valorizzare quelle che sono le opportunità del territorio calabrese».
– La votazione su Rousseau che le ha attribuito il 53% di preferenze sicuramente le avrà dato modo di pensare: non è una bocciatura ma non è neanche una promozione a pieno titolo. Per quale motivo è successo questo, secondo lei?
«Provenendo io da un altro mondo, che è il mondo dell’accademia, io sono un economista, essere valutato su una piattaforma in cui io non ho avuto motivo finora di mostrare la mia disponibilità e la mia appartenenza, è ovvio che era abbastanza scontato un risultato del genere. Per questo motivo, perché io sono un po’ estraneo rispetto a un insieme di riferimento politico che è quello del Movimento Cinque Stelle. Però, io ho avuto anche modo di ascoltare il territorio e in particolare gli attivisti dei Cinque Stelle e quando li ascolto e quando ho modo di spiegare quelle che potrebbero essere, dal mio punto di vista, priorità da aggredire del declino della nostra regione Calabria i giudizi cambiano in maniera molto repentina. E poiché io non ho avuto molto tempo per ascoltare i meet-up quel risultato era abbastanza prevedibile. Così come ho detto a Catanzaro in occasione della visita di Di Maio, se io avessi avuto modo di ascoltare più meet-up, avessi avuto modo di ragionare così come sto facendo in questi giorni con tutti gli attivisti del Movimento Cinque Stelle probabilmente quel 53% si tradurrebbe in un numero molto più elevato che potrebbe essere tranquillamente anche l’80-85%».
– Parliamo del suo progetto. Evidentemente, a livello di Cinque Stelle ci sono stati degli errori di valutazione, nel complesso. Originariamente era stato indicato Callipo, poi, improvvisamente, non si è trovata più alcuna indicazione se non la proposta di autocandidatura della deputata Dalila Nesci. Quali sono stati, secondo lei, gli errori più rilevanti del Movimento Cinque Stelle?
«Non ho idea. Non sta a me giudicare gli errori altrui. Posso dire in maniera molto più semplice e immediata che dal giorno in cui io sono stato contattato non c’è stato alcun tentennamento da parte della rappresentanza parlamentare dei Cinque Stelle sul mio profilo, nonostante i rumours diversi e provenienti da più parti. Perché c’era una stragrande maggioranza dei deputati del Movimento Cinque Stelle che sosteneva, sostiene e sosterrà la candidatura di Francesco Aiello».
– Per risollevare la Calabria ci vogliono idee, ci vuole anche qualcosa che induca a fare finalmente delle operazioni. Quali sono le necessità, le priorità?
«Beh, io l’ho detto in tanti modi. Credo che la priorità di questa giunta regionale che dovrà costituirsi dopo il 26 di gennaio, la prima priorità dovrà essere quella di ricucire un po’ anche il clima di fiducia che esiste tra le istituzioni e i cittadini. Ci sono state forti fratture proprio dal punto di vista della fiducia che le persone ripongono sul ruolo delle istituzioni. Questo, a mio parere, dovrebbe essere il tema generale da affrontare e risolvere. Nei termini proprio di costruire un’alternativa a un progetto politico cui anche i cittadini si sentano parte attiva. Poi ci sono le classiche emergenze, ovviamente. Ci sono le emergenze che contraddistinguono un po’ il dibattito tradizionale in Calabria, parlo di sanità, di trasporti, di acqua pubblica, che sono poi anche i temi classici del Movimento Cinque Stelle. Se io dovessi in questo momento dare una priorità, è quella del lavoro, della produzione. Quindi finalizzerei la prossima legislatura per rendere più attrattiva in termini di investimenti regionali ed extra-regionali la nostra terra, al fine di promuovere sviluppo e crescita. E a tal proposito, il territorio simbolo per verificare l’efficacia di un progetto politico di questo genere qua credo che sia e debba essere l’area intorno al porto di Gioia Tauro, dove è stata istituita la Zona economica speciale che ancora non è finalizzata. In quel luogo la Regione Calabria dovrebbe catalizzare tutte le proprie energie e quindi anche l’utilizzo di fondi strutturali per dare speranza sia a quel territorio che ha una grande importanza anche dal punto di vista strategico, data la localizzazione geografica non banale sia per la Calabria sia per il Mediterraneo. E tentare di radicalizzare la modernizzazione della produzione esattamente in quel luogo che, nell’immaginario collettivo, è il luogo del disagio, del declino, del malaffare, della corruzione. Pertanto, se noi potessimo nell’arco di quattro-cinque anni avviare attività di produzione ad alto contenuto tecnologico, competitive sui mercati internazionali, esattamente nel luogo che è appunto il luogo del declino, noi daremmo grande speranza a tutti i territori della Calabria, perché se si fa lì si può fare altrove».
– Lei nella Zes è componente del comitato di attuazione. Ma nella Zes c’è un peccato originale che ancora non è stato risolto: manca l’intermodalità.
«Esattamente. Infatti, una delle priorità del prossimo governo regionale dovrà essere di stringere le interlocuzioni con il governo nazionale per tentare di rendere concreto il progetto iniziale che è quello di aumentare l’intermodalità dell’intera area di Gioia Tauro, il che significa, molto banalmente, tentare di chiudere e di collegare l’area Zes con la rete ferroviaria. E quindi incanalare le produzioni da e per il porto di Gioia Tauro sui mercati internazionali. Questa è la strategia: da un punto di vista economico, assolutamente molto conveniente; da un punto di vista tecnico, facile da attuare. Evidentemente se non si è fatta finora c’è qualche problema, a mio parere, sui contrasti, perché non c’è nessun motivo che si sono potuti verificare tra la Giunta regionale, la Regione Calabria e il Governo nazionale. L’intermodalità su quel luogo è esattamente quello che noi dovremmo avere come obiettivo prioritario nei prossimi anni, perché non c’è nessun motivo economico né di natura commerciale per togliere Gioia Tauro dai traffici marittimi che giungono dall’Estremo Oriente per raggiungere il cuore dell’Europa, i mercati che contano. Se noi ci troviamo al centro del Mediterraneo con una nave di grandissime dimensioni e vogliamo raggiungere i mercati europei, per giungere a Rotterdam, per esempio, ci vogliono circa tre giorni, tre giorni e mezzo di navigazione. Invece, se noi sfruttassimo la centralità nel Mediterraneo di Gioia Tauro utilizzando l’intermodalità e una rete ferroviaria efficiente, anche magari con binari dedicati, potremmo raggiungere i mercati internazionali da Gioia Tauro in 18 ore. E, in termini di tempo, la differenza tra andare a Rotterdam e l’alternativa di utilizzare Gioia Tauro in prima istanza e poi la rete ferroviaria riduce i costi di trasporto, con fortissimi vantaggi competitivi per chi ovviamente utilizza quei canali».
– Restiamo un attimo su Gioia Tauro. I Cinque Stelle hanno votato per l’Authority dello Stretto che sottrae a Gioia Tauro i porti di Reggio Calabria e Villa San Giovanni attribuendoli all’Authority di Messina-Milazzo. Questo, per certi versi, è un controsenso per la presenza della Zes. Come è possibile amministrare dei porti che fanno parte di una Zes se poi in realtà dipendono da un’authority esterna?
«Se noi ragioniamo in termini di elementi puntuali del trasporto marittimo, la lettura che lei dà è corretta. Io invece parlerei di sistemi di portualità all’interno del bacino del Mediterraneo, in particolare dello Stretto di Messina, e non credo che esistano grossi costi tra lo scenario attuale e lo scenario preesistente. Anzi, probabilmente possono esserci dei vantaggi. La seconda precisazione è che, per quanto riguarda la Zes di Gioia Tauro, l’elemento centrale non è tanto la governance intesa in sé delle autorità portuali, ma la priorità principale su sui, secondo me, dovrebbe essere cambiata la narrativa, è che il livello di attrattività dei luoghi del retroporto di Gioia Tauro ancora non è molto elevato. La contraddizione è che noi abbiamo tutte le condizioni normative per accedere al credito d’imposta, abbiamo un decreto legislativo che sburocratizza un po’ le procedure amministrative per accedere agli investimenti, per fare investimenti nell’area industriale di Gioia Tauro, esistono al 90 per cento le condizioni di facile accessibilità all’area, – l’altro 10 per cento era il tema di cui parlavamo prima sulla finalizzazione dell’ultimo miglio cosiddetto – però quei luoghi non sono ancora attrattivi nonostante la presenza di incentivi fiscali. Quindi, la domanda su cui noi dovremmo porre l’attenzione, sia come analisi sia come politiche sia come strumenti di comunicazione, è perché, anche in presenza di incentivi fiscali, la Zes di Gioia Tauro non è ancora decollata. Probabilmente le ragioni dipendono dal fatto che la presenza del credito d’imposta sia una condizione necessaria ma non sufficiente per rendere attrattivo un territorio, quindi bisogna lavorare su altro. Su che cosa? Beh, innanzitutto bisogna, in maniera molto operativa, con un impatto anche immediato, rendere quei luoghi sicuri e quindi liberarli dalle contaminazioni ambientali di cui soffrono e di cui è ben nota la provenienza. Ci vorrebbe un grande piano di sicurezza da mettere a punto sia su base regionale – e ci sono già delle attività in tale direzione – sia in coordinamento con il ministero dell’Interno, per esempio».
– Il Governo precedente, composto da Lega e Cinque Stelle ha anche escluso Gioia Tauro dalla “Via della Seta”, quando in realtà in termini di praticità e di trasporti sarebbe stato il porto più funzionale essendo al centro del Mediterraneo. Le chiedo, Lei domani, da presidente della Regione, accetterebbe di mettere in discussione entrambe le cose? Sia il problema della Via della seta sia il problema dell’Authority dello Stretto?
«Sull’Authority non credo sia un problema da un punto di vista del sistematico impatto che può avere il trasporto marittimo all’interno dell’area dello Stretto…
– Mi scusi qualcuno dovrebbe poter decidere se il porto di Villa deve avere quelle attrattive di cui lei parlava giustamente e poi sfruttare i vantaggi di stare in area Zes, però non può dipendere da un’authority che è al di fuori dell’area Zes.
«È un problema di governance che si risolve tranquillamente. Invece sulla Via della Seta, sicuramente io metterei in discussione il memorandum ma non in termini informali ma in termini sostanziali. Stiamo vedendo i risultati grazie all’attività anche di coordinamento del ministro del Governi precedente, Toninelli, che ha impegnato molte risorse e molte energie per consentire a quel porto di riprendere la sua attività principale che è il transhipment e che a regime, col nuovo concessionario, dovrebbe superare i quattro milioni di teu di movimentazione all’anno, con un impatto occupazionale diretto e indiretto di circa quattromila persone. Però la Via della Seta è un’altra storia: è la capacità – in maniera molto sintetica – di intercettare i flussi che dall’Estremo Oriente arrivano in Europa e di intercettarli facendo leva sulle convenienze economiche del porto su cui dovrebbe arrivare il maggiore flusso di navi dall’estremo Oriente».
– Uno dei problemi più grandi dell’Italia e quindi anche della Calabria si chiama burocrazia. Nella sua agenda di lavoro immagino abbia già previsto delle iniziative. Come si può combattere questa piaga che deprime e avvilisce qualsiasi imprenditore che abbia voglia di investire in Calabria?
«Sicuramente, questo è un tema importante, non per la Calabria ma per il Paese. Difatti, per esempio, ritornando alla Zona Economica Speciale, il decreto semplificazione riduce moltissimo i tempi della burocrazia. I tempi della burocrazia dipendono non solo dalle normative ma anche dalle persone che interpretano ed attuano quelle normative. E, se faccio riferimento alla burocrazia regionale, quindi all’apparato che guida i processi di attuazione delle politiche alla Cittadella di Germaneto, sicuramente l’elemento su cui io farei leva nei primi sei mesi di attività della prossima giunta sarebbe quello di tentare di capire dove sono i punti in cui si bloccano le procedure amministrative nella Regione Calabria. Perché noto che in quei luoghi, in quegli uffici qualcosa non funziona nel mondo più efficiente possibile e quindi, prima di iniziare a fare degli slogan distruttivi sulla burocrazia regionale “usiamo le ruspe per abbattere Germaneto” che mi sembra una cosa assolutamente impraticabile e a parte fuori luogo, un approccio più costruttivo dovrebbe essere quello di capire le ragioni della lentezza della burocrazia regionale e poi tentare di attuare dei modelli organizzativi, in una organizzazione complessa com’è quella regionale, in cui si ragioni sempre in termini di ottimizzazione delle procedure e delle tempistiche. Quindi mi approccerei al tema, dato il vincolo esogeno del fatto che non possiamo cambiare le regole, molte regole nazionali ed europee, cercherei di lavorare al proprio interno, tentando di risolvere il problema che molta della lentezza dipende da una cattiva organizzazione dei processi lavorativi e gestionali all’interno degli uffici. Credo che quello sia l’elemento centrale su cui un buon governatore dovrebbe in maniera partecipativa e collaborativa con i dirigenti e i funzionari prendere a cuore e risolvere immediatamente. Assegnando delle funzioni, monitorando degli obiettivi e tentando anche di dare un calendario sulla tempistica della realizzazione di tutte le fasi amministrative della vita della Regione Calabria».
– Torniamo al progetto. Lei diventa presidente della Regione: i suoi primi cento giorni.
«I primi cento giorni sono innanzitutto da condividere con la macchina amministrativa della Regione Calabria, proprio con le persone che poi rappresentano l’anima di un possibile cambiamento, di poter condividere con loro la possibilità di renderli partecipi di un processo di cambiamento proprio nella funzione sociale della vita amministrativa di una nuova legislatura. Quindi, renderli consapevoli che fanno parte di un progetto in cui loro sono, possono essere gli artefici del cambiamento. Il secondo elemento su cui lavorerei in maniera serrata è tentare di capire, con le risorse che abbiamo, quindi nei primi cento giorni, senza voler fare cambiamenti radicali, dove sono gli elementi essenziali che penalizzano i cittadini di questa regione, non consentendo di avere una sanità che funziona bene. L’elemento su cui io, nei primi cento giorni, farei leva è rivedere la rete territoriale di offerta dei servizi sanitari di base, di cui ovviamente questa regione risente. Soprattutto perché questa regione, per la sua composizione orografica, ha delle aree assolutamente molto marginali, molto lontane dai servizi di base, in cui la territorialità del servizio dovrebbe essere la mission principale: avere una sanità pubblica che funziona in maniera efficiente. Nei primi cento giorni potrei fare altre cose. Potrei, per esempio iniziare a rivedere per la stagione turistica 2020 quali sono gli elementi che impediscono a questa regione di avere stagionalità lunghe quanto le condizioni climatiche consentirebbero, cioè da maggio a ottobre. Nell’ottica della stagione estiva 2020 percorrere tutti i territori della Calabria che sono ad alta vocazione turistica per tentare di rimuovere tutti gli ostacoli principali che caratterizzano lo sviluppo di quel settore che sono rappresentati dal fatto di avere una rete di offerta di servizi turistici assolutamente di bassa qualità, in cui gli operatori sono di ridotta dimensione. E queste due condizioni rendono l’offerta turistica calabrese invisibile nei mercati internazionali del turismo che conta».
– Il cav. Callipo, qualche giorno fa, diceva che ha aspettato inutilmente una telefonata da Di Maio quando è sceso per la sua investitura, pensando di poter ancora ricucire. Cosa c’è dietro questo strappo tra Di Maio, Callipo e lei?
«Innanzitutto, io non soffro di isolamento. Accanto a questo progetto di alleanza civica c’è una parte di elettorato che è estremamente motivato e sta rispondendo in maniera molto attiva al progetto che stiamo tentando di portare avanti, che non è un progetto di sola contrapposizione, è un progetto di proposte politiche serie e di tentare di ricostruire quelli che sono, a nostro modo di vedere, i fili essenziali della rinascita di questa regione. Da un punto di vista delle relazioni che esistono tra partiti e il ruolo del civismo, io credo che la scelta del Movimento Cinque Stelle di puntare su una persona che è di estrazione accademica, che ha un vissuto particolare, un vissuto anche di conoscenza dei territori, sia stata una scelta assolutamente, dalla mia prospettiva, rischiosa, ovvero contiene dei rischi di identificazione, di contaminazione, rischi che stiamo annullando semplicemente perché stiamo percorrendo in lungo e largo la regione Calabria, cercando di contaminarci, come si suol dire. Però, come tutte le attività rischiose è un’attività ad alto potenziale di rendimento, perché è una proposta innovativa e di solito gli elettori, anche in questa regione, scelgono le proposte innovative, uomini innovativi, i volti nuovi e certamente chi sta parlando è un volto nuovo. La mia è una proposta nuova e innovativa. Callipo ha deciso di fare una scelta autonoma, in prima istanza. Quindi la differenza fondamentale tra la proposta civica del Movimento Cinque Stelle è che il candidato della Regione Calabria è stato prescelto dal partito politico, il Movimento Cinque Stelle, dall’altro lato abbiamo una figura notevole dell’industria calabrese, Pippo Callipo che ha deciso di scendere in campo e, a valle di questa sua decisione, il Partito Democratico ha deciso di aderire. È vero che dall’esterno sembra quasi la stessa cosa, due civici che sono a capo di un’alleanza con i due partiti del governo nazionale, però il processo di creazione dell’alleanza è assolutamente diverso: io sono stato scelto e prescelto dal Movimento Cinque Stelle, mentre Callipo ha prima deciso di scendere in campo da solo e a valle il Partito Democratico si è unito».
– Un’ultima domanda. Ha fatto una previsione?
«Sì, è ovvio, io sono un economista, tutti gli economisti sono abituati a fare delle previsioni. La previsione che noi facciamo è assolutamente ottimistica e l’ottimismo ci nasce da una proposta seria e innovativa: i calabresi dovranno scegliere tra le varie opzioni e io credo che sceglieranno per l’opzione nuova, volto nuovo, processi nuovi, metodi nuovi. E noi rappresentiamo esattamente questo, ma spiegheremo anche durante la campagna elettorale perché questo è l’elemento di novità. L’aspettativa positiva sul successo di questa campagna elettorale è il risultato di una valutazione sulle nostre capacità e sulle nostre potenzialità. E giova anche dire, però, che facciamo anche leva sul fatto che la proposta politica – che stiamo cercando di mettere in campo con tempistiche nuove, linguaggi nuovi e modo di relazionarci rispetto ai problemi – tenterà di dare fiducia a quella parte importante dell’elettorato calabrese che è determinata all’astensionismo. Qual è l’obiettivo? L’operazione è quella di far riavvicinare la gente che tradizionalmente sta lontana dall’urna, riavvicinarla con interesse e vigore alla campagna elettorale». (s)
P.S: Repetita iuvant. Questa intervista (quella a Mario Occhiuto pubblicata il 22 settembre, quella a Mario Oliverio del 29, quella a Giuseppe Nucera del 6 ottobre, quella a Carlo Tansi il 13 ottobre, a Dalila Nesci il 21 ottobre, a Pippo Callipo il 19 dicembre) non sono spot elettorali: Calabria.Live non parteggia per alcuno, se non per i calabresi e la Calabria tutta. Chiunque ha idee da presentare, argomenti su cui ragionare, troverà qui una piazza aperta e disponibile a diffondere, nella dialettica del confronto, opinioni e proposte. La Calabria ha bisogno di concretezza, non di parole vuote che, ormai, per fortuna, non riescono ad incantare più nessuno. La sfida alle prossime regionale non va giocata sui nomi, ma sulle idee e su propositi realizzativi per far crescere la nostra terra, per dare finalmente un futuro (in casa) ai nostri ragazzi, per trasformare la Cenerentola del Mezzogiorno nella California d’Europa.