VERSO LE ELEZIONI REGIONALI / LA PAROLA AGLI ASPIRANTI GOVERNATORI: L'EX CAPO DELLA PROTEZIONE CIVILE;
Carlo Tansi

Carlo Tansi, uno scienziato alla conquista di Germaneto: «Voglio rivoltare la Calabria»

di SANTO STRATI – Un geologo, anzi uno scienziato, alla conquista di Germaneto: la Cittadella regionale Carlo Tansi, ex capo della Protezione Civile della Calabria, la conosce benissimo per averci sbattuto la testa in più occasione. La prima volta quando venne scelto da Mario Oliverio e tutte le volte successive quando ha provato (spesso riuscendoci) a «rivoltare come un calzino» la struttura da lui guidata, fino al benservito del Presidente che l’aveva nominato. Un addio senza spiegazioni, uno stop improvviso perché – si disse – era venuta meno la fiducia in un incarico fin troppo fiduciario. Tansi è l’uomo delle prevenzione e nell’intervista concessa a Calabria.Live spiega le semplici cose che ritiene importante fare per trasformare la sua Calabria. Cosentino di nascita, laureato in geologia, ricercatore del CNR, docente all’Unical, una vasta esperienza nel campo delle emergenze del territorio, Tansi non ha un partito alle spalle: si presenta da indipendente e punta a convincere quell’oltre 55 % di calabresi che alle passate elezioni del 2014 non è recato a votare. Il primo partito in Calabria, quello degli astenuti, «il mio partito» – afferma con convinzione il dott. Tansi: «Sono convinto di avere dalla mia parte i calabresi indignati, delusi, avviliti dalla politica, che sono stanchi di quest’andazzo che in 45 anni ha prodotto solamente guasti e desolazione».

È decisamente una bella sfida, presentarsi senza un’organizzazione partitica, senza un ombrello di voti “sicuri”, a sfidare il vecchio e il nuovo della politica. Il “nemico” Oliverio (tra i due, è evidente, non corre buon sangue dopo il “licenziamento”) e gli avversari che si sono già candidati ufficialmente: il sindaco di Cosenza Mario Occhiuto, indicato da Forza Italia e – virtualmente – candidato unico del centro-destra (se la Lega smette di mettergli i bastoni tra le ruote) e l’altro indipendente Giuseppe Nucera, già presidente degli industriali reggini, anche lui senza partiti dietro, che guarda anche lui ottimisticamente al partito dei non votanti. C’è sempre l’incognita dell’eventuale candidato scaturito da improbabili intese romane tra Partito democratico (che vuole mandare a casa Oliverio) e i CinqueStelle, la cui deputata Dalila Nesci ha messo a disposizione le sue dimissioni dalla Camera per correre alle Regionali col simbolo del Movimento pentastellato. Insomma, c’è di che sbizzarrirsi a disegnare e immaginare scenari che si smontano la sera per venire ricostruiti al mattino: c’è una grande confusione sotto il sole di Calabria e questo disorientamento, questo disamore per i partiti tradizionali che non smettono di far litigare le proprie componenti su chi ce l’ha più lungo, potrebbe giocare a favore di un candidato indipendente. Un candidato slegato proprio da quei partiti che i calabresi hanno mostrato di non apprezzare più con la stupefacente astensione del 2014 (55,93 %) recuperata alle Politiche del 2018 (36,37%) e risalita alle Europee di quest’anno al 44,02%. Insomma, giacché la matematica non è un’opinione, servono tanti voti che vanno recuperati tra gli astenuti. I partiti tradizionali (sempre che non si dividano nella peggior scelta suicida che possono fare) punteranno a rafforzare le storiche posizioni, sapendo già di perdere cocci per strada, ma difficilmente riusciranno a convincere gli “arrabbiati” della politica a ridar loro fiducia.

Per questo la candidatura di Tansi rappresenta un’ulteriore incognita nel risiko di queste elezioni, di cui non si conosce ad oggi ancora la data che deve decidere, in piena autonomia, il Presidente Oliverio. Il programma di Carlo Tansi, come si potrà ascoltare nell’intervista ha pochi punti essenziali: crescita e sviluppo legati alla risorse del territorio, snellezza burocratica, spazio a innovazione e opportunità per i giovani.

– Geologo, ex capo della Protezione Civile calabrese, si candida a Governatore della Calabria. Perché questa sua autocandidatura, da indipendente?

«Volevo premettere anche altro: io sono geologo da trent’anni, geologo ricercatore presso il Consiglio Nazionale delle Ricerche e sono anche docente universitario presso l’Università della Calabria. E negli ultimi quattro anni ho diretto la Protezione Civile della Regione Calabria, regione che presenta il territorio a maggior rischio idrogeologico e sismico dell’intera penisola, tra i più esposti ai rischi naturali dell’intero pianeta. In questo contesto sono stato praticamente catapultato da una realtà vicino al mondo scientifico – sono uno scienziato – nella parte peggiore della Regione Calabria che era la Protezione Civile: un covo di malaffare che io ho denunciato a varie procure, alcune di queste denunce hanno contribuito ad arrestare alcune persone che mi aveva preceduto assieme ad alcuni imprenditori del Catanzarese e ho fatto risparmiare tanti soldi alla Protezione Civile regionale e allo Stato e, al contempo, ho specializzato al massimo le persone che già vi lavoravano e anche attinto a quell’enorme patrimonio di calabresi capaci, calabresi bravi, guardando esclusivamente i curricula. Quindi, in pratica, ho sostituito la burocrazia della Regione Calabria con la meritocrazia. Quindi, ho tolto via persone di malaffare, imbroglioni, ho tolto via persone incapaci, persone che facevano da decenni la protezione civile senza né arte né parte e ho sostituito questi pessimi soggetti col meglio che la Calabria migliore poteva offrire, cioè giovani laureati nelle migliori università italiane, cioè in quelle calabresi – noi abbiamo le migliori università italiane – e abbiamo dato loro spazio. per questo, la Protezione Civile del Lazio utilizza tecnologia fornita da noi pochi anni fa, grazie al lavoro sinergico della Protezione Civile della Calabria. Abbiamo esportato il nostro modello, il nostro sistema informatico, altamente specialistico, in tutt’Italia. Quindi da Cenerentola d’Italia che era la Calabria assieme alla Sicilia, siamo entrati in zona Champions, tra le migliori quattro-cinque protezioni civili in Italia. Questo grazie a un lavoro sinergico che – ripeto – ha rimpiazzato la più brutta burocrazia con la meritocrazia. E ho deciso di candidarmi proprio perché non sopportavo l’idea di vedere nelle mani di burocrati incapaci un patrimonio inespresso come la nostra regione che vanta tantissimi tesori: abbiamo 850 km di costa, abbiamo un patrimonio archeologico che ci invidia tutto il mondo, un patrimonio storico-culturale, abbiamo 2200 chiese, 150 castelli, abbiamo di tutto e di più come storia infinita, e abbiamo anche l’unica pista da sci al mondo che si affaccia sul mare e sullo Stretto di Messina, a Gambarie d’Aspromonte. Abbiamo tante risorse naturali, abbiamo le migliori acque oligo-minerali d’Italia, abbiamo le migliori acque termali d’Europa, eppure, per colpa della prima multinazionale del mondo, che è la ‘ndrangheta, che ha le sue radici in Calabria, noi siamo relegati ad essere l’ultima regione d’Italia e tra le ultime in Europa».

– Si può dire che lei ha rivoltato come un calzino – è una frase che si sente dire spesso da lei – la Protezione Civile in Calabria. Pensa di poter fare la stessa cosa all’interno della Regione Calabria? Come penserebbe di muoversi?

«Guardi, è molto più facile di quanto possa sembrare. Le decisioni sono atti da firmare. Le decisioni sono – l’ho verificato quando facevo il direttore della Protezione Civile regionale – decreti dirigenziali da firmare, atti deliberativi di varia natura. Allo stesso modo, fare il presidente della Regione Calabria significa cambiare la Regione Calabria con delle firme. Tutto qui. Chiaramente, avendo a supporto un apparato amministrativo ma soprattutto adeguato a queste esigenze di cambiamento. Io posso parlare a posteriori, non ho mai fatto proclami, sono l’uomo che odia i proclami, odia le promesse, amo il fare. Credo di aver dimostrato, con dati alla mano, di aver realmente rivoltato come un calzino, aperto come una scatoletta di tonno – come direbbero i Cinque Stelle – è anche di moda questa espressione perché il tonno in Calabria oggi rappresenta, diciamo, anche una prospettiva politica, visto che i Cinque Stelle stanno puntando sull’imprenditore che si occupa di tonno con grande esperienza – e quindi la metafora del tonno così come quella del calzino è calzante. Però credo, rispetto ad alcuni slogan – a me non piacciono gli slogan – credo di avere tutte le carte in regola per avviare questa sfida, per rendere consapevoli i calabresi perbene, i calabresi che credono nella loro storia, nelle loro risorse, che un cambiamento è assolutamente possibile».

– In una regione dove alle passate elezioni c’è stato un tasso di astensionismo pari al 55 % significa che ci sono molti delusi. Come pensa di poter raggiungere questa parte di elettori? Naturalmente sono voti che contano…

«Mi permetto di correggerla lievemente perché è qualcosa in più: siamo quasi al 57%, siamo quasi a 845 mila non votanti su un corpo elettorale di circa un milione e mezzo di calabresi. Quindi il primo partito è quello dei non votanti: questo è il primo partito che mi sostiene. Guardi, mi creda, se lei si collega sui social sulla mia pagina Facebook – Carlo Tansi presidente – o sul mio sito internet, ma soprattutto sui social, può notare come ci stanno veramente decine di migliaia di persone – io cono quasi 80 mila followers fra i vari gruppi facebook, che poi facendo i calcoli da un punto di vista politico, questo rappresenta un serbatoio di grandi dimensioni. Persone che, spontaneamente, prendono posizione a mio supporto e, addirittura, alcuni ritengono che possa rappresentare l’ultima speranza per la Regione Calabria, ma questo lo può leggere, è un fatto pubblico. E quindi, gran parte di queste persone vanno intercettate, fanno parte di quel grande bacino degli astensionisti, e quindi mi rivolgo a quel 57% che è quell’apparato che sta alle mie spalle. Io ho il primo partito della Calabria dalla mia parte e quindi se questo primo partito dovesse decidere di mobilizzarsi, allora credo che il sogno potrebbe trasformarsi concretamente in realtà. Il sogno di tutto i calabresi può avere una prospettiva. Anche perché nella narrazione della mia storia, io, dopo aver dimostrato di aver portato la Protezione Civile dalla zona retrocessione alla zona Champions tra le Protezioni Civili italiane, sono stato fatto fuori dalla politica e dalla burocrazia, da quell’apparato di potere. No? E quindi la gente conosce bene questa storia, la gente non ci sta. E, infatti, il movimento che mi sostiene è nato proprio a seguito di questa ingiusta esclusione e quindi, da questo punto di vista, io sono veramente e fortemente fiducioso che la Calabria migliore, che i calabresi perbene vogliano cambiare realmente, anche perché in Calabria governa da 45 anni il solito partito, il partito della torta, il partito della suddivisione dei poteri, da destra a sinistra passando per il centro, per cui quando governa il governo di centrodestra la fetta maggiore se la prende la destra e, viceversa; quando governa il governo di centrosinistra la fetta maggiore se la prende il centrosinistra. Gli altri, le altre minoranze poi prendono i pezzettini più piccoli della torta. E voglio ricordare che in questi giorni il governo Oliverio è retto, specialmente nei consigli regionali, dalle forze di opposizione senza il cui supporto non ci sarebbe il numero legale per poter fare il Consiglio regionale. Quindi, se si vuole rompere in modo decisivo, in modo netto, questo sistema, questo partito della torta e gettare in faccia a questi pagliacci, a questi imbroglioni, a questi incapaci, tra gli amministratori regionali messi come burattini dalla politica e i politici stessi, bisogna voltare pagina nettamente e votare invece chi ha realmente dimostrato di poter interpretare con credibilità il cambiamento».

– Lei parlava di toccare le carte, modificare il modo di approcciarsi alle carte. Eppure sa che uno dei problemi più grandi che esiste, non solo in Calabria ma in tutt’Italia, si chiama burocrazia. Come penserebbe di poter affrontare e risolvere in qualche maniera questa gravissima situazione che a volte diventa devastante per quelle che sono le iniziative, i progetti?

«Come ho fatto con la Protezione Civile e come ho dimostrato di aver potuto fare con la Protezione Civile. In Calabria abbiamo la bellezza di 23 dipartimenti per il governo della Regione, una regione che fa meno di 1 milione 800mila abitanti. La Regione Lombardia ne ha quasi due volte e mezzo in meno, circa dieci, e la regione Lombardia ha sei volte più la popolazione della Calabria. È chiaro che questo sistema non può funzionare per rendere efficace ed efficiente la macchina burocratica. E quindi con una semplice penna, con una firma, lontano dai condizionamenti, diciamo, dei comitati d’affari che hanno governato la Calabria, che governano la Calabria col partito della torta da 45 anni a questa parte, con una semplice firma abbattere il numero dei dipartimenti da 23 a 7-8 al massimo e mettere a capo di questi dipartimenti persone capaci, persone perbene, persone che sono completamente al di fuori delle logiche del malaffare che caratterizza la nostra regione. Primo. Secondo: se lei porta un documento alla Regione Calabria, una qualunque istanza, faccio l’esempio di un imprenditore che rivendica il sacrosanto diritto di farsi pagare una prestazione, se lei porta qualunque documento, il documento finisce in quella grande macchina elefantiaca che si chiama Regione Calabria. Invece vorrei stravolgere questo sistema, introdurre – facilissimo coi sistemi informatici di ultima generazione – la tracciabilità di tutti i documenti che vengono inoltrati alla Regione. In pratica, in ogni momento io sono in grado di sapere il mio documento su quale scrivania si trova, da quanti anni si trova lì e, soprattutto, il nome e cognome del Mario Rossi di turno che ha bloccato le mie pratiche. In questo modo io potrò fare causa non al mammut, all’elefante che si chiama Regione Calabria, dove spesso, chiaramente, i responsabili di questo apparato burocratico, elefantiaco, non vengono mai fuori, ma direttamente sulla singola persona. In questo modo è più facile. Chiaramente, chi blocca le pratiche degli imprenditori ma anche dei professionisti o dei comuni cittadini che, in Calabria, devono rivendicare il loro diritto ad avere riconosciute le loro prestazioni di qualunque genere, dovrà pagare. Secondo me un controllo un monitoraggio dei documenti, della burocrazia, significa infliggere un duro colpo all’apparato burocratico e rendere la Regione Calabria sicuramente all’avanguardia con le altre regioni così com’è avvenuto per la Protezione civile».

– Una regola inossidabile della politica dice che i politici passano e i burocrati restano. Questa sua idea di accorpare i dipartimenti non ritiene si potrebbe scontrare sull’inevitabile eccesso di dirigenti senza collocazione? Se i dipartimenti da 23 diventano 8 o 10, questi burocrati dove vanno?

«Come ho fatto in protezione Civile, dove c’erano la bellezza di 30 autisti che a me non servivano e ho messo a disposizione del Personale. Possono andare in vari dipartimenti, a parte che da un punto di vista giuridico non è corretto, come dire, ridurre il numero dei dipartimenti in modo consistente. I burocrati non utilizzati magari si possono mettere a disposizione per creare altri sistemi, ovviamente con riduzione dei costi del personale. Ci sono molti dirigenti non utilizzati in Calabria, magari ce ne saranno una decina, una quindicina in più, magari si potrà creare un “comitato dei saggi”, potremmo attingere alla loro “immensa saggezza” per migliorare le sorti della Calabria. Ovviamente, è un commento prettamente ironico».

– Un geologo alla guida della Calabria significa quantomeno una politica di prevenzione contro il dissesto idrogeologico del Paese e soprattutto della Calabria. Ma, per quanto riguarda crescita e sviluppo e investimenti, quali sono le sue idee?

«Innanzitutto, un geologo alla guida della Calabria non deve sottovalutare i rischi che corrono due milioni di calabresi che vivono in un territorio in cui un terremoto anche di piccola magnitudo potrebbe produrre un numero elevatissimo di vittime. Voglio solo ricordare che in Calabria abbiamo avuto uno dei più grandi terremoti della storia dell’umanità che è il terremoto del 1908 che ha fatto 120 mila morti. Noi qui siamo a due passi da Amatrice, parliamo del terremoto di Amatrice che ne ha fatti 300. Parliamo di tutta un’altra storia. Ma, al di là di questo fatto che riguarda la prevenzione – secondo me fondamentale – nel dettaglio, in due parole, voglio dire che la Calabria in passato è stata terra di conquista di gruppi imprenditoriali, del Nord soprattutto, che l’hanno saccheggiata, che l’hanno, diciamo, stuprata da tutti i punti di vista, che l’hanno violentata rispetto alla propria vocazione. Noi abbiamo realizzato in Calabria poli industriali, a Crotone la Pertusola, ma anche la Sir a Lamezia Terme, che praticamente non avevano niente a che vedere con la vocazione del nostro territorio. Quello stupro compiuto, perpetrato nei confronti della nostra splendida terra ha lasciato i segni: ancora abbiamo un territorio avvelenato da un errato modello di sviluppo che ha caratterizzato la Calabria. Secondo me, bisogna, invece, puntare sulle risorse naturali della Calabria che sono gli 850 km di costa, gli specchi d’acqua tra i più belli del mondo, abbiamo un entroterra spettacolare, delle colline, delle montagne a poca distanza dal mare, abbiamo dei microclimi che solo la Calabria può vantare. Abbiamo un territorio che si chiamava Enotria, quindi la terra dei vini, che può rappresentare un potenziale vitivinicolo che nessuna altra regione d’Italia può avere, e abbiamo un patrimonio storico-culturale: quando nella Padania ci stavano pecore e buoi in Calabria c’era il cuore del mondo, c’era la Magna Grecia, c’era Pitagora, abbiamo tanta storia da raccontare, storia di cui noi calabresi non siamo orgogliosi, storia di cui ci dobbiamo appropriare o riappropriare, storia che dobbiamo anche tramandare e trasmettere a tutto il resto del mondo con grande orgoglio. Quindi, il modello di sviluppo è molto più semplice, è molto più naturale. Cioè investire sulle grandi ricchezze naturali e storiche della Calabria ma preservando il nostro ambiente. Quindi, tenendo pulito il nostro mare, puntando su un’azione strategica per rivedere radicalmente il sistema di depurazione in Calabria: molta gente “beve” il mare, i politici bevono il mare in Calabria e poi il giorno dopo hanno problemi di attacchi di diarrea molto probabilmente, e questo aspetto poi, se venite nel Reggino, a Reggio Calabria, lungo il chilometro più bello d’Italia, troviamo parte della città sommersa dalla spazzatura, perché la spazzatura è l’oro delle organizzazioni della ‘ndrangheta. Ecco, rivedere anche il sistema dello smaltimento dei rifiuti con criteri più moderni, più oggettivi, con criteri che vengono messi a disposizione dal mondo che io rappresento, cioè dal mondo scientifico. E, quindi, attraverso un approccio completamente rivisto, radicalmente rivisto, con un po’ di coraggio e soprattutto puntando sui calabresi migliori e sulla Calabria migliore, noi abbiamo la possibilità di cambiare realmente la Calabria. Esattamente, né più né meno di quello che ho fatto nella Protezione Civile».

– Indubbiamente le risorse ci sono, soprattutto in ambito turistico, ma da suo punto di vista come possono generare occupazione?

«Molto semplice. Se viene una famiglia di Genova, una famiglia cinese, una famiglia svedese in Calabria, viene in Calabria perché è bella, poi sta una settimana, fa il bagno, trova il mare inquinato e non torna. Non solo non tornerà in Calabria, nonostante le bellezze del nostro mare, ma poi parlerà male della Calabria a tutti gli amici cinesi, svedesi o giapponesi. E quindi la cosa è molto semplice: se invece viene la famiglia svedese e trova un mare pulitissimo, cristallino, che noi dobbiamo garantire attraverso un sistema di depurazione adeguato, chiaramente questa famiglia sarà invogliata a tornare, magari troveranno un entroterra spettacolare, con i centri storici tenuti bene, con gli scavi di Sibari che, anziché andare a finire sott’acqua nel fango ogni volta che piove tra l’abbandono più totale, possono essere visitati. Si deve valorizzare quello che si ha e si deve rispettare la nostra natura, il nostro mare, il nostro territorio, che è la principale fonte di ricchezza. Anziché spendere i fondi europei su una miriade di progetti per le caramelle, per i cd, i cd che ormai sono dismessi, non servono più a nessuno, in Calabria vengono ancora finanziate fabbriche di cd e altre stupidaggini del genere. Anziché sperperare i soldi in tutti questi rivoli che arricchiscono solamente sistemi di potere ben localizzati, sistemi criminali – diciamocelo chiaro e tondo – puntare su pochi progetti strategici che possono veramente sconvolgere – in senso positivo – la vita dei calabresi. Quindi, ripeto: sistemi della depurazione, il sistema di smaltimento dei rifiuti, gli incentivi, per esempio, per l’agricoltura, gli incentivi per il turismo, gli incentivi per lo sviluppo dei sistemi virtuosi. Per esempio, in Calabria abbiamo delle Università che sono spettacolari, abbiamo delle eccellenze, una serie di start-up, cioè di sistemi per far partire le aziende che sono tra i migliori d’Europa. Questi sistemi vengono esportati in tutte le altre regioni, in tutte le altre nazioni, in Calabria, però, non rimane quasi niente. Ecco, dobbiamo collegare le grandi intelligenze, le grandi capacità che noi possiamo vantare in Calabria, col materiale umano e soprattutto esumare il grande tesoro che purtroppo è in fondo al mare. E questo si può fare solamente in un modo – e lo ribadisco – mandando a casa quel manipolo di politici che da 45 anni gestiscono il partito della torta, quel manipolo di burocrati, ignoranti, incapaci e imbroglioni che spesso sono oggetto di inchieste di varie procure, e lasciarci inondare in Calabria da quella miriade di giovani che sono bravi, capaci, per cui i loro genitori hanno investito tantissimo in termini di studi universitari, ma anche di studi a livello di impresa. Noi dobbiamo puntare sul meglio che la Calabria ha».

– L’indignazione e la fiducia nel nuovo sicuramente possono essere la molla a spingere la massa di delusi, di astenuti, a tornare alle urne. Ma non ritiene che puntare soltanto sulla massa di astenuti possa costituire un grosso rischio, visto che la politica, si sa, è fatta di alleanze?

«Questo è un momento particolare, non c’è mai stata una situazione del genere. Dopo 45 anni, da quando esiste l’elezione diretta del presidente della Regione non c’è mai stato un clima di così grande incertezza. Non si sa chi andrà a vincere le prossime elezioni: si può ipotizzare il centrodestra per il famoso gioco, il ping pong destra-sinistra, ma c’è una grandissima indecisione, c’è una frammentazione totale, da questo punto di vista. Ci sta molto sconforto, molto disinteresse verso la politica. ormai ci si è resi conto che i politici non hanno più niente da promettere, perché ormai hanno promesso di tutto e di più, i calabresi non sono più degli allocchi che credono alle false promesse di questi Cetto LaQualunque da quattro soldi, e quindi, al di là dei delusi che anno parte del grande partito, a cui mi rivolgo continuamente, il partito degli astenuti, io credo che ci sia molta delusione anche nell’ambito dei partiti politici, i partiti sono completamente frammentati, si è persa completamente ogni fiducia nei confronti dei partiti politici, e quindi ci stanno frammenti anche significativi di partiti e movimenti che possono essere allettati, sono attratti – io questo l’ho constatato – dal mio programma che è molto snello, molto semplice, ma sostenibile ed efficace». (s)

P.S: Repetita iuvant. Questa intervista (quella a Occhiuto pubblicata il 22 settembre, quella a Oliverio del 29, quella a Nucera del 6 ottobre e le altre che seguiranno nelle prossime domeniche ai candidati a governatore) non sono spot elettorali: Calabria.Live non parteggia per alcuno, se non per i calabresi e la Calabria tutta. Chiunque ha idee da presentare, argomenti su cui ragionare, troverà qui una piazza aperta e disponibile a diffondere, nella dialettica del confronto, opinioni e proposte. La Calabria ha bisogno di concretezza, non di parole vuote che, ormai, per fortuna, non riescono ad incantare più nessuno. La sfida alle prossime regionale non va giocata sui nomi, ma sulle idee e su propositi realizzativi per far crescere la nostra terra, per dare finalmente un futuro (in casa) ai nostri ragazzi, per trasformare la Cenerentola del Mezzogiorno nella California d’Europa.