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Reggio, contro il restyling di piazza De Nava si schiera la Fondazione Mediterranea

Piazza De Nava

di ENZO VITALE* – Con un dissennato cupio dissolvi, si opera la distruzione delle tracce urbanistiche, liberty e razionaliste, della ricostruzione reggina. Nel suggerire alcune modifiche al progetto definitivo “Piazza De Nava – Restauro e riqualificazione per l’integrazione tra il museo archeologico nazionale e il contesto urbano”, proposto dal Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo, la cui analisi non ci è possibile riferire nel dettaglio per ovvi motivi di spazio, occorre porre alcune doverose premesse.

Le idee guida possono essere considerate valide: raccordo più integrato del Museo con l’esterno; ampliamento della piazza con la pedonalizzazione delle strade adiacenti; apertura della piazza agli spazi attigui, come il monumento Alvaro, con cui fare sistema. Non vi sono vincoli diretti sui monumenti presenti nell’area né sugli elementi materiali che la compongono; vincolati, invece, sono i marciapiedi e basolati stradali; l’area di intervento, superficiale, non è interessata da vincoli archeologici derivanti da appositi provvedimenti di tutela.

Ciò premesso, è l’esecuzione progettuale che, pur legittima e rispettosa delle leggi, è fortemente deficitaria dal punto di vista identitario. Inoltre, l’uso di programmi per il rendering non proprio all’altezza del compito e alcune grossolane imprecisioni nella descrizione dello stato attuale della piazza, certificano come valida l’unanime e generale impressione nettamente negativa sul progetto, di basso livello culturale nonché sganciato dal contesto storico e urbanistico della città.

A nulla vale, per giustificare l’impianto progettuale, il richiamo ad alcuni disegni originali del Piacentini, che mostrano una piazza molto più grande e libera che circonda un edificio di forte impronta razionalista: già da subito il Piacentini abbandona la sua idea iniziale di edificio asimmetrico con vetrate a nastro e continue, che collide con una piazza già dedicata a De Nava nel 1926, nella quale nel 1936 si pone l’opera di Francesco Jerace, e con il già progettato edificio dell’Ente Edilizio del 1933 curato Camillo Autore.

Il richiamo, secondo logica restaurativa, si deve fare con gli elementi della piazza che sono caratteristici dell’epoca, senza riferimenti a idee architettoniche che lo stesso Piacentini aveva abbandonato in corso d’opera.

Tutto ciò premesso, le modifiche che la Fondazione Mediterranea propone al progetto riguardano il recupero della memoria storica cittadina: mantenimento di tracce delle strutture che, sebbene non sottoposte a vincolo, fanno parte a pieno titolo dell’urbs reggina come segno della sua ricostruzione post terremoto; richiamo alle radici magno greche della città nella scelta degli arredi della piazza; eliminazione di alcuni aspetti di illuminotecnica in stile Las Vegas e più adatti ad addobbi natalizi di paesana ingenuità.

1) Mantenimento e restauro della cintura di pilastrini e ringhiera tubolare, espressioni architettoniche tipiche del periodo della ricostruzione e del Ventennio oltre che caratteristiche della piazza fin dalla sua creazione, con documentazione fotografica risalente a prima del 1936, almeno lungo i lati di via Romeo e via Tripepi, la cui circolazione veicolare verrà mantenuta.

2) Eliminazione della progettata fontana a zampilli prevista nell’angolo basso lato via Vollaro (zona che sarà inaccessibile nelle frequenti giornate ventose, sempre che la fontana sia funzionante – nessuna in città lo è – e non ridotta a un deposito di carte e lattine vuote di birra): ideazione banalissima e non funzionale, un semplice riempitivo di spazio che – a nostro avviso – potrebbe essere usato a luogo espositivo esterno del Museo, concretizzando così non a parole la sua apertura.

3) Rimodulazione degli impianti di illuminotecnica, più adatti ad ambienti anonimi e senza storia che a una piazza che ambisce a essere identitaria: sembra di salire i gradini di un accesso a un parco giochi per minus habens, con effetti luminosi che possono incantare solo loro.

4) Eliminazione dei festoni luminosi, che fanno bella mostra di loro fra le fronde del ficus dell’aiuola Alvaro: vera e imperdonabile offesa al buon gusto di una cittadinanza che non intende farsi colonizzare dal cattivo gusto e dalla pacchianeria.

5) Verde pubblico della piazza dedicato a specie autoctone dei luoghi (ulivo, bergamotto, agrumi, gelsomino, ecc.) o a specie tipiche del periodo greco antico (abbiamo o no una Facoltà di Agraria che potrebbe esprimere il suo parere?) piuttosto che a specie arboree importate e senza identità.

6) Eliminazione dell’enorme palo di illuminazione, posto ai lati della fontana, e sua sostituzione con elementi più discreti e signorili.

7) Mantenimento e restauro dei sedili in ferro tipici della piazza e della via Marina: come fatto con la ringhiera del lungomare, andrebbero rifatti in stile e moltiplicati.

8) Mantenimento del basolato lavico originale nella porzione di corso antistante al Museo, usando la pietra di Lazzaro solo all’interno del perimetro di piazza.

9) Estrema oculatezza nella scelta qualitativa dei materiali che verranno usati (in città si hanno esempi deleteri, anche recenti).

Queste sono solo alcune delle criticità, quelle più eclatanti, evidenziate in un testo che, in alcuni passaggi, diviene quasi offensivo, quando si descrivono tratti del nostro carattere meridionale che si vorrebbero recuperare nella progettualità di un’area civica di aggregazione.

Per il resto, se proprio si deve fare, che questa piazza si faccia, visto che i 5 milioni di finanziamento si perderebbero. Ma non si dovranno più consentire in futuro questi tentativi di colonizzazione culturale da parte di supponenti “archistar”, che pretendono di spiegare a noi reggini chi siamo, cosa vogliamo e dove dovremmo andare (e anche in che direzione muoverci quando attraversiamo una piazza o come sederci opportunamente sulle sue nuove sedute). (rrc)

*Presidente Fondazione Mediterranea

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