Torna un classico a Catonateatro, Il Mercante di Venezia, di cui ancora si ricorda una grandiosa messa in scena con l’insuperabile Giorgio Albertazzi. Domani sera all’Arena Neri a vestire i panni del perfido marcente Shylock sarà Mariano Rigillo, un attore che non ha bisogno di presentazioni, con la regia di Giancarlo Marinelli.
Shakespeare nel Mercante ci ha messo i temi a lui più cari: il conflitto tra generazioni, la bellezza che muore e che si riscatta ad un tempo e la giovinezza che deve fare i conti con le trasformazioni del tempo e della società
Il regista Marinelli, sullo sfondo di una Venezia divisa tra Thomas Mann e Giorgio Baffo, ha scelto di mettere in evidenza «la crisi della potenza economica e culturale lagunare, assorbita da un gioco festoso, metafora di una persistente primavera della vita che è “perenne amare i sensi e non pentirsi”, come direbbe Sandro Penna. A perpetuare una strada già solcata con successo, il precedente “Mercante” da me diretto – dichiara il regista Marinelli – era interpretato dal grande Giorgio Albertazzi, si staglia l’eccellenza scenica di Mariano Rigillo nei panni di Shylock. Con lui, Romina Mondello nella principessa “terrestre” Porzia, e una nutrita schiera di giovani attori pieni di talento».
Si legge nelle note di regia: «È una Venezia cosmopolita ma già offuscata dalle sinistre ombre della discriminazione etnica e religiosa, che fa da sfondo a una storia incrinata dal male, dal disgusto, dalla percezione che i rapporti umani siano solo violenza e inganno. La tragedia, andata in scena per la prima volta nel 1596, ruota intorno a uno scellerato contratto e alla sua macabra penale: quello stipulato tra Antonio, mercante veneziano in cerca di denaro per aiutare l’amico Bassanio a corteggiare degnamente la ricca Porzia, e l’usuraio ebreo Shylock, che pretende come obbligazione, se la somma non verrà pagata, il diritto di prendere una libbra di carne dal corpo di Antonio. In questo mondo dominato dal potere del denaro, dove il corpo è merce non meno della vile moneta, troneggia l’ambigua figura di Shylock, possente rappresentazione di un uomo che è al tempo stesso tiranno e vittima, sacrificante e sacrificato, aberrante nella crudeltà e tenerissimo nel dolore di chi si vedrà infine costretto a rinunciare al proprio credo e alla propria cultura». (rs)