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SINDACI, A REGGIO LA DESTRA È NEL CAOS.
E A CROTONE IL PD CERCA DISCONTINUITÀ

Reggio Calabria, particolare dei lampioni del Lungomare Falcomatà

di SANTO STRATI – Dici Reggio e la battuta più frequente che ascolti è «destra, non pervenuta» ed è facile intuire perché i cittadini della città dello Stretto siano disorientati, per non dire incazzati neri, per le ingerenze del capo leghista sulla scelta del candidato sindaco. Il fatto è che quando si sono “spartite” le piazze, i tre partiti della coalizione di centro destra, per evidenti ragioni di opportunità politica, hanno accordtao a Salvini il diritto di scelta del candidato sindaco per il Comune di Reggio e la Città Metropolitana. Una decisione che ha fatto inorridire l’alta borghesia reggina, tendenzialmente orientata a destra, ma ugualmente abituata a decidere in casa propria senza ingerenze esterne. Figurarsi, poi, se a decidere dovesse effettivamente essere Salvini, il quale dopo aver fatto inutilmente, tramite i suoi fidi, appello a docenti universitari, professionisti, personalità di spicco della società civile, ha ricevuto uno dopo l’altro dei no nemmeno tanto cortesi. Del resto, con quale faccia, a poco meno di due mesi dalla elezioni, ci si presenta a un preside di facolta (per dire) facendo chiaramente intuire che trattasi di seconda scelta, obbligata in assenza di player validi?

Salvini ci ha abituati alle sue scelte suicide (basti pensare alla crisi di governo dello scorso anno che ha incoronato Conte e l’inimmaginabile “fidanzamento” tra grillini e dem (di matrimonio non si può parlare quando già la convivenza è a rischio continuo…) e si ha la netta sensazione che voglia fare il bis anche in riva allo Stretto, dove – diciamo la verità – il suo partito non è riuscito in alcun modo a coagulare né uomini (o donne) né risorse fresche in grado di dare un connotato serio e affidabile al gruppo raccogliticcio (senza offesa) che si è riunito sotto il simbolo salviniano. E dire che ancora ieri qualcuno ha sussurrato – a quanto sembra – una soluzione semplice per uscire dall’impasse “riggitana” del sindaco, bypassando rivalità, invidie e lotte fratricide. Qualcuno ha suggerito il nome dell’avvocato Giovanna Cusumano, una seria e apprezzata professionista, che si è distinta per le sue campagne contro la violenza di genere e a difesa delle donne. È di area (vicina a Forza Italia, forse tesserata, non sappiamo), appartiene alla società civile, è una donna con gli attributi (il che non è da sottovalutare) e incarna il giusto antagonista al sindaco uscente Giuseppe Falcomatà. Una figura così sarebbe la soluzione ideale, dal punto di vista politico-elettorale, perché potrebbe cogliere il consenso della coalizione (fondamentale, se no non ci sono i numeri) e allo stesso tempo il favore della cittadinanza, stanca della schermaglie continue in casa della destra e desiderosa di una svolta. La scelta della candidata Cusumano, gran lavoratrice, benestante e quindi lontana da tentazioni e lusinghe pericolose del do ut des) lo diciamo subito, difficilmente si realizzerà perché ai nostri politici manca il coraggio di interrompere la consumata abitudine dello scambio di favori. E perché la Cusumano ha troppo carattere per poter essere a sua volta “governata” da chi potrebbe designarla a Palazzo San Giorgio, troppo indipendente per essere poi “guidata” alla bisogna. Manca, dunque, il coraggio di opporsi a una logica suicida che vuole imporre dall’alto il nome del candidato, indipendentemente che vi siano sul tavolo programmi e idee, purché prevalga la manifestazione di forza, l’esibizione del potere, anche se, poi, a farci le spese sono i cittadini.

Non si deve, però, commettere l’errore di sottovalutare i reggini. Chi non è nato da queste parti, non può capire quello che passa per la testa di un reggino, il quale – come tutti i calabresi è, nel senso migliore, uno zuccone, una testa dura, ma è aperto al dialogo, cerca il confronto, ma non tollera le imposizioni. Se Falcomatà non fosse scivolato su una serie di clamorosi errori sul livello di sopportazione dei suoi concittadini (basti per tutti la vergognosa vicenda dei rifiuti) probabilmente avrebbe avuto un percorso in discesa nella riconquista del primo scranno di Palazzo San Giorgio e Palazzo Alvaro. Oggi il rischio maggiore (consentiteci di ribadire la battutaccia) è che rivinca per assenza di antagonisti. Ovvero, non perché i cittadini di Reggio lo amano, ma perché – quando costretti – scelgono il meno peggio, la soluzione meno impegnativa e meno complicata. O vedremo disertertate brutalmente le urne.

Diversa è la posizione di Eduardo Lamberti Castronuovo, il quale in cuor suo sogna da quando aveva i calzoni corti di diventare sindaco (e sarebbe pure un ottimo sindaco) ma si trova condizionato da troppi fattori avversi. Apparentemente sostenuto dal deputato reggino Francesco Cannizzaro, coordinatore provinciale di Forza Italia e artefice del successo del partito di Belrusconi alle ultime elezioni regionali, si trova contro gli “amici” di Fratelli d’Italia e buona parte dei leghisti dell’ultim’ora che mal digeriscono l’idea di avere un intellettuale che ragiona e valuta cause ed effetti, col solo obiettivo di ridare smalto e vigore alla città. Anche Lamberti Castronuovo è un jolly che Salvini – se qualcuno lo consigliasse con giudizio – potrebbe giocare con la figura di un outsider gradito (alla coalizione e alla città). La sua non sarebbe un’ingerenza, quanto una moral suasion per gli amici e alleati della coalizione. La campagna elettorale che a Lamberti sta (con molta fine strategia) portando avanti Klaus Davi con una candidatura in prima persona darebbe un grande slancio a una lista civica, composta da fior di professionisti, studiosi e intellettuali della città disposti a metterci la faccia, ma non sarebbe sufficiente ove si profilasse il fuoco amico dei malpancisti della coalizione. In poche parole, sia nel caso della Cusumano sia di Lamberti Castronuovo, ove fossero indicati (o l’uno o l’altra) per la candidatura i reggini avrebber0 di fronte due figure della società civile in grado da garantire il dovuto antagonismo con Falcomatà. Il vecchio che tenta di rinnovarsi (Falcomatà), il nuovo che cerca spazi (espressione della società civile). Peccato per la posizione di Angela Marcianò, amata a metà dai suoi potenziali elettori, la quale, fino all’ultimo, continua a non fornire un’immagine politica ben definitiva: era nella Giunta Falcomatà, cooptata nella segreteria nazionale dei democratici direttamente da Renzi, indicata come candidata di un centro del tipo “vorrei ma non posso” che non sa scegliere se andare a destra o a sinistra. La Marcianò, a nostro modesto avviso, ha sbagliato l’avvio della sua campagna elettorale e séguita a creare disorientamento tra chi dovrebbe votarla e persino tra chi vorrebbe avversarla. Insomma, né carne né pesce e di questi tempi una scelta “vegana” politicamente parlando appare quanto più lontana dai desiderata dei reggini.

Il senso di sconforto e di grande disagio che si respira a Reggio è molto palpabile: quando ieri mattina poco prima delle 8, laC24tv con un articolo di Riccardo Tripepi (subito smentito dalla presidente Jole) ha comunicato che la Santelli aveva “benedetto” la scelta di Salvini (Antonino Minicuci, ex segretario delle Provincia, fino a qualche anno fa a Genova con il ruolo di segretario generale del Comune) in città è scoppiato, negli ambienti vicini a Forza Italia, un pandemonio. L’immediata smentita all’avventata affermazione del giornalista ha fatto tirare a tutto il centrodestra reggino un respiro di sollievo. La Santelli ha subito chiarito che non si era in alcun modo espressa a favore del candidatura vagheggiata dal segretario leghista. Anzi ha preso le distanze portando un po’ di serenità tra i suoi fedelissimi in riva allo Stretto. Ma non bastano le parole, il tempo stringe e la destra sta scegliendo il suicidio: quanti la seguiranno?

Le elezioni, ormai è ratificato, si terranno il 20 settembre. Non si vota, però, solo a Reggio: l’altro capoluogo importante è Crotone, dove al contrario della Città dello Stretto, è la sinistra ad avere qualche problema di identità. Gli Sculco (Enzo e Flora, padre e figlia) stanno conducendo una battaglia sotterranea (ma mica tanto) per chi potrà utilizzare il simbolo dem. In buona sostanza c’è un’esigenza di discontinuità e le due fazioni del Pd crotonese non riescono a trovare un punto d’intesa. Il commissario Franco Iacucci ha il suo bel daffare e sta incontrando tutti tentando di ricucire nel segno del “nuovo”. Compito non solo difficile, quanto arduo e praticamente pieno di insidie. Verrà in settimana qualche dirigente nazionale dem per capire come uscirne: «il Pd – ha detto Iacucci – con grande umiltà e spirito di servizio si mette a disposizione della società civile, del mondo delle professioni, dell’associazionismo, della cultura e del terzo settore, con la convinzione che è questa a vera rivoluzione che Crotone sta aspettando». Il fatto è che, in realtà, le due anime del partito sono disunite e viaggiano ognuna per proprio conto, con i grillini che intendono viaggiare per fatti loro, con buona pace degli accordi che reggono il Governo centrale. Con queste prospettive, si annunciano giorni “caldi” anche a Crotone. (s)

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