di SANTO STRATI – Adesso ci si può proprio dimenticare del Ponte sullo Stretto: nel Recovery Plan messo a punto dal Governo non ce n’è traccia. Come non c’è traccia di finanziamenti da destinare al vero volano di sviluppo per la Calabria che è il Porto di Gioia Tauro, né per ricostruire ex novo la ss 106 o comunque avviare quel piano di risanamento della strada della morte ormai non più rinviabile. Si sono svegliati tutti, o quasi, dall’inspiegabile torpore che ha preso i nostri politici calabresi a proposito dei soldi dell’Europa per il post-Covid, ma temiamo sia un po’ tardi. Tardi per riscrivere completamente quel “benedetto” Recovery Plan che serve a convincere la UE a sganciare una paccata di miliardi (223, per essere precisi) a fronte di progetti infrastrutturali. Una sola la voce fuori dal coro, con l’innegabile sospetto che non abbia letto il documento: la deputata cosentina Enza Bruno Bossio (Pd) elogia gli investimenti previsti per il potenziamento della linea ferroviaria Salerno-Reggio Calabria arrivando a definirli «robusti interventi». «Un primo importante e significativo passo è compiuto» ha detto in una nota, improvvidamente diffusa senza, probabilmente, confrontarsi o riflettere sul fatto che i finanziamenti di cui tesse le lodi sono già stati previsti in un piano del 2012 e ammontano a poco più di 500 milioni a fronte di 223 miliardi messi a disposizione dell’Italia. Se non è sopraffazione questa nei confronti di una Calabria dimenticata, ancora una volta vilipesa, svillaneggiata per l’inezia dei suoi rappresentanti politici forse più preoccupati della crisi di governo che di iniziative per la propria terra.
L’indignazione – abbiamo scritto ieri – non basta più. Ma cosa si può fare? L’opera principale che avrebbe costituito una straordinaria opportunità per creare occupazione e sviluppo, il famigerato Ponte sullo Stretto, ce la possiamo dimenticare. Durante la campagna elettorale per le regionali dei mesi scorsi Conte aveva rilanciato l’idea del Ponte, tanto per mostrare un minimo d’attenzione nei confronti della Calabria, ma poi ci aveva pensato la sua ministra alle Infrastrutture, l’inadeguata (non lo diciamo noi) Paola De Micheli che aveva espresso l’esigenza di avviare nuovi studi di fattibilità sulla soluzione da scegliere per l’attraversamento stabile dello Stretto. Altri studi di fattibilità quando c’è già un progetto immediatamente eseguibile che langue da anni per l’incapacità dei nostri politici di alzare la voce ed esprimere forte l’istanza dei calabresi che ragionano. Contro una minoranza da sempre contraria al Ponte per partito preso e non per obiettive ragioni: non c’è nessun problema sismico che non si possa affrontare con le moderne tecniche di costruzione e i nostri progettisti, dotati di solidi attributi, rappresentano l’eccellenza nel panorama mondiale. Ma l’opposizione al collegamento stabile (lasciamo perdere la risibile proposta del tunnel) l’ha sempre avuta vinta, tra pseudo-ecologisti di giornata, ambientalisti catastrofisti e una bella e assortita comitiva di quelli che dicono sempre di no (ogni riferimento ai Cinque Stelle è decisamente voluto, non casuale). E Conte, ricevendo i sindaci delle cinque province in rappresentanza di tutta la Calabria, qualche mese fa, aveva promesso attenzione e impegni per la Calabria. Chi li ha visti? Ulteriore presa in giro di un Governo insensibile e troppo ballerino per occuparsi di cose importanti. Conte ripete spesso il suo mantra: «se non cresce il Sud non cresce il Paese». Ma come cresce il Mezzogiorno, con le briciole del Recovery Plan?
Ora, avviene che l’ultima occasione reale per veder realizzare un’opera colossale dai grandiosi impatti di natura tecnologica, turistica, paesaggistica, d’immagine, si chiama Recovery Fund, ovvero Next Generation Ue, ma nessuno ha minimamente pensato di inserire il progetto (ripetiamo già pronto, da rinnovare soltanto nella scelta dei materiali di nuova generazione ancora più sicuri per le zone ad alta densità sismica), nessuno ha voluto verificare se ci fosse il minimo ostacolo perché l’Europa dicesse no a un investimento infrastrutturale di 8-10 miliardi (tanto costa realizzare il Ponte). Ovvero, hanno pensato bene di “dimenticarsene”. «A pensar male – diceva Andreotti – si fa peccato ma spesso ci s’azzecca». Purtroppo mai parole risultano più profetiche e adatte alla circostanza.
Sul Ponte ha insistito Renzi, nel dichiarare guerra al presidente Conte, ma ne ha smontato l’ardire Romano Prodi che, ospite da Giovanni Floris a Di Martedì, ha detto testualmente: «Renzi ha chiesto il Ponte sullo Stretto a Conte». Prodi ha anche immaginato la sua ipotetica risposta: «Se mi vesto da muratore e vado domani a costruire il Ponte sullo Stretto, Renzi chi chiederebbe il ponte sulla Sardegna…». In buona sostanza neanche Renzi crede alla grande opportunità che viene offerta a calabresi e siciliani con i quattrini dell’Europa: è stato un ulteriore pretesto per attaccare il governo e vedere l’effetto che fa. Decisamente non un bell’effetto, viste le critiche che gli sono piovute addosso da ogni parte. Probabilmente a Renzi resta sempre l’ipotesi WWF per chiedere la tutela delle razze (politiche) in via di estinzione…
Il Ponte non piace a tutti, questo è evidente, meno che meno a chi del traghettamento sullo Stretto ha fatto un business ultramilionario, ma bisogna essere onesti nel riconoscere che non ci sono realmente condizioni di non fattibilità: è semplicemente una questione di natura politica. Manca la volontà politica di realizzare il Ponte con tutto quello che potrebbe rappresentare sia per la Calabria sia per la Sicilia. Verrebbero da ogni parte del mondo solo per vederlo o per attraversarlo: c’è un esempio che rischierebbe di impallidire al confronto, il ponte rosso del Golden Gate a San Francisco. Lì aspettano the Big One, il più disastroso terremoto (ipotizzato) della storia della Valley. Ma quando l’hanno costruito (tra il 1933-1937) non c’erano le tecniche di costruzione di oggi ed era ben evidente il rischio sismico della zona. È ancora là, viene riverniciato continuamente con quel bel rosso che lo caratterizza, ad attrarre milioni di turisti. Senza avere l’incantevole e inimitabile paesaggio dello Stretto, della Costa Viola, dell’Etna che fuma e degli affascinanti gorghi marini che hanno incantato Omero.
Ma anche a voler essere indulgenti sulla storia del Ponte, non è tollerabile che un documento che è passato anche dalla Commissione Trasporti della Camera abbia di netto tagliato qualsiasi ipotesi di finanziamento alla statale 106, al Porto di Gioia Tauro, alle mille altre problematiche infrastrutturali che affliggono la Calabria. È successo, forse potrebbe cambiare qualcosa dopo l’esame del Parlamento, a fine crisi, comunque vada per il Governo, ma andrebbe completamente riscritto e non ci sono i tempi necessari.
L’unica preoccupazione per i nostri politici – questo è evidente – è evitare lo scioglimento delle Camere e dover tornare al voto. S’inventeranno la qualunque pur di restare a galla fino al regolare termine della legislatura. Dopo, quando si tornerà a votare, per molti saranno utili cartoline ricordo di Montecitorio e Palazzo Madama, unico memo di nostalgia di momenti decisamente irripetibili. (s)