Minasi (Lega): Non consentiremo che direttiva Ets faccia morire Porti

La senatrice della Lega, Tilde Minasi, è intervenuta duramente contro a direttiva 2023/959 ETS, che, nell’ambito del pacchetto di interventi “Fit for 55”, che mira a tagliare di oltre la metà le emissioni di CO2 nel vecchio continente entro il 2030, si occupa dei trasporti marittimi, imponendo alle compagnie navali di compensare annualmente le proprie emissioni inquinanti.

«Se la direttiva Ue ETS non verrà modificata – ha evidenziato – le conseguenze sul trasporto marittimo saranno pesantissime: in particolare le attività di transhipment verranno inevitabilmente delocalizzate e i porti italiani, innanzitutto quello di Gioia Tauro che è il primo per movimentazione container e che quest’anno si appresta a toccare il record per numero di trasbordi effettuati, smetteranno di operare, con conseguente perdita di migliaia di posti di lavoro e del know how fin qui acquisito dalle manovalanze, nonché di tutto l’indotto collegato».

«La Lega si sta battendo fin dall’inizio contro questo provvedimento scellerato dell’Europa – ha ricordato – sottolineandone in tutte le sedi competenti gli effetti nefasti, e ora finalmente un nostro europarlamentare, Paolo Borchia, è riuscito a ottenere qualche prima risposta dal vicepresidente della Commissione, Maroš Šefčovič, responsabile per l’attuazione del Green Deal».

La direttiva Ets per Minasi è «una vera e propria tassa, per di più salatissima, che spingerà gli armatori – come peraltro già annunciato da molti di loro – a lasciare i porti europei per dirottare le proprie attività su porti extra Ue, come quelli del Nord Africa».

A farne le spese, dunque, sarà innanzitutto il porto di Gioia Tauro, ormai punto di riferimento strategico per il transhipment nel Mediterraneo.

«Una prospettiva che solo una politica miope poteva partorire – ha commentato la Senatrice – e che noi non possiamo permettere si concretizzi. Già in fase di negoziazione della direttiva proprio i nostri europarlamentari, in stretta sinergia con i soggetti privati, erano riusciti a far correggere leggermente il tiro, con una serie di emendamenti che ne hanno mitigato gli effetti – ad esempio un’esenzione temporanea dall’Ets, fino al 2030, per i collegamenti con le isole minori – ma queste mitigazioni non sono purtroppo sufficienti»

«Soprattutto in materia di transhipment – ha continuato la parlamentare –, dove si determinerebbe una concorrenza sleale tra Europa e Paesi extra europei, unicamente a danno delle nostre Infrastrutture, a partire da Gioia Tauro».

«Il porto gioiese – ha proseguito – grazie soprattutto all’azione incisiva dell’Ammiraglio Andrea Agostinelli, Presidente dell’Autorità di Sistema Portuale dei Mari Tirreno meridionale e Ionio, è riuscito faticosamente in questi anni ad affermarsi come assoluta eccellenza in Italia ed Europa».

«La direttiva ETS, con il suo insostenibile peso economico a carico degli armatori, rischia tuttavia di farlo letteralmente morire, fermandone tutte le attività – ha denunciato –. È per questo che, da tempo, mi sto interessando alla questione, con il sostegno del Ministro ai Trasporti Salvini, che proprio nei giorni scorsi, nell’ultimo Consiglio informale dei Ministri Ue ai Trasporti, ne ha discusso con alcuni omologhi, e del Viceministro Rixi, impegnati entrambi intensamente su questo fronte».

«E, finalmente, come dicevo inizialmente – ha detto ancora – l’azione della Lega sta ottenendo i primi risultati: l’Europa sta dimostrando di non essere del tutto sorda al nostro allarme, come ha oggi riferito Šefčovič su sollecitazione di Borchia».

«La Commissione europea è al corrente del problema del transhipment ed è in contatto con gli stakeholders armatoriali e con i porti per discuterne – ha detto il Vice presidente della Commissione stessa – vuole assicurarsi di non perdere questi traffici e di proteggere il lavoro, dunque auspica il raggiungimento di una soluzione condivisa per stabilire parità di trattamento». «Ci auguriamo – ha concluso Minasi – che a queste rassicurazioni seguano al più presto fatti concreti e tangibili, per salvare il porto di Gioia Tauro e gli altri porti italiani, con una revisione della direttiva, che ripristini la parità di trattamento tra porti di trasbordo Ue e non Ue. Non consentiremo vie alternative e ci attendiamo che venga adottata al più presto una soluzione per scongiurare il trasferimento delle attività di transhipment al di fuori dell’Europa stessa». (rp)

IMPEDIRE CHIUSURA DEL PORTO DI GIOIA T.
AGISCANO GOVERNO, REGIONE E POLITICA

di ANTONIETTA MARIA STRATI – Scongiurare la chiusura del Porto di Gioia Tauro. Impedire alla Calabria di perdere una infrastruttura strategica e vitale. È questo l’obiettivo che la stessa Autorità di Sistema Portuale dei Mari Tirrreno Meridionale e Ionio, insieme ai sindacati, Medcenter Container Terminal Spa, il Comune di San Ferdinando, Orsa Mari e Porti, Silpa e l’ing. Antonino De Masi si sono posti, realizzando un manifesto per la difesa del Porto di Gioia Tauro.

Il fine è chiaro: tutta la Calabria si mobiliti per scongiurare la sua chiusura. Che ognuno, nel proprio ruolo, «intensifichi l’impegno per la difesa del porto di Gioia Tauro e per una difesa più organica e credibile dell’ambiente». Questo perché «noi – si legge – davanti a questi scenari apocalittici non possiamo tirarci indietro nel ricercare soluzioni migliori, nel rispetto della transizione energetica, che peraltro non mancano» .

«L’Autorità di Sistema Portuale le ha sommariamente indicate al Governo ed alle Istituzioni europee», viene ricordato nel manifesto: «dare le medesime regole ai porti mediterranei che giocano la medesima partita, avendo la medesima vocazione al transhipment! Oppure la previsione per i porti europei a vocazione transhipment, ma anche per i traghetti di continuità territoriale, di meccanismi di tutela in deroga alla Direttiva che prevedano una detassazione ai settori esposti al rischio di delocalizzazione».

Indicazioni che, tuttavia, non sembrano essere servite, perché la chiusura sembra essere dietro l’angolo.

L’infrastruttura, infatti, rischia di fermarsi a causa della misura della Commissione che impone agli armatori di compensare annualmente le emissioni inquinanti prodotte. Una situazione paradossale, già ampiamente denunciata dallo stesso presidente della Regione, Roberto Occhiuto, sottolineando come «se fosse approvata così come concepita e senza modifiche rischia di far perdere competitività e importanti quote di mercato al porto di Gioia Tauro a partire dal 2024».

«L’Unione europea, con l’obiettivo di abbattere le emissioni – ha spiegato – ha deciso di introdurre una tassa che colpirebbe le grandi navi porta container qualora queste scegliessero, come avviene oggi, di fare scalo nei porti europei che si affacciano sul Mediterraneo prima di raggiungere i grandi porti del nord Europa o quelli americani: la tassa verrebbe pagata al 100% nella tratta tra due porti Ue, al 50% se uno dei due porti (di provenienza o di approdo) è extra Ue, mentre non esisterebbe per una navigazione tra due porti extra Ue: una nave proveniente dall’India e diretta in Usa pagherebbe zero euro se decidesse di fare scalo in un porto nordafricano».

«Quale sarebbe il risultato – si è chiesto – di questa cervellotica trovata? Tanti terminalisti sceglierebbero come porti di trasbordo scali extra Ue, anche aumentando le miglia di navigazione, e dunque producendo più emissioni di Co2 rispetto alle attuali rotte».

«Una misura di questo tipo – ha detto ancora – avrebbe due effetti perversi: da una parte avvantaggerebbe enormemente i porti nordafricani, e dall’altra aumenterebbe l’inquinamento nel mar Mediterraneo: i terminalisti sceglierebbero anche rotte più lunghe pur di non versare centinaia di migliaia di euro di tasse».

Sia il commissario regionale della Lega, Giacomo Saccomanno, che il capogruppo della Lega in Consiglio regionale, Giuseppe Gelardi, hanno ribadito la necessità di trovare una soluzione per impedire la chiusura del Porto di Gioia Tauro.

Per Gelardi, inoltre, «il Governo, insieme alle autorità locali e agli operatori portuali, deve adottare misure efficaci per preservare l’occupazione e l’economia della regione. Allo stesso tempo, è fondamentale promuovere una strategia di sviluppo a lungo termine che renda il porto più competitivo e sostenibile. Solo attraverso una cooperazione internazionale e un impegno comune sarà possibile affrontare le sfide attuali e future legate al settore marittimo», ha ricordato.

Nel manifesto per salvare il porto di Gioia Tauro è palpabile lo sgomento di una situazione definita «paradossale» dai segretari generali di Cgil, Cisl e Uil Calabria, chiedendo, anche loro, un intervento da parte della Regione «perché l’Ue dia alle compagnie marittime il tempo di operare una riconversione del sistema di emissioni. Sono in pericolo migliaia di posti di lavoro ed è in discussione anche il futuro stesso del Porto di Gioia come hub strategico nel Mediterraneo».

«Il pericolo è veramente imminente – si legge nel manifesto – le avvisaglie le stiamo già leggendo sulla stampa di settore e la mancanza di concreta sensibilità su questo tema preoccupa. Il porto di Gioia Tauro, il più grande d’Italia per transhipment che quest’anno si appresterà a segnare il record della movimentazione dei container nella sua storia breve ma intensa, potrebbe ritornare ad essere un deserto, con le gru smontate e le navi dirette verso scali competitors che si trovano nei paesi del Nord Africa, dove la direttiva Ue non verrebbe applicata o si applicherebbe solo in parte, in ogni caso garantendo ai porti extra-europei un vantaggio competitivo notevole».

«Difendere l’ambiente dai cambiamenti climatici in corso è un dovere delle Nazioni e degli uomini – viene ribadito – ma occorre farlo tutti insieme, riavviando il nastro delle azioni da intraprendere con la massima responsabilità. Perché non si possono accettare drastici provvedimenti in Europa per inquinare meno e nessun provvedimento negli scali direttamente concorrenti a quelli europei, ubicati sull’altra sponda del bacino del Mediterraneo. Accettare tutto ciò significherebbe non solo non raggiungere gli obiettivi prefissati in Europa, ma chiudere gli occhi davanti a provvedimenti illogici e irrazionali, con conseguenze devastanti sul piano economico, occupazionale e soprattutto su quello delle potenzialità logistiche dell’Italia e dell’Europa». 

«Quello che rappresenta il porto di Gioia Tauro oggi è sotto gli occhi di tutti – viene evidenziato – quasi 4 mila addetti tra diretto ed indotto, quasi il 50% del Pil privato calabrese, la più grande piattaforma logistica dell’Italia e dell’Europa meridionale, uno dei più grandi hub portuali del Mediterraneo. Penalizzare gravemente un porto in pieno rilancio come Gioia Tauro significherebbe affossare la Calabria ed il Mezzogiorno ed indebolire il Paese intero». 

«E sosteniamo come su questa drammatica prospettiva l’attenzione debba rimanere altissima», continua l’appello, ricordando che quella che rischia la chiusura è «un’infrastruttura strategica per il futuro della Regione, dove si registra la percentuale di disoccupazione più alta d’Italia, con le ferite dell’emigrazione che vede  migliaia di giovani andare via ogni anno da questa terra. Fughe per bisogno e per necessità che impoveriscono la vita e l’esistenza dei nostri territori».

Se si ferma Gioia Tauro, rischia di fermarsi la Calabria. E questo non può essere permesso. (ams)

L’OPINIONE / Giacomo Saccomanno: Salvare il Porto di Gioia Tauro

di GIACOMO SACCOMANNO – Tutti al capezzale del Porto di Gioia Tauro per cercare, in qualche modo, di evitare che la direttiva europea possa penalizzare pesantemente la prosecuzione dell’attività. È fondamentale che si trovi una soluzione per evitare che la struttura possa chiudere e mandare a casa migliaia di lavoratori. Qualsiasi azione, richiesta, condotta è accettata e plausibile, purché si trovi una soluzione entro il 31.12.2023. Dal primo gennaio 2024, infatti, in mancanza di interventi risolutivi, ci saranno costi insostenibili per gli armatori e, quindi, il traffico di transhipment sarà, sicuramente, dirottato verso porti che non avranno tali problemi. Port Said e Tangeri sorrideranno e Gioia Tauro e l’intera Italia piangeranno.

Quindi è importantissimo che ognuno faccia il possibile per raggiungere una soluzione sostenibile. Ma, questo non è, sicuramente, sufficiente. Il problema dei costi, però, era già noto prima della emissione della direttiva europea e, comunque e certamente, sin dal 10.05.2023 (data di pubblicazione della direttiva 2023/959). Come mai il problema è stato sollevato solamente nella seconda settimana di settembre e qualche giorno prima della presentazione dei possibili emendamenti? Cosa è stato fatto da maggio sino a settembre? Si sarebbe potuto intervenire prima? Certamente si. Tanto è vero che non si ha conoscenza, visti i tempi strettissimi, della presentazione di qualche possibileemendamento o, comunque, di un’azione concreta portata avanti a Bruxelles.

Non può, pertanto, non evidenziarsi che chi governa una struttura debba essere sempre sul pezzo e debba fare di tutto per tutelarla con diligenza ed attenzione. Nel caso specifico, non pare che Agostinelli abbia avuto condotte adeguate e, invece, emergerebbero comportamenti quantomeno negligenti. Può la governance ricordarsi di un problema così serio ed essenziale per la vita dello scalo solo dopo 4 mesi e a pochi giorni dalla presentazione di possibili emendamenti?

Sicuramente, il problema poteva affrontarsi prima e, forse, ci sarebbero state maggiori possibilità di intervento. In ogni caso, oggi bisogna tutti remare verso il salvataggio del porto e fare tutto ciò che sarà possibile. Ma, non permetteremo che eventuali responsabilità possano scaricarsi su chi non aveva alcuna competenza per il controllo e per eventuali interventi. (gs)

[Giacomo Saccomanno è commissario regionale della Lega]

L’OPINIONE / Giuseppe Gelardi: Porto di Gioia Tauro a rischio chiusura, urge intervento del Governo

di GIUSEPPE GELARDI – Il primo gennaio 2024 segnerà l’entrata in vigore della direttiva dell’Unione Europea sul sistema di scambio delle quote di emissione (ETS) per il settore marittimo. Secondo questa direttiva, la tassazione sarà calcolata non solo in base al tipo di nave, ma anche in base alla distanza percorsa. In particolare, sarà applicato uno sconto del 50% se lo scalo di partenza o destinazione si trova al di fuori dell’Unione Europea, mentre sarà applicata la tassazione completa se si tratta di porti comunitari. Questa nuova normativa ha già portato a segnali di rilocalizzazione, poiché le compagnie di navigazione stanno già pianificando l’attività di trasbordo container sulla sponda opposta del Mediterraneo, in Nord Africa.

È fondamentale trovare una soluzione per salvare il porto di Gioia Tauro.

Il Governo deve intervenire tempestivamente per evitare il rischio di chiusura di questo importante scalo marittimo.

La situazione attuale richiede un’azione immediata per preservare l’occupazione e l’economia della regione.

Il porto di Gioia Tauro ha un ruolo strategico nel Mediterraneo e la sua chiusura avrebbe conseguenze negative non solo per la Calabria, ma anche per l’intero paese. È necessario adottare misure efficaci per incentivare le compagnie di navigazione a mantenere le loro attività nel porto e per attrarre nuovi investimenti. La salvaguardia di Gioia Tauro richiede un approccio olistico che coinvolga non solo il Governo, ma anche le autorità locali, le associazioni di categoria e gli operatori portuali. È necessario promuovere una strategia di sviluppo a lungo termine che renda il porto più competitivo a livello internazionale, migliorando le infrastrutture, semplificando le procedure burocratiche e promuovendo la formazione e l’innovazione nel settore marittimo. Inoltre, è importante sottolineare l’importanza di una cooperazione internazionale per affrontare le sfide globali legate al cambiamento climatico e alle emissioni di gas serra.

La direttiva ETS per il settore marittimo è un passo importante verso la riduzione delle emissioni, ma è necessario garantire che le misure adottate non penalizzino eccessivamente i porti europei, compromettendo la loro competitività. La situazione attuale richiede un’azione immediata per salvare il porto di Gioia Tauro. Il Governo, insieme alle autorità locali e agli operatori portuali, deve adottare misure efficaci per preservare l’occupazione e l’economia della regione. Allo stesso tempo, è fondamentale promuovere una strategia di sviluppo a lungo termine che renda il porto più competitivo e sostenibile. Solo attraverso una cooperazione internazionale e un impegno comune sarà possibile affrontare le sfide attuali e future legate al settore marittimo. ν

[Giuseppe Gelardi è capogruppo della Lega  in Consiglio regionale]

L’OPINIONE / Giacomo Saccomanno: Il Porto di Gioia Tauro a rischio chiusura

di GIACOMO SACCOMANNO – Il porto di Gioia Tauro, situato in Italia, è attualmente il più grande terminal per il transhipment nel paese e uno dei principali hub per il traffico container nel bacino del Mediterraneo.

Tuttavia, il futuro di questo importante centro logistico è a rischio a causa dell’Ets (Emission Trading System), un meccanismo volto a regolare le emissioni inquinanti. Secondo la road map del progetto “Fit for 55”, che mira a ridurre le emissioni del 55% rispetto al 1990, a partire da gennaio 2024, questa tassa sarà estesa anche al trasporto marittimo, compreso quello intercontinentale.

Le compagnie di navigazione saranno tenute a pagare questa tassa per tutte le navi con una stazza lorda superiore alle 5.000 tonnellate. Tuttavia, alcune preoccupazioni sono state sollevate riguardo a questa decisione. Alcuni sostengono che queste misure siano “eurofollie” volute dagli europarlamentari del PD e 5Stelle, che potrebbero mettere a rischio l’economia italiana.

C’è la forte preoccupazione che l’imposizione di questa tassa possa portare alla chiusura di Gioia Tauro e causare gravi conseguenze per l’Italia. È importante affrontare queste preoccupazioni e trovare un equilibrio tra la necessità di ridurre le emissioni inquinanti e la sostenibilità economica.
Potrebbe essere necessario valutare alternative o soluzioni che consentano di raggiungere gli obiettivi ambientali senza mettere a rischio importanti infrastrutture come Gioia Tauro. In conclusione, Gioia Tauro è attualmente a rischio di chiusura a causa dell’ETS e delle nuove tasse sul trasporto marittimo.
È fondamentale trovare un equilibrio tra la sostenibilità ambientale e la sostenibilità economica per garantire il futuro di questo importante centro logistico in Italia. (gs)
[Giacomo Saccomanno è commissario regionale della Lega]

Il presidente Occhiuto: Misura dell’Ue mette a rischio il Porto di Gioia Tauro

Il presidente della Regione, Roberto Occhiuto, ha definito «delirante» la misura della Commissione Europea, al momento prevista nel pacchetto ‘Fit for 55 che, «e fosse approvata così come concepita e senza modifiche richia di far perdere competitività e importanti quote di mercato al porto di Gioia Tauro a partire dal 2024».

L’Unione europea, con l’obiettivo di abbattere le emissioni,  – ha spiegato – ha deciso di introdurre una tassa che colpirebbe le grandi navi porta container qualora queste scegliessero, come avviene oggi, di fare scalo nei porti europei che si affacciano sul Mediterraneo prima di raggiungere i grandi porti del nord Europa o quelli americani: la tassa verrebbe pagata al 100% nella tratta tra due porti Ue, al 50% se uno dei due porti (di provenienza o di approdo) è extra Ue, mentre non esisterebbe per una navigazione tra due porti extra Ue: una nave proveniente dall’India e diretta in Usa pagherebbe zero euro se decidesse di fare scalo in un porto nordafricano».

«Quale sarebbe il risultato – si è chiesto – di questa cervellotica trovata? Tanti terminalisti sceglierebbero come porti di trasbordo scali extra Ue, anche aumentando le miglia di navigazione, e dunque producendo più emissioni di Co2 rispetto alle attuali rotte».

«L’Europa – ha proseguito – che legifera contro i porti europei. Sembra una barzelletta, ma purtroppo non è così».

«Una misura di questo tipo – ha detto ancora – avrebbe due effetti perversi: da una parte avvantaggerebbe enormemente i porti nordafricani, e dall’altra aumenterebbe l’inquinamento nel mar Mediterraneo: i terminalisti sceglierebbero anche rotte più lunghe pur di non versare centinaia di migliaia di euro di tasse».

Tra i porti europei più colpiti ci sarebbe anche quello di Gioia Tauro, il primo porto d’Italia per transhipment, grande motore economico per la Calabria e per l’intero Paese.

Il Mediterraneo non può essere trasformato in un’area commerciale nella quale vigono regole diverse in base all’appartenenza o meno degli Stati all’Unione europea. O questa nuova tassazione vale per tutti i porti che si affacciano sul Mediterraneo o tutti gli scali mediterranei devono essere esentati dall’introduzione di questa misura».

«L’Italia, con un’azione decisa del governo in Ue – ha concluso – deve difendersi da un’Europa che, quando agisce in modo ideologico, dimostra tutta la sua miopia e la sua siderale distanza dalla vita reale dei territori e delle realtà economiche». (rrm)

Al via iter per nascita della società “Agenzia per il lavoro portuale di Gioia Tauro”

L’Autorità di Sistema portuale dei Mari Tirreno meridionale e Ionio ha pubblicato l’avviso per promuovere la costituzione dell’Agenzia per il lavoro portuale di Gioia Tauro srl.

Ai sensi dell’art.17 comma 5 della legge 84/94, a Gioia Tauro la istituenda Società trova fondamento per dare seguito alla Gioia Tauro Port Agency, l’agenzia portuale istituita nel 2017, in seguito all’Accordo di programma sottoscritto il 27/07/2016 tra la Presidenza del Consiglio dei Ministri, il Ministero dei Trasporti, il Ministero dello Sviluppo Economico, il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, la Regione Calabria, Invitalia e l’Autorità di Sistema portuale dei Mari Tirreno meridionale e Ionio,  per la somministrazione del lavoro e per la riqualificazione professionale di quei lavoratori in esubero delle imprese portuali autorizzate alla movimentazione container.

In seguito ad una serie di proroghe intercorse negli anni, che ne hanno determinato la sua durata a settantadue mesi e in considerazione, quindi, della scadenza del suo termine di vigenza, previsto per il prossimo 31 dicembre, l’Ente guidato dal presidente Andrea Agostinelli, nelle more del rilascio della relativa autorizzazione del Ministero delle Infrastrutture e Trasporti, ha dato avvio formale alla procedura istitutiva, che potrebbe comunque essere anche annullata in caso di mancata autorizzazione ministeriale.

Si tratta di una società a responsabilità limitata che avrà per oggetto la fornitura di lavoro temporaneo alle imprese portuali (art.16 e 18 della Legge 84/94) attraverso il suo organico che, al momento della sua costituzione, dovrebbe comporsi di 77 unità.

Con una base di capitale sociale di dieci mila euro, suddiviso in quote tra le parti, e spese di funzionamento annuali previste che ammontano a 114.600 euro, nella prima fase di sperimentazione della durata di 12 mesi dall’avvio, l’Autorità di Sistema portuale dei Mari Tirreno meridionale e Ionio parteciperà sottoscrivendo il 49 percento del capitale sociale, mentre la restante parte del 51 percento dovrà essere sottoscritta, in parti uguali, dalle imprese autorizzate (artt. 16 e 18 L. 84/94).

A conclusione del periodo di sperimentazione, in base a quanto disposto dalla normativa vigente in materia, l’Autorità di Sistema portuale dovrà dismettere le proprie azioni, che dovranno essere sottoscritte dalla parte privata, considerata appunto la natura esclusivamente privatistica della Società.

Nella fase successiva alla sperimentazione, l’Autorità di Sistema portuale dei Mari Tirreno meridionale e Ionio manterrà comunque la funzione di garanzia, attraverso una propria presenza all’interno dell’organo di gestione ed amministrazione ovvero all’interno di quello di vigilanza e controllo.

Tra i compiti svolti dall’Agenzia saranno regolamentati quello di selezionare e assumere lavoratori portuali temporanei, con contratto a tempo indeterminato, nei limiti della dotazione organica definita dall’Autorità di Sistema portuale. L’Agenzia avrà altresì la funzione di monitorare le necessità di formazione del personale e di predisporre i relativi programmi e piani di formazione e, non ultimo, di avviare il lavoratore temporaneo alle tariffe approvate dalla stessa Autorità di Sistema portuale. (rrc)

A Gioia Tauro record nazionale: Movimentati oltre 17mila teus per singola nave

È un nuovo record quello registrato dal porto di Gioia Tauro. Con la MSC Nicola Mastro, di recente costruzione, ha visto imbarcare 9500 containers per una complessiva movimentazione di 17.008 teus. Si tratta di una lavorazione per singola nave che supera tutti i record finora segnati sia a Gioia Tauro che, di riflesso, nel mercato italiano. 

Con una lunghezza di 400 metri e una larghezza di oltre 61metri, la Msc Nicola Mastro, intitolata ad uno storico manager della Mediterranean Shipping Company, rientra negli standard delle ultra-large portacontainer che quotidianamente solcano le acque portuali calabresi ma che, in questa occasione, vede segnare il record nella singola movimentazione navale. 

In crescita costante da anni, il terminalista MedCenter Terminal Container, nei primi sette mesi dell’anno, ha registrato un ulteriore incremento del 2,5 percento rispetto allo stesso periodo del 2022, riconfermando così il primato nazionale del porto di Gioia Tauro nel settore del transhipment. (rrc)

 

UN’UNICA ZES PER TUTTO IL MEZZOGIORNO
POTREBBE ESSERE UNA BUONA IDEA, MA…

di SANTO STRATI – Un’unica Zona Economica Speciale (ZES) per tutto il Mezzogiorno. Potrebbe essere una buona idea, ma le perplessità non mancano, soprattutto alla luce di cosa hanno realizzato le singole Zes di Abruzzo, Campania, Puglia, Basilicata, Molise, Calabria, Sicilia e Sardegna. Tranne qualche timida eccezione, i risultati non sono minimamente vicini alle aspettative che era logico attendersi. Soprattutto in Calabria (dove peraltro abbiamo un commissario a mezzo servizio, condiviso con la Campania) il bilancio della Zes è praticamente negativo al 100%. Le ragioni hanno molte risposte, ma su tutte prevale la considerazione che dalla data di costituzione della Zes Calabria non risultano concrete ed efficaci realizzazione: se la zes doveva fare da attrattore per gli investimenti sul territorio, visti i risultati a oggi, si può, a malincuore, dire che si è rivelata un fallimento.

L’obiettivo delle zone economiche speciali era quello di snellire le procedure di autorizzazione, limitando i guasti e i ritardi della burocrazia imperante nell’ambito della costituzione di nuove imprese, e favorendo fiscalmente gl investitori. In buona sostanza, quello che alla fine degli anni 80 fece l’Irlanda che fece convogliare nell’area di Cork giganti della tecnologia come Apple e IBM (per fare solo qualche nome) offrendo loro detassazione quasi totale e incentivazioni speciali per gli insediamenti industriali che dovevano essere realizzati. Lì, ci sono riusciti, fatta salva la realtà dei disinvestimenti una volta finiti gli incentivi (quella grande realtà industriale soffre e patisce ora come il nostro Mezzogiorno. Da noi, in Calabria, non ci hanno neanche provato. Già, perché la legge istitutiva sembrava fatta apposta per le multinazionali e le megaimprese (chi ha utili milionari è attratto dagli abbattimenti fiscali), ignorando quasi totalmente le piccole e medie e, soprattutto,, le microimprese che sono il tessuto connettivo dello sviluppo del Mezzogiorno. Anziché promuovere la nascita di piccole aziende (che comunque generano occupazione e indotto) si è pensato ai redditi milionari delle grandi imprese. Il risultato è sotto gli occhi di tutti e viene da piangere soltanto guardando i capannoni abbandonati e circondati da erbacce nell’area del Porto di Gioia Tauro, dove potevano (possono) nascere piccole realtà manifatturiere e di servizi, in grado di sollevare le disgrazie occupazionali del territorio.

Fatta questa premessa, la proposta di estendere a tutto il Mezzogiorno gli incentivi previsti dalle Zes, ovvero costituire un’unica, gigantesca, Zes per attrare imprese e investitori nel Sud “depresso” e mmai sufficientemente industrializzato, ha anche degli aspetti positivi. Intanto piace alla commissaria europea della Concorrenza, Margrethe Vestager, e questo la dice lunga sull’esperienza europea maturata dal ministro Raffaele Fitto, poi le linee indicative del progetto esprimono qualche sprizzo di innovazione (legislativa e non solo) che potrebbe risvegliare appetiti sopiti di imprenditori svogliati, ma rimasti scottati dalla finanza creativa. Fintanto che lavorare son i soldi e non con la produzione portava milioni e miliardi, quale incentivo poteva avere un imprenditore (non illuminato e ce ne sono anche troppi) a mettersi a litigare con operai, tecnici, sindacati e, soprattutto, burocrazia che avviluppa (ancora oggi) qualsiasi idea di impresa? Finita la pacchia e perso un bel po’ di capitale, molti investitori stanno riscoprendo la voglia di fare impresa e quale migliore opportunità del Sud per nuovi insediamenti produttivi? Con il criterio (intelligente) di sovvertire le regole del secolo scorso, quando la manodopera s’importava dal Mezzogiorno per riempire le fabbriche e aumentare il pil delle aree industrializzate: oggi non ci vuole grande intelligenza per comprendere che può diventare conveniente impiantare nuove fabbriche dove c’è disponibilità di lavoratori poco inclini a lasciare il territorio e quindi maggiormente motivati ad accettare condizioni di lavoro (giuste) senza riserve di rivendicazioni salariali future.

Allora, l’idea del Governo, ovvero del ministro Fitto, di superare le attuali otto Zes presenti in Italia e farne una soltanto «per rafforzare il sistema e sostenere la crescita e la competitività del Mezzogiorno» può diventare persino eccellente, sempre che si attivino in maniera intelligente modalità esecutive per le misure di semplificazione e accelerazione delle procedure di approvazione e autorizzazione. È bene ricordare che, in Calabria, ci sono imprenditori che hanno atteso anni per un semplice parere che precedeva la domanda autorizzativa, figuriamoci poi per l’approvazione del progetto…

A questo proposito è utile citare (a futura memoria) la dichiarazione d’intenti del Ministero sugli strumenti di incentivazione che «saranno improntati a principi di certezza e stabilità del quadro normativo e di semplificazione procedurale, coprendo un orizzonte temporale più esteso rispetto agli attuali strumenti, in coerenza con i diversi strumenti di programmazione pluriennale europei e nazionali: Pnrr e relativo capitolo REPowerEU, la politica di coesione e il fondo di sviluppo e coesione». Nelle intenzioni di fitto, dovranno essere estesa a tutto il Mezzogiorno l’autorizzazione unica per l’avvio delle attività produttive e la riduzione di un terzo dei termini di conclusione dei procedimenti. Uno sportello unico digitale – secondo il ministro – garantirà  trasparenza ed efficienza dell’intero processo: «La Zes unica è un vero e proprio volano decisivo per l’economia nazionale e non solo meridionale», dice Fitto, il quale sottolinea che la Commissione europea ha anche accolto favorevolmente la misura di decontribuzione per il Sud (che scade a dicembre 2023) che dovrà essere rinnovata al fine di «promuovere un quadro normativo stabile pluriennale di riferimento per le imprese e per i lavoratori, al fine di sostenere l’occupazione nel Mezzogiorno, in particolare per le donne e i giovani»

Il Governo, a quanto pare, crede nel progetto di Fitto. Per la premier Giorgia Meloni «Chi investe nel Sud viene incentivato, viene agevolato, paga meno tasse: è una grandissima opportunità per il Mezzogiorno di colmare il suo gap rispetto alle regioni del Nord». Un provvedimento – ha sottolineato sui social – solo apparentemente tecnico, ma con risvolti  concreti.

«Mi auguro – ha detto al Corriere del Mezzogiorno Stefano Firpo, direttore generale di Assonime, che sull’argomento organizza una tavola rotonda per il prossimo 14 settembre – che quella della Zes unica sia più uno slogan che una vera rivoluzione dell’attuale schema. Sarebbe un peccato mettere tutto in discussione, il modello, i progetti, la governance, gli investimenti, tutte cose che hanno stimolato l’attenzione di importanti operatori economici del Paese». Secondp Firpo «le Zes sono state pensate bene a suo tempo e oggi hanno tutti gli ingredienti per poter funzionare, compreso il fatto di essere state legate ai sistemi aeroportuali e alle loro relative dogane». Tendenzialmente avrebbe ragione, ma l’inoperatività della Zes calabrese sconfessa in buona parte questo apprezzabile ottimismo.

Il Presidente Roberto Occhiuto, per parte sua, ha giudicato positivamente la proposta del ministro Fitto: «Il via libera della vicepresidente esecutiva della Commissione europea e commissaria per la Concorrenza, Margrethe Vestager, alla proposta avanzata dal ministro agli Affari europei, il Sud, le Politiche di Coesione e il Pnrr, Raffaele Fitto, per istituire un’unica Zona economica speciale per l’intero Sud Italia è un’ottima notizia per tutte le Regioni del Mezzogiorno».Secondo Occhiuto «Le Zes sono strumenti fondamentali per sburocratizzare le procedure, per avere agevolazioni fiscali e contributive, per semplificare le autorizzazioni, e di conseguenza per attrarre nei nostri territori imprese e investimenti. Con una Zona economica speciale unica per tutto il Sud – che andrebbe a superare le attuali otto realtà, coinvolgendo Calabria, Abruzzo, Campania, Puglia, Basilicata, Molise, Sicilia e Sardegna – avremo più forza, maggior peso, un reale coordinamento e migliori opportunità per competere e sviluppare le nostre Regioni. Altrettanto importante – sostiene Occhiuto – è la volontà espressa dalla Commissione Ue di rendere strutturale e permanente la misura ‘Decontribuzione Sud’, decisiva per sostenere concretamente l’occupazione nel Mezzogiorno». (s)

Intesa tra Agostinelli (Autorità di Sistema Portuale) e la Garante regionale della Salute Stanganelli

Sviluppare iniziative in materia di salute, sicurezza e prevenzione sul lavoro, anche con l’istituzione di un tavolo tecnico per il coordinamento e lo sviluppo di iniziative condivise. È su questi obiettivi che si basa il protocollo d’intesa siglato tra il presidente dell’Autorità di Sistema portuale dei Mari Tirreno meridionale e Ionio, Andrea Agostinelli, e la Garante della Salute della Regione Calabria, Anna Maria Stanganelli.

L’obiettivo è quello di sviluppare la cultura della sicurezza sul lavoro e la realizzazione di attività congiunte per la prevenzione di eventi infortunistici e malattie professionali connesse alle operazioni e ai servizi portuali.

Al fine di rendere più efficace l’azione di prevenzione e il raggiungimento degli obiettivi, il presidente Agostinelli e il Garante Stanganelli hanno deciso estendere il Protocollo anche alle organizzazioni sindacali dei lavoratori e alle associazioni di categoria delle imprese portuali in un’ottica di partecipazione e condivisione.

A tale proposito, l’Autorità di Sistema Portuale dei Mari Tirreno Meridionale e Ionio si impegna a implementare gli strumenti e le metodologie semplificati per una rilevazione degli incidenti sul lavoro, per ridurre il rischio che si verifichino, garantendo così una maggiore sicurezza sui luoghi di svolgimento delle operazioni e dei servizi portuali. 

Tra le iniziative che verranno poste in essere sarà dato risalto alla formazione, l’informazione e la sensibilizzazione sugli interventi di prevenzione nelle imprese. Saranno, altresì, sostenute iniziative congiunte di comunicazione e promozione della cultura della salute e la sicurezza nei luoghi di lavoro e promosse campagne di prevenzione, su diverse patologie oncologiche, per i lavoratori e i loro familiari nonché attività di ricerca, studio e approfondimento sulle tematiche oggetto dell’intesa, nel rispetto delle eventuali indicazioni e raccomandazioni degli Organismi sovranazionali, in raccordo con le Autorità nazionali, regionali e comunali. 

Il Protocollo avrà una durata di tre anni, nel corso dei quali si potranno apportare modifiche, in base alle esigenze in corso, e sarà automaticamente rinnovabile. 

Con l’obiettivo di garantire una costante attenzione e un’opportuna operatività della collaborazione tra i due Enti, almeno una volta all’anno, si riunirà un “tavolo di lavoro” che avrà il compito di programmare e definire attività, interventi, convegni e incontri formativi, coinvolgendo, laddove necessario, le Organizzazioni sindacali rappresentative dei lavoratori del settore e le Associazioni di categoria delle imprese portuali stipulanti il Ccnl “Lavoratori dei Port” e il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti. 

Sarà inoltre istituzionalizzata la presenza del Garante della Salute della Regione Calabria ai Comitati di Igiene e Sicurezza nell’ambito portuale. (rrc)