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MA QUALI MERIDIONALISTI DI PROFESSIONE
GIANNOLA DIFENDE RUOLO DELLA SVIMEZ

Adriano Giannola, Presidente Svimez

di SANTO STRATI – È passato quasi un mese dal Convegno di Sorrento promosso dalla ministra per il Sud Mara Carfagna con l’organizzazione affidata allo Studio Ambrosetti, ignorando del tutto la Svimez, ma la sottile polemica sui “meridionalisti di professione” continua a strisciare insidiosa.

È un modo di pensare che, alla luce delle ultime proposte della ministra Gelmini sull’autonomia differenziata (che è tornata improvvisamente alla ribalta) va respinto in toto, perché non si può ignorare il grandissimo sforzo e il ruolo precipuo recitato dalla Svimez a favore del Sud.

Non si può immaginare un “Mezzogiorno senza Svimez”, anche perché si farebbe torto ai padri fondatori Associazione per lo sviluppo del Mezzogiorno non erano figli del Meridione, bensì esponenti della politica e dell’economia dell’Italia industriale del Nord: basti pensare a Beneduce, Menichella, Giordani, Cenzato e Saraceno e al loro impegno per sostenere una politica di industrializzazione e di crescita che vedesse protagonista l’intero Paese e non soltanto le già sviluppate economie del Settentrione.

A dar fuoco alle polveri, con la consueta amabilità che lo contraddistingue è stato qualche giorno fa il presidente della Svimez Adriano Giannola con una lettera al Corriere del Mezzogiorno che aveva pubblicato un editoriale di Marco Demarco che ascriveva l’ostracismo riservato alla Svimez a una guerra d’indipendenza della ministra per il Sud rispetto a De Luca e ai “professionisti del Mezzogiorno”.

Secondo Giannola, “l’enfasi sulla presunta novità del «Mezzogiorno senza Svimez» si deve, probabilmente, alla “scoperta di una novità a ben vedere vecchia di trent’anni; un fuoco fatuo, un abbaglio per l’acuto interprete (Demarco) di vicende nazionali «viste da Sud».

Si commenta da sola – scrive Giannola – l’allusione al «meridionalista di professione» della Svimez: tali sarebbero Saraceno (Iri), Rodolfo Morandi (Comitato Liberazione Nazionale Alta Italia), Menichella (istituto ricostruzione industriale-Banca d’Italia), la Cassa del Mezzogiorno presieduta da Pescatore, ecc… che furono in sintonia con i Governi, in autonomia e con discreto successo. Oggi – certo – non si può cercare di stare dignitosamente sulle spalle di quei giganti – chiosa Giannola nella sua lettera.

“A scanso di equivoci – prosegue il presidente della Svimez – Demarco commette un errore marchiano quando afferma che Sorrento inaugura l’era di un “Mezzogiorno senza Svimez». C’è da chiedersi dove egli fosse nella boriosa-sterile stagione dei boys della Nuova Programmazione, o in quella dei patti territoriali e da quale spiaggia abbia osservato i disastri delle politiche di coesione tanto case a Governi e «Governatori». In altri termini, non si è accorto che sul Mezzogiorno da più di trent’anni il Governo ragiona senza e spesso contro la Svimez.

“A Sorrento – scrive Giannola – la politica ha provato a verniciare a nuovo uno scenario preso a prestito; autorevoli sponsor contribuiscono da par loro con suggestioni che hanno un qualche distillato di analisi untradecennali. Certo fa effetto – a noi, non a Demarco – vedere all’improvviso declamati slogan Svimez mai assurti prima alle luci della ribalta del governo. Ben venga perciò se la volenterosa ministra saprà «cambiare rotta» al Paese costruendo quel «Secondo Motore», anche esso rigorosamente marcato Svimez pur non rivendicando copyright”.

Giannola rimarca nella sua lettera che “il quesito oggi non è se e come la Svimez sia in gioco, ma quale sostanza e credibilità possa attribuirsi all’annuncio di cambio di rotta. Ora (la ministra è baciata dalla fortuna) le risorse abbondano, vanno spese: è il progetto che rimane ignoto. In attesa di verificare la sequenza intenzioni-fatti non professiamo affatto granitica fiducia. Ministeri-chiave (mobilità sostenibile e transizione) a fronte di un’emergenza energetica che mette a rischio gli appuntamenti con la decarbonizzazione di Ue 2030 e 2050, palesano evidente inerzia, carenza di visione e di condivisione di questa opzione nel Pnrr. Di questo, sia consapevole la ministra e si attivi con fantasia. Serve a poco proclamare slogan Svimez (messi volentieri a disposizione) se dopo il maquillage non si passa in sala macchine ad accendere «il motore» per innescare quella sapiente, controllata reazione a catena che vale molto di più dell’ossessione del 40% al Sud. Per garantire un percorso di riequilibrio territoriale nei diritti di cittadinanza e va condiviso nel Paese grande malato d’Europa”.

È una replica, questa di Giannola che i nostri politici (ma non soltanto quelli carichi di pulsioni meridionalistiche) dovrebbero utilizzare come monito a una continua “distrazione” sui problemi del Mezzogiorno e sull’ – ahimè – crescente divario Nord-Sud. “Sul Sud– scrive ancora Giannola – si ha pieno diritto di ragionare: dico anzi che è tempo che Milano rompa il silenzio che, finora, segnala evidenze del suo malessere in fortuiti «fuori onda». Scenda invece in campo, magari aprendosi al confronto sul rivendicazionismo del «vento del Nord» e la bocconiana idea che per «far correre Milano» vale la pena di «rallentare Napoli» (Tabellini). Proporrei al presidente di Ambrosetti di ragionare sulla crisi di Milano che, per correre e non zoppicare, oltre a prendersela con Napoli crede di poter tornare locomotiva, con la scorciatoia di una incostituzionale autonomia che un’altra ministra di affretta a sfornare, senza che il presidente del Consiglio batta ciglio”.

Quest’ultimo riferimento alla Gelmini dovrebbe ulteriormente indurre a riflettere. Nel primo governo Conte la ministra Erika Stefani dovette battere in ritirata con le carte pronte per un’autonomia differenziata che mortificava il Sud e non aiutava, sicuramente il Nord. La Gelmini, si ritrova con una patata più bollente di prima che ha subito provocato la stizzita reazione della “collega” di partito Carfagna.

Il problema è e rimane ancora una volta la necessità di ragionare in termini di Paese e non di Nord-Sud dove l’uno corre e l’altro arranca. L’occasione del Pnrr è sicuramente più unica che rara e questo treno, una volta perso, non ha locomotive d’emergenza né corse aggiuntive su cui poter contare. Il Mediterraneo è la vera sfida (Giannola chiama “la via di Damasco – il cambio di rotta – da molti anni indicata dalla Svimez al Governo. Il vento gira e gonfia le vele di un Euro-Mediterraneo che da noi è ancora in cerca di identità, da costruire in casa prima che sull’altra sponda”.

Il fatto è che da troppo tempo gli illuminati rapporti della Svimez che avrebbero dovuto costituire un faro ideale per una sequela di governi insensibili al problema Mezzogiorno, non vengono presi in considerazione. Sono allarme circostanziati, con indicazioni di soluzioni affatto peregrine e che, anzi, potrebbero rappresentare il percorso più adatto per sostituire la parola crisi con ripartenza, la parola abbandono con ripresa, il termine degrado con sviluppo. La verità è che manca una precisa volontà politica a vedere finalmente crescere e avanzare il Mezzogiorno per un malcelato timore di un improbabile quanto impossibile “sorpasso”. I numeri del Pil sono impietosi e indicano ancora sofferenza in tutto il Meridione, ma senza i consumi delle popolazioni del Mezzogiorno – questo ancora non lo vogliono capire al Nord – le fabbriche e le industrie settentrionali si troveranno con ricavi dimezzati o azzerati. Ma alla popolazione del Mezzogiorno, oltre a offrire pari dignità abbattendo qualsiasi divario in qualsiasi campo, occorre offrire occupazione e lavoro stabile, garantire il futuro fino ad oggi rubato alle nuove generazioni del Sud. Se riparte il Sud, non dimentichiamolo, riparte il Paese. E non è uno slogan. (s)

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