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SEMPRE IN PRIMA LINEA CONTRO IL COVID
PUR CON I TAGLI ALLA SANITÀ CALABRESE

Medici al lavoro contro il Covid

Non è certamente quantificabile l’impegno e la dedizione che i medici, non solo in Calabria ma in tutta Italia, per tutta la pandemia hanno profuso per garantire assistenza a tutti, stando in prima linea di fronte a un nemico inizialmente sconosciuto. Nella nostra regione, poi, dove il sistema sanitario presenta problemi che sono giganteschi, i medici, gli infermieri, e tutto il personale sanitario ha fatto un vero e proprio miracolo, garantendo, con i pochi mezzi a disposizione e le criticità persistenti, assistenza continua ai calabresi.

E, proprio sulle criticità rilevate sul sistema sanitario calabrese, l’Associazione Medici di Famiglia di Catanzaro ha voluto dare i propri suggerimenti ed evidenziare i problemi a cui hanno dovuto far fronte i medici di famiglia.

«Mentre i medici di famiglia – spiega l’Associazione in una nota – erano in prima linea a combattere il covid la dirigenza Asp, invece di attivarsi a limitare i contagi e diminuire i morti per covid, ha trovato il tempo di spendere energie “burocratiche” nel controllo di chi combatteva il virus. L’Asp ha, inoltre, pensato, sempre durante la pandemia, ma poi ci ha ripensato, di trasferire ai medici di famiglia funzioni burocratiche di altre unità operative come la prescrizione dei presidi per i diabetici».

MediAss ha rilevato che «un altro fattore che ha aggravato il lavoro del medico di famiglia è stata la netta diminuzione dei ricoveri degli assistiti MediAss passati dai 100 del 2019 ai 42 del 2020. I medici MediAss hanno dovuto gestire a casa circa 58 pazienti che avrebbero necessitato il ricovero ospedaliero. Tutta questa maggiorazione di lavoro i medici MediAss lo hanno dovuto fare senza l’ausilio degli esami di laboratorio e strumentali, infatti nel 2020 ne sono stati prescritti solo 17310 (e molti neanche eseguiti) ben il 52% in meno rispetto ai 35490 del 2019».

«E, come se tutto questo non bastasse – si legge – i medici di famiglia hanno dovuto curare i propri assistiti, durante la pandemia, con meno farmaci 32535 (il 13,5% in meno) rispetto ai 37316 del 2019, perché il commissario al piano di rientro sanitario calabrese Cotticelli, invece di impegnarsi nella lotta contro il coronavirus (infatti dei suoi innumerevoli decreti emanati durante la pandemia solo uno fa riferimento al covid) ha trovato il tempo di emanare il 6 marzo 2020 il decreto n. 63  ..”azioni di contenimento della spesa farmaceutica…” che in pratica toglie i farmaci ai malati calabresi. L’assunto di questo decreto è che la Calabria consuma il 14,6% di farmaci in più della media italiana».

«Questo assunto sarebbe logico – hanno spiegato – se il numero dei malati calabresi e delle loro malattie fosse sovrapponibile alla media italiana ma si da il caso che in Calabria ci sono proprio il 14,5% di malati cronici in più del resto d’Italia per come certificato dal commissario Scura (predecessore di Cotticelli) con il suo decreto n. 103 del 15/09/2015. Il commissario Cotticelli quindi, proprio durante la pandemia, con questo decreto ha posto delle limitazioni alla prescrivibilità di molti farmaci per le patologie croniche più diffuse, raggiungendo il suo obiettivo risparmiando proprio il 13,5% di spesa farmaceutica, ma impedendo una corretta cura dei malati calabresi esponendoli, proprio perché impossibilitati a curarsi bene alle conseguenze di una eventuale infezione di coronavirus».

«Il commissario lo ha fatto applicando pedissequamente il piano di rientro sanitario – hanno spiegato i medici di famiglia – che lo “obbliga” a pensare solo al risparmio anche durante la pandemia, anche se sa che il malato cronico che non si cura bene peggiora si complica e poi per poterlo curare bisogna spendere molto di più proprio come lo dimostra il fatto che dopo 10 anni di piano di rientro il deficit sanitario della regione Calabria invece di diminuire è raddoppiato raggiungendo 160 milioni di euro, e anche se sa che a parità di patologia in Calabria si muore prima che non nel resto d’Italia e anche se sa che dopo 10 anni di piano di rientro, per la prima volta nella storia della Calabria l’aspettativa di vita invece di aumentare è diminuita».

«Tutti questi dati – hanno evidenziato – indicano che il medico di famiglia è stato, anche in questa pandemia, un punto di riferimento, uno dei pochissimi, per gli assistiti dando loro assistenza qualificata infatti gli studi MediAss sono stati sempre aperti, e dalle ore 8 alle ore 20  uno di essi è stato sempre a loro disposizione nonostante che abbiamo ricevuto solo scadenti mascherine e in numero quanto la conta delle dita di una mano e i tamponi ci sono stati fatti a partire dall’11 giugno 2020».

«L’assistenza, anche in sostituzione delle visite specialistiche, con pochi esami, con pochi ricoveri e meno farmaci è stato possibile farla grazie alla qualità dei dati archiviati nel server MediAss legata ad una forma di teleassistenza (ricette telematiche, telefono, email, sms, whatsapp ) e i deceduti nel 2020 sono stati gli stessi del 2019».

L’Associazione, infatti, composta da sette medici di famiglia, cura oltre 10mila catanzaresi e, attraverso la piattaforma Medico ricercatore Healt Search – utilizzata da altri mille medici d’Italia – hanno potuto estrarre i dati dei loro assistiti per verificare la qualità dell’assistenza durante il covid.

«I dati estratti sono dal 01/03/2019 al 31/05/2019 confrontati con quelli dal 01/03/2020 al 31/05/2020 – hanno spiegato – Abbiamo estratto le prescrizioni dei seguenti indicatori: accessi (per accesso si intende che il medico apre la cartella clinica di un assistito e compie in essa un atto medico), esami ematochimici e strumentali, visite specialistiche, terapie farmacologiche, ricoveri ospedalieri, assistiti deceduti e numero delle telefonate al numero fisso confrontandole con quelle dello stesso periodo del 2019. Per ogni indicatore il primo numero si riferisce al 2019 e il secondo al 2020. Accessi 26.344 verso 20.371, esami 35.490 verso 17.310, visite specialistiche 5.016 verso 1.764, terapie 37.316 verso 32.535, ricoveri 100 verso 42 decessi 8 verso 8 e le telefonate 12.026 verso 21.252».

«Da questi dati si evince che la somma degli accessi e delle telefonate degli assistiti con i medici Mediass è superiore nel periodo della pandemia (20371+21252) 41623 verso (26.344+12.026) 38370 del 2019 e se a questi accessi si aggiungono quelli via email, sms e whatsapp (tutti in naturale aumento durate la pandemia) si può concludere che gli accessi dei medici Mediass con i propri assistiti durante la pandemia è nettamente aumentato». 

«Un secondo dato che dimostra un maggiore lavoro del medico di famiglia durante la pandemia – viene spiegato ancora – è la forte diminuzione delle visite specialistiche prescritte durante la pandemia 1764 (e di queste la gran parte neanche eseguite) rispetto alle  5016 del 2019. Una diminuzione del 65% per cui il medico di famiglia ha dovuto fare il monitoraggio dei malati cronici e gestire le loro riacutizzazioni in prima persona. E, visto che la prescrivibilità delle visite specialistiche era solo in modalità “urgente,” la dirigenza Asp ha creduto bene di verificare se l’apposizione dell’urgenza fatta dai medici di famiglia era appropriata per eventuali contestazioni agli stessi».

«L’associazione MediAss, molti anni fa – ha concluso l’Associazione – aveva già proposto alla Asp (e la vorremmo riproporre) una “unità di cure primarie telematica” che in questa occasione sarebbe stata in grado di attivare quei settori oggi rimasti in disparte per la lotta contro il coronavirus». (rrm)

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