di MARIO NASONE – Nel Suo messaggio della notte di Natale, l’arcivescovo di Reggio Calabria-Bova, mons. Fortunato Morrone, invita ad «accogliere pienamente l’annuncio cristiano della venuta del Salvatore e conseguentemente a uscire fuori da una sorta di “sonnambulismo” che come non mai attraversa la città, ma anche la Chiesa».
Non sappiamo che spazio ha trovato tra feste, cenoni di Natale e Capodanno che normalmente occupano il maggior spazio nelle nostre famiglie in questi tempi questo messaggio, a fare a fare emergere la responsabilità dei cristiani che abitano questa nostra città. Specialmente a quelli “che abitano i palazzi della politica e dell’amministrazione. Su quest’ultimo invito, guardando il balletto sulla composizione della nuova Giunta da circa due mesi la città aspetta, pare che il messaggio sia caduto nel vuoto. Prevalgono le vecchie logiche comuni a tutti i partiti che vede l’interesse personale che prevale su quello della città.
Oggi più che mai Reggio ha bisogno di una nuova e bella politica, quella che abbiamo conosciuto, almeno in parte, nella primavera di Italo Falcomatà dove le forze migliori della città avevano accettato la sfida del cambiamento con alcuni uomini rappresentativi della società vivile che si erano prestati alla politica, penso a Nuccio Barillà di Legambiente, a Gianni Pensabene e Giuliano Quattrone di Insieme per la città, a Nino Mallamaci, a Lamberti Castronovo, ad Attilio Funaro di Confcommercio, all’imprenditore Falduto, ed altri ancora che avevano sposato il suo progetto che aveva trovato consensi anche fuori dal centro sinistra.
Parlava di una città da amare, lo si vedeva a mezzanotte andare in giro con il suo fedele e amico assessore Totò Camera a controllare se fossero partiti i camion per la raccolta della spazzatura, a contrastare per la prima volta il comitato di affari politico e mafioso che gestiva la città, ricordo quando da consigliere comunale mi disse: vedi Mario il comune amministra, la ‘ndrangheta governa. Non a caso divenuto sindaco ebbe il regalo della bomba fatta scoppiare nel davanti al portone del suo palazzo.
Con un altro Italo, don Calabrò, creò un sodalizio che iniziò tra i banchi della scuola del Panella, che decise di mettere le mani nelle ferite più profonde della città, quelle delle povertà cercando di condividerle e curarle. Era una stagione che aveva avvicinato il palazzo alla città, con i cittadini che partecipavano nelle circoscrizioni, nelle associazioni, nei tanti ambiti in cui ognuno cercava di dare un contributo alla rinascita della città dopo la più terribile guerra di mafia che l’aveva insanguinata.
Italo Falcomatà ha vissuto anche Lui le sue contraddizioni ma aveva il dono di ascoltare, senza presunzione e la capacità di mediare tra le varie anime che aveva coinvolto nel suo progetto politico mettendo sempre la città al centro. Italo Falcomatà e Italo Calabrò, tra le tante autorità morali che Reggio ha avuto rappresentano, soprattutto oggi in una città in crisi di identità, i due maestri di vita a cui possano guardare i cittadini ed in particolare i giovani e chi fa politica. Iniziando dall’attuale sindaco Giuseppe Falcomatà che ne ha accettato l’eredità ma non la sua visione politica ed il suo coraggio, anche per l’inesperienza, che nel suo discorso di insediamento disse: «Oggi più che mai avvertiamo la necessità di porre in essere politiche inclusive, ovvero riportare al centro dell’attenzione della nostra azione politica coloro che fino ad oggi sono stati tenuti ai margini: i poveri, gli anziani, i bambini, le persone con disabilità, tutti, nessuno escluso, faccio mio l’insegnamento che don Italo ci ha lasciato. Un insegnamento da perseguire nel nostro agire quotidiano. È il momento del coraggio. Don Italo ha sempre invitato i giovani reggini (e non solo) a non delegare gli altri. Mi piace ricordarlo così, don Italo, quel sacerdote che ha scosso le coscienze di molti e continua a farlo ancora oggi con i suoi insegnamenti».
Per la nuova Giunta che nascerà sarà questo il primo banco di prova, rilanciare dopo anni di buio, le politiche del Welfare, garantire una rete di servizi di protezione sociale dei più fragili, dando loro posto anche nel bilancio comunale. Servirà soprattutto un nuovo protagonismo della Chiesa e della società civile non più suddita ma corresponsabile, come chiede il Vescovo, di questa nuova stagione. (mn)
[Mario Nasone è presidente del Centro Comunitario Agape]