Venerdì a Reggio si ricorda don Italo Calabrò

Venerdì 19 gennaio, a Reggio, la Parrocchia di San Sebastiano Martire ha organizzato un incontro, in programma alle 19 nella Sala Parrocchiale delle conferenze “don Lilio Spinelli”, per ricordare don Italo Calabrò.

Introduce il dott. Ettore Triolo, segretario del Consiglio Pastorale Parrocchiale. Conclude il parroco don Marco Scordo.

Il teologo don Leonardo Manuli ne farà memoria quale sacerdote che ha vissuto la sua missione radicato nel popolo e accanto ai più emarginati e per il quale è stata avviata la causa di beatificazione. Don Manuli ha studiato ed ha pubblicato sull’attività pastorale di don Italo, in particolare sul suo lavoro educativo di formazione delle coscienze, anche come contrasto alla mentalità mafiosa.

 

L’OPINIONE / Mario Nasone: Reggio ha bisogno di una nuova e bella politica

di MARIO NASONENel Suo messaggio della notte di Natale, l’arcivescovo di Reggio Calabria-Bova, mons. Fortunato Morrone, invita ad «accogliere pienamente l’annuncio cristiano della venuta del Salvatore e conseguentemente a uscire fuori da una sorta di “sonnambulismo” che come non mai attraversa la città, ma anche la Chiesa».

Non sappiamo che spazio ha trovato tra feste, cenoni di Natale e Capodanno che normalmente occupano il maggior spazio nelle nostre famiglie in questi tempi questo messaggio, a fare a fare emergere la responsabilità dei cristiani che abitano questa nostra città. Specialmente a quelli “che abitano i palazzi della politica e dell’amministrazione. Su quest’ultimo invito, guardando il balletto sulla composizione della nuova Giunta da circa due mesi la città aspetta, pare che il messaggio sia caduto nel vuoto. Prevalgono le vecchie logiche comuni a tutti i partiti che vede l’interesse personale che prevale su quello della città.

Oggi più che mai Reggio ha bisogno di una nuova e bella politica, quella che abbiamo conosciuto, almeno in parte, nella primavera di Italo Falcomatà dove le forze migliori della città avevano accettato la sfida del cambiamento con alcuni uomini rappresentativi della società vivile che si erano prestati alla politica, penso a Nuccio Barillà di Legambiente, a Gianni Pensabene e Giuliano Quattrone di Insieme per la città, a Nino Mallamaci, a Lamberti Castronovo, ad Attilio Funaro di Confcommercio, all’imprenditore Falduto, ed altri ancora che avevano sposato il suo progetto che aveva trovato consensi anche fuori dal centro sinistra.

Parlava di una città da amare, lo si vedeva a mezzanotte andare in giro con il suo fedele e amico assessore Totò Camera a controllare se fossero partiti i camion per la raccolta della spazzatura, a contrastare per la prima volta il comitato di affari politico e mafioso che gestiva la città, ricordo quando da consigliere comunale mi disse: vedi Mario il comune amministra, la ‘ndrangheta governa. Non a caso divenuto sindaco ebbe il regalo della bomba fatta scoppiare nel davanti al portone del suo palazzo.

Con un altro Italo, don Calabrò, creò un sodalizio che iniziò tra i banchi della scuola del Panella, che decise di mettere le mani nelle ferite più profonde della città, quelle delle povertà cercando di condividerle e curarle. Era una stagione che aveva avvicinato il palazzo alla città, con i cittadini che partecipavano nelle circoscrizioni, nelle associazioni, nei tanti ambiti in cui ognuno cercava di dare un contributo alla rinascita della città dopo la più terribile guerra di mafia che l’aveva insanguinata.

Italo Falcomatà ha vissuto anche Lui le sue contraddizioni ma aveva il dono di ascoltare, senza presunzione e la capacità di mediare tra le varie anime che aveva coinvolto nel suo progetto politico mettendo sempre la città al centro. Italo Falcomatà e Italo Calabrò, tra le tante autorità morali che Reggio ha avuto rappresentano, soprattutto oggi  in una città in crisi di identità, i due maestri di vita a cui possano guardare i cittadini ed in particolare i giovani e chi fa politica. Iniziando dall’attuale sindaco Giuseppe Falcomatà che ne ha accettato l’eredità ma non la sua visione politica ed il suo coraggio, anche per l’inesperienza, che nel suo discorso di insediamento disse: «Oggi più che mai avvertiamo la necessità di porre in essere politiche inclusive, ovvero riportare al centro dell’attenzione della nostra azione politica coloro che fino ad oggi sono stati tenuti ai margini: i poveri, gli anziani, i bambini, le persone con disabilità, tutti, nessuno escluso, faccio mio l’insegnamento che don Italo ci ha lasciato. Un insegnamento da perseguire nel nostro agire quotidiano. È il momento del coraggio. Don Italo ha sempre invitato i giovani reggini (e non solo) a non delegare gli altri. Mi piace ricordarlo così, don Italo, quel sacerdote che ha scosso le coscienze di molti e continua a farlo ancora oggi con i suoi insegnamenti».

Per la nuova Giunta che nascerà sarà questo il primo banco di prova, rilanciare dopo anni di buio, le politiche del Welfare, garantire una rete di servizi di protezione sociale dei più fragili, dando loro posto anche nel bilancio comunale. Servirà soprattutto un nuovo protagonismo della Chiesa e della società civile non più suddita ma corresponsabile, come chiede il Vescovo, di questa nuova stagione. (mn)

[Mario Nasone è presidente del Centro Comunitario Agape]

A Padova viene ricordato Don Italo Calabrò fra i pionieri della Caritas

Un incontro a Padova per parlare della Caritas e uno dei suoi pionieri calabresi, Don Italo Calabrò.

Un momento intenso, un profumo di santità ha accompagnato l’incontro tenuto a Padova, su iniziativa della Fondazione Zancan, della Caritas Italiana e dalla Diocesi con il suo Vescovo Claudio Cipolla che introducendo l’incontro ha ricordato i due grandi sacerdoti che hanno contribuito alla nascita della Caritas Italiana dandogli una impronta precisa, svolgere una funzione pedagogica e di animazione pastorale avendo l’obiettivo di fare sentire tutti i cristiani testimoni della carità.

Un organismo ecclesiale che nel 1970 Paolo VI ha voluto sull’onda del rinnovamento ecclesiologico proposto dal Vaticano II che nel racconto di Antonio Cecconi, già Direttore nazionale della Caritas, italiana ha visto fin dall’inizio don Calabrò coinvolto. Qualche mese dopo la costituzione formale del nuovo organismo pastorale, avvenuta nel luglio 1971, Monsignor Giovanni Nervo chiede infatti collaborazione a don Italo per la gestione del primo intervento sul territorio, quello per l’alluvione che si era verificata in alcuni territori del Sud, nei primi giorni del 1972.

In quello stesso anno, Nervo diventa il Presidente di Caritas Italiana, mentre don Italo Calabrò, delegato regionale della Calabria, viene designato componente della Presidenza, in rappresentanza del Sud, e conserverà questo incarico per più di un decennio, offrendo così un contributo importante alla definizione delle dorsali teologico-pastorali lungo le quali il nuovo organismo sarà chiamato a muoversi, sollecitando l’attenzione di tutta la Chiesa italiana verso le problematiche sociali ed ecclesiali delle regioni meridionali.

Sotto la guida di Nervo, Calabrò e don Pasini, la Caritas Italiana propone un modo nuovo di stare sul territorio, che supera l’assistenzialismo e la beneficenza tradizionali e mette a fondamento della prassi la contemplazione del mistero dell’amore di Dio che si incarna nella storia e fa i conti con le sue tensioni e le sue contraddizioni, aprendo una prospettiva di salvezza non a prescindere da esse, ma attraverso di esse. Alla scuola di questo amore, non è più possibile separare l’ascolto della Parola e quello del grido degli impoveriti, dei marginali, di quelli che vivono ai bordi della vita sociale.

Diego Cipriani, responsabile per il servizio civile della Caritas ha testimoniato il ruolo fondamentale svolto da Don Calabrò anche nella scelta di avviare in tutte le Diocesi l’obiezione di coscienza ed il servizio civile definite scelte esemplari da proporre ai giovani, in anni del post 68 che registravano molti fermenti sociali. Nel suo intervento, a nome del centro Comunitario Agape e della Piccola Opera Papa Giovanni, Nuccio Vadalà uno dei primi giovanti coinvolti, ha confermato la grande amicizia e stima reciproca tra i due sacerdoti.

Don Calabrò da direttore della Caritas di Reggio Calabria, incarico che conserverà fino al 1985, si preoccupa di tradurre in percorsi concreti le indicazioni pastorali definite a livello nazionale, tentando di contribuire allo sviluppo autentico del territorio anche attraverso iniziative concrete, da proporre e valorizzare come segno per l’intera comunità cristiana.

Con una attenzione particolare alle persone rinchiuse nell’ospedale psichiatrico ed alla infanzia abbandonata, al contrasto alla ndrangheta. In un convegno del 1984, così afferma: «Si tratta di modeste realizzazioni che non esauriscono, certo, i bisogni degli specifici settori cui sono finalizzate.

La Caritas Diocesana di Reggio, nel porre in atto tali iniziative, si è attenuta ad alcuni criteri inderogabili. Compito prioritario della Caritas non è la gestione diretta di opere, bensì quello di formare e animare la Chiesa locale (parrocchie, gruppi, famiglie, singole persone) a rendere concreta testimonianza di amore, nella giustizia e nella verità, verso le persone e le comunità in situazione di difficoltà.

Nelle conclusioni Tiziano Vecchiato, presidente della Zancan, ha comunicato che anche la Diocesi di Padova unitamente alla Caritas Italiana, sta pensando di proporre come per Don Italo l’avvio dell’inchiesta per la causa di beatificazione di Mons. Giovanni Nervo. (rrc)