RIPROPOSTE DUE PUNTATE DEL REPORTAGE FIRMATO NEL 1980 DA TONINO PERNA (OGGI VICESINDACO DI REGGIO);
Tonino Perna

IL SOGNO INDUSTRIALE DI QUARANT’ANNI FA
LA STORICA INCHIESTA È SU “RAI CALABRIA”

di SANTO STRATI – Com’era la Calabria di quarant’anni fa, quando il suo sogno di industrializzazione cominciava a infrangersi contro le prime cattedrali nel deserto? La risposta è relativamente facile, guardando l’inchiesta televisiva firmata nel 1980 dall’economista e sociologo Tonino Perna (oggi vicesindaco a Reggio) e riproposta questa mattina da Rai Calabria. Una delle sette puntate (l’altra andrà in onda sabato 2 gennaio) di una storica inchiesta come non se ne sono fatte più. Un lavoro incredibile e scrupoloso, km e km di passi, di pellicola, decine e decine di persone incontrate e ascoltate, per il racconto di una terra che guardava timidamente al suo futuro. L’orario (7.30) è infelice, ma ci sono evidentemente problemi di trasmissione sul canale riservato (che adesso è visibile da Aosta a Palermo grazie a TivuSat), ma tutto – inclusa la riproposizione delle due puntate di Calabria ’80 – è poi “rivedibile” su RaiPlay.

La riproposizione da parte della sede Rai di Cosenza mette in evidenza quanto ricco possa essere il patrimonio delle teche Rai calabresi: il direttore di Rai Calabria Demetrio Crucitti aveva intuito da tempo la funzione di divulgazione e informazione che il servizio pubblico deve svolgere, anche con il rispolvero di materiali “vecchi” eppure sempre di attualità, che servono a costruire una narrazione della Calabria utile non solo alle nuove generazioni (che ignorano praticamente tutto quello che è successo nella propria terra almeno negli ultimi 100 anni) ma anche ai milioni di calabresi sparsi in ogni angolo della terra.

La diaspora calabrese ha numeri impressionanti, ma è caratterizzata dal profondo legame che non è mai venuto meno nei confronti della propria terra, sia da parte del contadino andato nelle Americhe a far fortuna, sia al grande industriale (calabrese) che la fortuna l’ha trovata davvero (e sono tantissimi). C’è un grande senso di appartenenza che gli altri italiani ci invidiano (e lo dicono): i calabresi sono legatissimi alla propria terra, come figli che una madre “matrigna” (come dice il poeta Corrado Calabrò) ha fatto allontanare senza fare nulla per trattenerli, ma proprio per questo non meno pieni di amore. È la cosiddetta “calabresità”, un sentimento che accomuna chi nasce, è nato, nascerà in Calabria: il senso atavico di un legame, un’attrazione irresistibile, di cui – obiettivamente – si può andare fieri.

E Rai Calabria deve cavalcare questo sentimento, deve tirar fuori la ricchezza incredibile del materiale prodotto da quando venne aperta la sede di corso Mazzini, a Cosenza, e condividerlo con i calabresi. Un’opera che l’ing. Crucitti ha meritoriamente avviato, con non poche difficoltà, ma da buon calabrese (ha origini reggine) le ha sapute superare e cavalcare: c’è la storia della Calabria nei chilometri di pellicola presenti nell’archivio della sede calabrese (fino a qualche decina di anni fa il digitale non esisteva, in esterno si girava con la macchina da presa) e bisognerebbe – come sta facendo il direttore Crucitti – tirar fuori il meglio e riproporlo con continuità. Questo è servizio pubblico.

C’è dunque da mettere in atto una piccola rivoluzione culturale anche nei rapporti tra Rai Calabria e Regione che, fino a poco tempo fa, erano praticamente inesistenti. Invece, la Regione – a nostro modesto avviso – deve farsi carico di stimolare, sollecitare, spingere il “ripescaggio” dei vecchi materiali e la produzione di nuovi, utilizzando all’uopo le tantissime risorse umane intellettualmente capaci, ma vergognosamente ignorate, che sono i nostri giovani laureati. Un patrimonio umano straordinario, in grado di dare un contributo davvero eccezionale a ricostruire e offrire una narrazione nuova della propria terra, trovando, allo stesso tempo, un’occupazione che permetta di continuare a vivere in Calabria.

I nostri giovani, ai quali l’esperienza all’estero o al Nord risulta comunque preziosa e andrebbe sostenuta, in realtà avrebbero la segreta speranza di poter lavorare nella propria terra e per la propria terra: una generazione di calabresi in grado di riaffermare anche con i loro coetanei di terza e quarta generazione che vivono fuori della Calabria il senso di appartenenza e la condivisione di un orgoglio unico. La Calabria nel Mondo è una realtà che non può essere ignorata né dalla Regione né dalla Rai: come, sempre grazie al direttore Crucitti, Rai Calabria ha aperto alle minoranze linguistiche (arbëreshë, grecaniche, occitane) con la produzione – per la prima volta – di un suggestivo spettacolo teatrale in lingua albanese (con sottotitoli), alla stessa maniera Rai Calabria deve aprire ai calabresi che vivono lontano dalla propria terra. I Calabresi nel mondo, molti anni fa, sono stati oggetto di splendidi reportage del giornalista Pino Nano (già caporedattore Rai a Cosenza e poi caporedattore centrale responsabile dell’Agenzia Nazionale della TGR) che andrebbero rispolverati e fare da base a nuove inchieste, nuovi incontri con le comunità, per far sentire a chi vive lontano l’attenzione della propria terra. Un’attenzione utile a promuovere tante opportunità di scambio, non solo culturale e di mantenimento delle tradizioni, ma anche in termini economici e sociali: si pensi a cosa è in grado di offrire il turismo delle radici, ovvero, l’attrazione di grandi numeri di calabresi di nuova generazione, desiderosi di conoscere la terra dei padri e dei nonni. Si pensi alle possibilità di interscambio commerciale con le nostre tipicità che hanno conquistato il mondo intero, ma ancora sfruttate se non in misura ridottissima. E la possibilità di creare rapporti commerciali e industriali tra operatori calabresi dell’estero e le occasioni che il nostro territorio è in grado di supportare e garantire.

E qui torniamo alla Calabria di 40 anni fa: questa è una terra non a vocazione industriale (ci sono state solo operazioni su misura di rapaci imprenditori del Nord, poi miseramente – per la regione – fallite) ma ha comunque delle magnifiche realtà industriali nel campo dell’agro-alimentare e della tecnologia che avrebbero bisogno di partner importanti. L’agricoltura non è più quella raccontata da Perna, in quarant’anni molte cose sono cambiate: i giovani stanno tornando alla terra, apportando competenze e tecnologie prima davvero impensabili. Il turismo e la cultura sono, invece, le vocazioni naturali di questa regione: lo si deduce chiaramente dal suggestivo filmato di Perna (che è firmato per la regia da un’altra calabrese che ha fatto carriera, la scrittrice e giornalista Annarosa Macrì, già in redazione con Enzo Biagi). Un percorso con lo sguardo al passato per scrutare nel futuro. (s)

Per gentile concessione del Quotidiano del Sud pubblichiamo il ricordo di Tonino Perna e di Annarosa Macrì di quella straordinaria esperienza televisiva.