Il consigliere metropolitano Filippo Bova, delegato alla Sanità, dopo il Consiglio comunale e metropolitano “aperto” celebratosi in piazza Italia sulla Sanità a Reggio e territorio metropolitano ha affidato a una nota stampa le sue riflessioni sull’annosa questione.
«La Sanità italiana, calabrese e specificamente reggina, in questo momento, è fortemente condizionata dal fattore economico. – afferma Filippo Bova – Gli sprechi degli ultimi anni e la disorganizzazione si sono rivelati nel modo più drammatico: e questo non tanto per la concreta impossibilità della gente d’essere curata in modo tempestivo ed efficace, da queste parti siamo di buon cuore e certamente questioni simili non inducono gli operatori a lasciare alcun utente senza cure, pur coltivando l’arte d’arrangiarsi. Certo però i “pannicelli caldi” non bastano; e sotto questo profilo, la Sanità reggina va completamente rifondata. Chiaramente, i debiti e gli sprechi accumulatisi, poi, pesano come un macigno: senza azzerare il megadebito dell’Azienda sanitaria provinciale di Reggio Calabria non si può ripartire. Mi rendo conto – aggiunge il consigliere Bova – che quella inoltrata al Governo centrale di sgravare l’Asp reggina dall’intero debito accumulato possa essere considerata una richiesta esagerata: otterremo il possibile, è chiaro. Di certo non si può essere drastici, draconiani nell’imporre un Piano di rientro “lacrime e sangue” che i cittadini reggini non potrebbero sostenere: al più, si potrebbe fare ricorso a una rateizzazione significativa, o drenare risorse anche arginando un uso poco accorto dei farmaci o restringendo la platea dei posti-letto disponibili».
Ad avviso di Bova, tuttavia, non è solamente la questione-finanze a determinare un vulnus circa quantità e qualità delle prestazioni erogate nel Reggino: «Esiste un problema almeno altrettanto significativo che concerne l’organizzazione. Credo fortemente che la Sanità debba essere governata dalla politica, in quanto solo la Politica, quella con la “P”, conosce le necessità di una comunità, le varie problematiche, persino l’incidenza di certe patologie per poter offrire risposte idonee: la mancanza della “filiera” Regione – Assessorato regionale alla Sanità – dg – Direzione strategica – direttori di dipartimento è la causa determinante della disorganizzazione.
Naturalmente non sono mancati i tentativi di tributare un imprinting manageriale alla governance di Azienda sanitaria e ospedaliera, vero; il punto però – asserisce il consigliere comunale e metropolitano – è che molti manager non hanno la benché minima idea né d’economia sanitaria né degli specifici bisogni del nostro territorio. E allora, non mi sta bene l’elenco nazionale con gli abilitati al top management dal quale si sarebbero dovuti “pescare” i nomi più adatti, ma non vanno bene neppure queste nomine commissariali, che in qualche modo sempre dalla politica discendono. La verità è che il politico che dispone nomine di questo tipo non dovrebbe mai porsi la questione dell’utile elettorale, bensì della loro effettiva incidenza positiva sulla Sanità territoriale. Mi vanno benissimo Cotticelli, Scura o, ieri, Cetola, però questi commissari debbono comunque garantire risultati di un certo tipo: e la rassicurazione in questo senso dovrebbe essere offerta dal curriculum vitae e dalla già dimostrata capacità di questi commissari di governare meccanismi complessi afferenti alla Sanità. Servono dunque manager che sappiano bene cosa significa “Sanità” e che, soprattutto, conoscano bene i territori di riferimento. Dunque, dire “via la politica della Sanità” in concreto non è possibile né auspicabile: il sottotesto si deve leggere non come invito alla cooptazione di tecnici dal know-how assolutamente improbabile rispetto alla materia sanitaria, ma a inserire “le persone giuste al posto giusto”».
Anche la lotta agli sprechi va sicuramente perseguita, ma ad avviso di Filippo Bova «sarebbe inutile lanciarsi in una perniciosa “caccia alle streghe”: basterebbe, anzi, annullare i 300 milioni annui d’importo dei “viaggi della speranza” da parte dei cittadini calabresi per procurare le risorse necessarie agli investimenti non più rinviabili. La verità è che la gente migra al Nord non solo per terapie oncologiche complesse, ma anche per farsi operare d’appendicite o di colecisti, e a volte sol perché c’è una situazione alberghiera più confortante: ridurre la migrazione sanitaria servirebbe alla nostra utenza, ma costituirebbe anche il grimaldello per ripianare il debito dell’Asp reggina e per colmare gli organici carenti, in molti casi anche consentendo il ritorno in condizioni ottimali di grandi professionisti reggini e calabresi che in atto operano al Nord. Altri sprechi? Non puoi certo dar meno medicine o depauperare gli organici di vari ospedali o vari reparti – evidenzia il consigliere metropolitano delegato alla Sanità –, serve massimizzare le risorse che in questo momento si sprecano a causa della migrazione sanitaria oltre che, naturalmente, ottimizzare quel che già c’è. Un capitolo affine attiene all’appropriatezza delle cure, ad esempio l’uso appropriato dei posti-letto in ospedale: il nostro Pronto soccorso è intasato perché la medicina del territorio non funziona più come un tempo. Invece, gran parte delle patologie potrebbe essere curata a domicilio, per esempio; andrebbero sfruttate meglio anche le potenzialità del day hospital. Se si gestisse l’ospedale o la medicina territoriale con criteri privatistici, “come fosse casa tua”, si otterrebbero risultati nettamente migliori».
Tra le tematiche di più stringente attualità, non manca un riferimento all’emergenza-dializzati. «La questione emerse un paio d’anni fa, e proprio io come delegato alla Sanità della MetroCity proposi con forza di creare un “tavolo tecnico” interistituzionale finalizzato a risolvere il problema – rammenta Filippo Bova –. L’idea era di creare un Centro dialisi all’ex-Enpas, ma oggi purtroppo stiamo tornando al “calvario” di prima, con pazienti costretti a recarsi dall’altra parte dello Stretto due volte a settimana per esercitare il proprio diritto alla salute, e questo malgrado i tre posti-letto ricavati al “Tiberio Evoli” di Melito Porto Salvo e i tre ottenuti al Grande ospedale metropolitano, a costo di grandi sacrifici. Eppure, la strada rispetto alla dialisi è tracciata: i pazienti e l’Aned sono con noi, c’è anche un progetto che permetterebbe di ottenere un Centro dialisi nel giro di 3-4 mesi. E se nel breve-medio periodo non si riesce a garantire una risposta pubblica efficiente, in via temporanea si ricorra pure al privato convenzionato: il nefropaziente reggino va curato a Reggio. Il nodo – così il consigliere Bova – resta comunque sempre la mancanza di governo della Sanità: con chi ne parli? Se alla guida dell’Asp si succedono commissari differenti ogni 6 mesi, la soluzione si allontana: al timone della Sanità reggina e calabrese serve una governance seria, duratura e trasparente». (rrc)