di PIETRO MASSIMO BUSETTA – Uno studente universitario fuori sede tra tasse, alloggio, pasti, trasporti, materiale didattico, sport e salute spende in media In un anno 17.490 euro. Ma che arrivano a 19 mila euro se ha scelto una sede universitaria al Nord, 17.343 se ha optato per un ateneo al Centro Italia e 14.209 euro se al Sud.
I dati sul caro studio universitario sono stati presentati nel corso di una conferenza stampa alla Camera organizzata da Udo e Federconsumatori e vogliono mettere in evidenza come in realtà il costo della formazione universitaria sia particolarmente elevato e provoca una selezione che consente la frequenza dell’università solo alle classi più abbienti.
In un Paese che ha pochi laureati e che deve competere con i Paesi più avanzati, per mantenere i livelli di esportazioni attuali e quote di mercato in crescita, avere un capitale umano di eccellenza diventa indispensabile. E serve non solo avere una classe dirigente con livelli di istruzione adeguati molto ampia, ma anche sceglierla tra una base più ampia possibile.
Perché tra coloro che vengono esclusi per mancanza di possibilità economiche, potrebbero esserci anche premi Nobel della fisica, per esempio, dei quali fare a meno significa una perdita difficilmente valutabile. Purtroppo con i pochi aiuti esistenti in questo momento per frequentare le università e con i costi, in crescita, riportati é facile che molti di coloro che potrebbero dare risultati brillanti possano essere esclusi dall’alta formazione.
In una situazione pessima come quella descritta si aggiunge che una percentuale ampia degli studenti meridionali vanno a frequentare le Università del Nord.
Un antico proverbio siciliano recita: “cu nesci, arrinesci”. Che tradotto vuol dire chi riesce ad emigrare avrà successo. In questa massima sta tutta la mancanza di autostima del popolo meridionale. Negli anni più recenti peraltro la qualità del processo formativo delle università meridionali è migliorata notevolmente tanto che alcune sono in moltissimi settori considerate delle eccellenze nazionali.
L’Agenzia nazionale di valutazione del sistema universitario e della ricerca (Anvur) ha reso nota la classifica dei migliori dipartimenti delle università italiane, inserendone nell’elenco dei primi 350 anche quattro calabresi: due sono all’Università della Calabria (Ingegneria meccanica, energetica e gestionale e Ingegneria civile), uno alla Mediterranea di Reggio Calabria (Ingegneria dell’Informazione, delle Infrastrutture e dell’Energia Sostenibile) e uno alla Magna Graecia di Catanzaro (Giurisprudenza, Economia e Sociologia).
E lo stesso discorso potrebbe essere fatto per molti dei dipartimenti della Federico II, piuttosto che dell’Università di Palermo. Per quanto attiene i trasferimenti l’ultimo Rapporto AlmaLaurea registra che le migrazioni per motivi di studio sono quasi sempre dal Mezzogiorno al Centro-Nord: il 28 per cento dei giovani del Sud decide di conseguire la laurea in atenei del Centro e del Nord.
Per questo al di là di alcune eccellenze che hanno già iniziato il precorso, bisognerebbe capire che è molto importante potenziare il sistema universitario al Sud. Infatti scorrendo le tabelle dell’ultimo rapporto Anvur, che ha selezionato i 180 dipartimenti di eccellenza degli atenei statali per il quinquennio 2023-2027, si vede bene che l’unica grande università del Sud e Isole sopra la media è la Federico II di Napoli, che da qualche anno ha intrapreso un percorso molto virtuoso.
E tale evidenza incide sull’emigrazione dei ragazzi che abbandonano i loro territori fin dalla Universitá e che è un fenomeno che recentemente si é amplificato. E che ha origine da molte motivazioni: la prima principale è quella che le professionalità di livello più elevato hanno difficoltà, in una realtà che manca del settore manifatturiero, a trovare lavoro che rispecchi il loro livello di formazione e che preveda un percorso di carriera tale da permettere gli avanzamenti temporali normali. Parlo di ingegneri elettronici, di chimici, di geologi che per trovare immediatamente lavoro e possibilità di crescita preferiscono frequentare una università del Nord.
Il secondo motivo è relativo all’esistenza di un pregiudizio da parte di molte aziende localizzate nel Nord, che ritengono il livello di formazione medio dell’università meridionale più basso di quelle più titolate, come la Bocconi o la Luiss, che fa il paio con la terza ragione che prevede una sorta di mancanza di autostima delle genti meridionali che ritengono qualunque attività fatta nel nord del Paese, dalla sanità all’università, di livello più elevato, per definizione, rispetto a quella che si può svolgere in un ospedale piuttosto che in una università meridionale.
Alcune volte il giudizio corrisponde alla realtà, molte altre si tratta solo di un pre-giudizio dovuto ad una comunicazione complessiva distorcente la realtà. Quella stessa che troviamo nel film Benvenuti Al Sud e che con grande senso dell’umorismo Claudio Bisio e Alessandro Siani hanno dipinto in modo eccelso.
Il danno di un tale percorso ha diverse facce: una prima è quella relativa al fatto che le migliori intelligenze non servono allo sviluppo del Mezzogiorno ma a quello di altre parti del Paese spesso anche di nazioni straniere. Una seconda riguarda il fatto che comincia un trasferimento di risorse dopo la scuola media superiore che si completa con l’acquisto spesso della casa da parte dei genitori nelle aree di accoglienza, che vedono aumentare il valore del loro patrimonio immobiliare a scapito di quello del Sud.
Ribaltare tale andazzo non è semplice, recuperare l’orgoglio dell’appartenenza dopo 160 anni e più di svilimento dell’identità meridionale, che trova la sua sintesi nella copertina di Der spiegel, che in realtà guardava a tutto il Paese, che ritraeva un piatto di spaghetti con una pistola sopra, non è certamente facile anche se il processo è iniziato e un impeto di orgoglio di molti meridionali sta venendo fuori.
Un esempio per tutti la napoletanità che da che era un marchio indelebile da museo lombrosiano sta diventando un valore aggiunto. In tale percorso diventa fondamentale il ruolo dei media che il Quotidiano del Sud contribuisce a svolgere da parecchi anni. (pmb)
[Courtesy Il Quotidiano del Sud – l’Altravoce dell’Italia]