di FRANCO CIMINO – Bella serata, sabato, alla Biblioteca Comunale, spazio però troppo piccolo per contenerla bene.
C’era in bella mostra della sua elegante composizione, quasi anche plasticamente oggetto da tenere sul mobile più bello della casa, il volume, il primo cui ne seguiranno altri due, “Catanzaro negli anni cinquanta”, un “ voluminoso” volume, di pochi testi e di molte foto, della Città di quel decennio davvero storico.
Un bel lavoro, edito da una casa editrice molto impegnata sul piano culturale e della ricerca di storie umane e dei luoghi da raccontare per ritrovarsi insieme e discutere anche sui fatti, che ci erano sfuggiti. O che non abbiamo ben compreso. Una bella serata, dicevo. C’era l’editore anche nella sua veste di coautore del libro. Al suo fianco, un anziano signore, bello nel suo aspetto, fine nel suo portamento ed elegante nella esposizione del suo racconto personale, come nel suo porgersi ai presenti con la sua parola nutrita di sensibilità e cultura.
C’era in fondo al tavolo, raggomitolato nella sua nota umiltà e riservatezza, con timidezza aggiuntiva, un giornalista pulito, onesto, sincero, dalla penna raffinata come il suo sguardo attento su ciò che rappresenta con i suoi scritti illuminanti. È stato detto, in verità ripetuto, ciò che tutti pensiamo di lui, essere uno dei migliori giornalisti che si possano leggere oggi in Italia. C’era un bel pubblico, non giovanile, francamente, dettaglio da non sottovalutare o riferire ai soliti limiti organizzativi, che richiamiamo spesso per nascondere il problema. Ma i presenti erano di quelli “tosti”, persone attente. Pensose.
C’era il sindaco, che insolitamente si è fermato un po’, rispetto alle infuocate agende dei primi cittadini, prima di andare dopo il suo articolato interessante intervento. C’era Carlo Stella, il mitico fotografo di un tempo da raccontare se lo si è visto o vissuto. Da sognare se lo si volesse cercare nel desiderio. Le foto straordinarie, anche per il loro valore tecnico e artistico oltre che per quello storico e culturale, di tutto il volume, sono le sue. Vederle, leggerle oltre le immagini in quel bianco e nero, che parla tanto e tanto a tutti ancora dice. C’era, quindi, la fotografia, come protagonista della narrazione. La fotografia, che è arte e storiografia nel contempo.
Lo è pure involontariamente, il che la rende più vera e preziosa. Ché nessuna scrittura, anche specialistica, riesce a conservare e a fermare quell’attimo in cui si fa la vita vera delle comunità e delle persone, e dal quale si muove quella testimonianza oggettiva, quasi anche materiale, che è lezione e monito, analisi postuma di quel che si era. Condanna per ciò che non è stato tratto e fatto da quella lezione, e incoraggiamento a realizzare grandi cose, che da quella storia sono ancora “dettate”. C’era quindi, silenziosa e per nulla discreta, la Politica, quella vera, che è analisi della realtà, critica della stessa, autocritica delle responsabilità( e tra i presenti, tutti, se ne sentiva molta), tracce di visione del domani, attraverso il pieno accoglimento di quel ieri dimenticato. O, per le nuove generazioni, non conosciuto. C’era la nostalgia, perché negarlo?
Piena come il ricordo di noi, melanconica come il pensiero per chi non c’è più, rotonda come la speranza e la luna di Catanzaro, fresca come l’aria del nostro cielo, ancora vivace, come il vento che si muoveva sui cappelli degli uomini antichi e sui capelli delle donne tutte bellissime come le nostre mamme. La nostalgia, come sentimento e non come ritorno triste a un tempo che non c’è più e noi in esso. No, la nostalgia è bella, se carezza il tempo e lo felicita della nostra intima gioia di esserci stati e di esserci ancora. Questi uomini dietro quel tavolo elegante della biblioteca, sono Riccardo Colao, l’editore di Titani Editori, e coautore, il cavaliere Gioacchino Concolino, coautore, Lello Nisticó, il giornalista.
E, non per ultimo, ma perché il primo, mi si lasci passare questa strana classifica, Marcello Furriolo, che non è solo anch’egli autore e ideatore dell’opera “storico-letteraria”, ovvero il custode dell’immenso archivio di Carlo Stella, ma l’uomo, dal pensiero ampio e profondo, che ha una lunga storia personale, non dietro ma sulle spalle ancora forti.
È storia politica, culturale, umana. È storia catanzarese. Ne dico da testimone, e con tenerezza “catanzarese” e con obiettività di osservatore, non solo con sentimento di amico. Ne dico per la soddisfazione di aver ascoltato, da lui, ieri sera, una bella lezione sulla storia di quegli anni con notizie nuove e importanti, che io stesso non conoscevo.
E con proposte, il Museo della Fotografia, qui, nel capoluogo e nella Città dei fotografi artisti, veramente straordinaria. Una buona lezione politica, contenente anche severità di giudizio e coraggio della parola. Una lezione, che potrà, con il libro sul tavolo, aprire una seria e sincera discussione sulla Città di oggi. Sulle responsabilità del passato.
E su quella, che tutti insieme, divisioni politiche e ignoranze strumentali da abbattere, abbiamo il dovere di costruire. Tanti di noi su quei sogni lontani. Sogni, che, sulle ali proprio di questa nostalgia, potranno diventare idee per una progettualità moderna che riporti Catanzaro, la Città bellissima ancora, al centro del “mondo”.