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REGGIO: AL MUSEO LA MAGNA GRECIA DI TANINO DE SANTIS

20 luglio – C’è una mostra, all’interno del Museo Archeologico di Reggio da non perdere assolutamente: per la prima volta vengono esposti al pubblico i pezzi della straordinaria collezione di Tanino De Santis, donati al Museo nel 1959 ma rimasti fino ad oggi conservati nei depositi. Il nome di Tanino De Santis non è molto conosciuto, eppure questo giornalista-archeologo è stato in prima linea nella difesa dei beni culturali e del territorio calabrese, un precursore di battaglie per il patrimonio artistico che solo da poco tempo si sono fatte sempre più frequenti. C’è tanto di Magna Grecia nella collezione De Santis, a testimonianza di una vita spesa per la tutela e la valorizzazione del patrimonio della Magna Grecia.
La mostra sarà inaugurata questo pomeriggio alle 17.30 e, di certo, attirerà, a buon diritto, la massima attenzione ben oltre i confini regionali. L’evento rientra nel calendario delle iniziative nell’Anno Europeo del Patrimonio Culturale. Insieme ai curatori, interverranno all’Inaugurazione rappresentanti istituzionali e personalità del mondo della cultura. Sarà presente, tra gli altri, Franco Bettarini, il Sindaco di Francavilla Marittima, borgo nell’alto Jonio cosentino, di cui de Santis era originario.
I visitatori troveranno un suggestivo percorso espositivo archeologico-biografico, curato dal direttore del MArRC, Carmelo Malacrino, insieme con Maurizio Paoletti, docente di Archeologia Classica presso l’Università della Calabria e membro del Comitato Scientifico del Museo, e Daniela Costanzo, archeologa tra i nuovi assunti dal MiBACT.
Saranno esposti per la prima volta oltre 400 reperti, dalla preistoria all’età tardo romana, della collezione di Tanino de Santis, lasciata in eredità al MArRC nel 2015. Dopo un’accurata attività di restauro, inventariazione e catalogazione, che ha visto la collaborazione tra diverse professionalità museali, queste straordinarie testimonianze della storia dell’antichità calabrese saranno presentate in un allestimento volto a valorizzare la figura di de Santis, tra i personaggi più rilevanti nel dibattito archeologico del Novecento in Calabria.

Medaglia d’argento della Presidenza della Repubblica Italiana come benemerito della cultura e dell’arte, de Santis fu tra l’altro fondatore e direttore della rivista “Magna Graecia. Rassegna di archeologia, storia, arte, attualità”, dal 1966 al 2003, rivolta «ai custodi di antiche memorie, agli studenti, alle persone colte, a quanti conoscono bene l’atmosfera di disinteresse che nel Mezzogiorno troppo spesso accoglie e mortifica le realizzazioni informate alla cultura e all’arte». Dalle pagine della sua testata interdisciplinare, de Santis condusse importanti battaglie civili in difesa del patrimonio culturale e paesaggistico calabrese. Per questo impegno fu anche vittima di un attentato.
La mostra riveste, quindi, un particolare interesse culturale e civile, per l’importanza dei contenuti materiali e per il rilievo della personalità del “giornalista prestato all’archeologia”, come ha definito de Santis l’archeologo Paoletti nel catalogo che accompagna la mostra.
Tra gli oggetti esposti per la prima volta al pubblico anche la pregiata Pelike a figure rosseche de Santis aveva donato al Museo fin dal 1959, finora rimasta conservata nei depositi. Il noto studioso di ceramografia italiota Arthur Dale Trendall individuò nell’opera i tratti stilistici di un pittore che, proprio dallo studio del vaso, ribattezzò “de Santis”. In mostra, anche manoscritti e documenti in collaborazione con la Biblioteca umanistica dell’Università della Calabria.
Il direttore Malacrino non nasconde la sua soddisfazione: «Siamo orgogliosi di questa esposizione, di enorme valore culturale e civile per la comunità calabrese, che è il frutto di un lavoro di équipe dei professionisti e del personale del Museo, con la collaborazione dei volontari del Servizio Civile Nazionale. Con un lavoro di squadra, in poco tempo, presentiamo un eccezionale patrimonio archeologico e storico. Gli oggetti collezionati da de Santis e donati al MArRC sono un racconto sulla Calabria antica e, allo stesso tempo, rappresentano una testimonianza importante della storia dell’archeologia calabrese. La visita alla mostra è l’occasione per un viaggio narrativo ricco di suggestioni».
Si tratta di una esposizione rivolta al grande pubblico e in particolare alla società calabrese, in quanto – spiega Maurizio Paoletti– «de Santis aveva capito già negli anni Cinquanta l’importanza del rapporto tra l’archeologia culturale e il mondo contemporaneo. Nel suo impegno in difesa del patrimonio storico, artistico e paesaggistico, fu un antesignano. Questo “giornalista prestato all’archeologia” ha condotto fondamentali battaglie in difesa dei beni culturali e del territorio, lasciando agli specialisti la parola». Poi, il professore dichiara: «Questa collezione è stata resa fruibile nell’arco di un solo anno, in un lavoro di squadra. È l’esempio di un museo che funziona e che dialoga con i cittadini, che non è solo conservazione, ma è comunicazione intelligente».
«La collezione de Santis rappresenta un viaggio nella storia della Calabria, una vera “miniera archeologica”, come lo stesso Tanino descriveva la nostra regione», afferma Daniela Costanzo. «Essa raccoglie oggetti databili dal Neolitico all’età tardoantica, raccolti nel corso di svariati anni in cui de Santis si è prodigato per la conoscenza e la valorizzazione del territorio e del suo paese natale, Francavilla Marittima. Anche grazie alle segnalazioni sue e del padre Agostino, infatti, questo sito è divenuto centro di fertili ricerche che continuano ancora oggi e hanno messo in luce un’importante necropoli dell’età del Ferro, settori di abitato e luoghi di culto di età arcaica». Ceramiche, bronzi, ambre, frammenti architettonici raccontano la vita e le storie delle popolazioni autoctone, gli Enotri, e del loro incontro con i Greci di Sibari, la fase magnogreca, il subentrare delle popolazioni italiche e in seguito dei Romani. «L’esposizione dei reperti archeologici si affianca al materiale bibliografico del “Fondo de Santis” gentilmente prestato dalla Biblioteca di Area Umanistica della Calabria – continua l’archeologa – e a ricostruzioni in grado di trasmettere ai visitatori le funzioni d’uso degli oggetti esposti». (rrc)