Il Comitato Reggio non si broglia ha incontrato, nei giorni scorsi, il prefetto di Reggio Calabria, Massimo Mariani, in merito alla mancata convocazione del Consiglio comunale aperto, «così come richiesto dai cittadini con la sottoscrizione delle firme in base all’art.36 del regolamento sulla partecipazione popolare e dello statuto comunale».
Il Prefetto ha assicurato che l’amministrazione comunale, nella persona del presidente del Consiglio, Enzo Marra, sarà a breve interpellata per capire quale sia il motivo della mancata convocazione.
«La richiesta – ha ricordato il Comitato – presentata il 18 marzo e sollecitata con diverse comunicazioni del Comitato, non ha avuto alcun seguito, e viene tenuta nel cassetto di Palazzo San Giorgio, facendo finta di ignorare una legittima richiesta, evidentemente non riuscendo a trovare una scusa formale per rigettarla. A questo punto, le rimostranze del Comitato non riguardano solo i brogli elettorali, ma anche la gestione istituzionale del Municipio reggino e, soprattutto, del Consiglio comunale relegato, nelle poche occasioni in cui si riunisce, a mero momento di esercizio del potere politico esercitato in maniera arbitraria ed una prezzo alle regole stesse dell’iniziativa popolare».
«La battaglia è, dopo mesi di muro di gomma da parte della politica nei palazzi – ha continuato Reggio non si Broglia – quella della difesa della democrazia e della legalità, principi troppo spesso enunciati ma rispetto ai quali non si vuole neppure attivare un dibattito aperto alla cittadinanza. Una città sommersa dai rifiuti ed abbandonata al degrado che viene mortificata anche nelle richieste di partecipazione popolare».
«Il prefetto Mariani – hanno detto ancora – ci ha assicurato il massimo impegno per garantire il rispetto delle regole statutarie e il corretto funzionamento delle istituzioni municipali. Il comitato non molla e nel rispetto di chi rappresenta lo Stato affronta con cautela ma fermezza il tentativo di celare dietro una coltre di silenzi la giusta rivendicazione di verità e responsabilità politica, prima ancora che giudiziaria di chi amministra la cosa pubblica». (rrc)