Il prof. Pietro Vitelli, responsabile del Comitato Difesa Consumatori, a seguito di numerose richieste da parte di cittadini di comprendere che cosa e come si devono comportare In attesa del Digital Green Certificate (DGC), ha spiegato come funzione e quando serve.
Si tratta, prima di tutto, di «un documento che permette anche a chi vive in zona rossa o arancione di spostarsi in ambito nazionale, accertando l’avvenuta vaccinazione, la guarigione dal Covid-19 o la negatività al virus attraverso un tampone antigenico rapido o molecolare. Tra qualche giorno ossia da metà maggio arriverà anche per i turisti che visitano l’Italia».
«Come già accennato – ha spiegato – ossia da metà maggio saranno in vigore in tutta Italia i pass verdi nazionali, i nuovi lasciapassare che permetteranno ai turisti stranieri di visitare l’Italia e di spostarsi da un paese all’altro evitando la quarantena. È ciò che ha anticipato il premier Mario Draghi in occasione dell’ultima riunione ministeriale del G20 Turismo dichiarando che Il Lasciapassare Verde è lo strumento che stabilisce le nuove linee guida per una ripresa del settore turistico a livello nazionale e mondiale. Il Comitato Difesa Consumatori, con un linguaggio semplice, cercherà di fare comprendere cosa sono i “lasciapassare verdi” ossia sono i documenti che permettono di spostarsi in tutta Italia, anche se si vive in zona arancione o rossa».
«Altro non sono – ha proseguito il prof. Vitelli – che certificazioni che vengono rilasciate in ambito regionale (Lazio e Puglia hanno iniziato a rilasciarli a chi ha completato il ciclo vaccinale), valide solo sul territorio nazionale e fino all’entrata in vigore del cosiddetto Digital Green Certificate (GDC), previsto per il mese di giugno. Il nuovo documento conterrà un Codice QR per verificarne digitalmente l’autenticità e la validità. Oltre che in ambito nazionale, il nuovo pass consentirà di muoversi anche all’interno dei Paesi dell’Unione europea. Ma vediamo di capire come funzionerà il Green pass attualmente in vigore».
Comitato Difesa Consumatori ricorda che le “certificazioni verdi” previste finora, servono per muoversi liberamente sul territorio nazionale, anche tra regioni e province autonome in zona arancione e rossa, e possono attestare una di queste tre condizioni ma vediamo quali sono:-Vaccinazione anti-Sars-CoV-2, al termine del prescritto ciclo il pass ha una validità di sei mesi ed è rilasciato in formato cartaceo o digitale, su richiesta dell’interessato, dalla struttura sanitaria che effettua la vaccinazione contro il Covid. La certificazione sarà disponibile anche nel consultando il fascicolo sanitario elettronico del paziente.
«Oltre che riportare le generalità dell’interessato – ha detto ancora Vitelli – il certificato deve indicare la sua data di nascita e anche alcuni dettagli relativi alla vaccinazione. Deve riportare la malattia o agente bersaglio, il tipo di vaccino eseguito, la denominazione del vaccino o l’indicazione del titolare dell’autorizzazione all’immissione in commercio. Il documento deve anche indicare il numero della dose effettuata e il numero totale delle dosi previste, la data dell’ultima somministrazione effettuata, lo Stato membro in cui è stata effettuata la vaccinazione, la struttura che detiene il certificato e il suo identificativo univoco».
«In caso di guarigione e termine dell’isolamento – ha detto ancora – in seguito all’infezione la certificazione ha una validità di sei mesi ed è rilasciata, su richiesta dell’interessato, in formato cartaceo o digitale, dalla struttura presso la quale è avvenuto il ricovero del paziente affetto da Covid-19, ovvero, per i pazienti non ricoverati, dai medici di medicina generale e dai pediatri di libera scelta, ed è resa disponibile nel fascicolo sanitario elettronico dell’interessato. La certificazione cessa di avere validità qualora, nel periodo di vigenza semestrale, il cittadino sia positivo al Sars-CoV-2. Le certificazioni di guarigione rilasciate precedentemente dall’entrata in vigore del decreto sono valide per sei mesi a decorrere dalla data indicata nella certificazione. In questo caso, il certificato deve necessariamente riportate alcune informazioni. Oltre ai dati anagrafici, sul documento devono essere indicati la data del primo test positivo, lo Stato membro in cui è stata certificata la guarigione, la struttura che ha rilasciato il certificato, l’identificativo univoco del certificato e la sua validità».
Per chi ha eseguito il test antigenico rapido o molecolare con esito negativo la certificazione ha una validità di quarantotto ore dal rilascio ed è prodotta, su richiesta dell’interessato, in formato cartaceo o digitale, dalle strutture sanitarie pubbliche da quelle private autorizzate e accreditate e dalle farmacie che hanno svolto il tampone antigenico rapido o molecolare, ovvero dai medici di medicina generale o pediatri di libera scelta facendo attenzione che la certificazione oltre ai dati anagrafici del soggetto, dovrà essere riportato la malattia o l’agente bersaglio, la tipologia di test effettuato, il suo nome e il produttore. Sul documento devono inoltre essere indicati la data e l’orario della raccolta del campione e quelli del risultato del test, il centro o la struttura che lo ha eseguito, lo Stato membro, la struttura che detiene il certificato e l’identificativo univoco.
«Il tema del passaporto vaccinale, secondo il Garante – ha aggiunto Vitelli – il Green pass è partito già con alcuni problemi relativi alla privacy. Per questo motivo ha inviato al Governo un avvertimento formale con cui chiede che vengano superate alcune criticità. In primo luogo, il nodo riguardo il tempo di conservazione dei dati raccolti: nel caso del tampone negativo, infatti, il dato andrebbe cancellato dopo 48 ore, dal momento che poi diventerebbe inutile rispetto allo scopo iniziale. La sicurezza dell’infrastruttura che gestisce questa enorme mole di dati è un altro punto cruciale, un problema su cui il Garante invita il Governo a vigilare. L’intervento di malintenzionati potrebbe infatti mettere a rischio la fotografia sanitaria di milioni di persone. Il terzo punto individuato dall’Autorità riguarda la possibile contraffazione del certificato, il rischio è infatti quello che il cittadino utilizzi il Green pass pur non avendone titolo».
«Vero è – ha concluso Pietro Vitelli – il Garante privacy non è l’unico ad aver sollevato alcune perplessità riguardo lo strumento del Green pass e il rilascio delle certificazioni per i cittadini. Federfarma, l’associazione che rappresenta le farmacie italiane, ha recentemente scritto una nota al ministero della Salute evidenziando come non tutte le farmacie che effettuano i tamponi siano strutturate per consentire il rilascio delle certificazioni. Anche la Fimmg, il sindacato che rappresenta i medici di famiglia, ha invitato gli iscritti a soprassedere al rilascio di certificazioni per le persone guarite dal Covid, in attesa di ulteriori chiarimenti da parte del Garante per la protezione dei dati personali. Per chiarire i dubbi più frequenti, il Ministero della Salute a tale riguardo ha pubblicato una serie di faq sul proprio sito». (rrm)