REGALO DI NATALE: SACAL TORNA PUBBLICA
ORA SERVE FARE RETE CON GLI AEROPORTI

di SANTO STRATI – Regalo di Natale ai calabresi: la Sacal, società che ha in gestione i tre aeroporti regionali, torna pubblica, dopo il blitz che l’aveva fatta diventare un’azienda privata. Una buona notizia per i viaggiatori degli aeroporti calabresi, ma soprattutto un anelito di speranza per gli scali di Reggio e Crotone, fino a oggi trascuranti, dimenticati, destinati quasi inevitabilmente alla chiusura. 

Il Consiglio regionale, nell’ultima seduta dell’anno (la quarta, per l’esattezza dalle elezioni di settembre)  ha approvato la delibera che autorizza la Fincalabra, società in house della Regione, ad acquisire le quote che con estrema disinvoltura (da parte dei privati) e molta leggerezza e disattenzione (da parte pubblica) avevano trasformato la Sacal in una società a capitale privato. 

Un’operazione che lo stesso Presidente Occhiuto aveva “scoperto” allarmando l’Enac (l’ente erogatore delle concessioni degli aeroporti) portando la stessa a ventilare la pressoché certa revoca della licenza alla società lametina. 

Il ritorno al pubblico può significare molto, ma anche risolversi in una gattopardesca ammuina: cambiare tutto perché nulla cambi. Il problema principale da affrontare per Roberto Occhiuto riguarda, difatti, la necessità di avviare una vera e propria rivoluzione nella policy aziendale della Sacal con una governance che abbia un unico, irrinunciabile obiettivo: fare rete fra i tre aeroporti calabresi. Valorizzando ogni scalo, con una mutualità di intenti, per favorire crescita e sviluppo della mobilità aerea, a tutto favore dei cittadini calabresi che, con esclusione dello scalo lametino, hanno dovuto, in gran parte rinunciare a servirsi degli aeroporti di S. Anna (a Crotone) e dello Stretto (a Reggio).

Quest’ultimo è quello messo peggio e la cosa più incredibile e che, a distanza di tre anni dallo stanziamento “inaspettato” di 25 milioni dalla finanziaria 2019 (grazie a un accorto e abilissimo colpo di mano dell’on. reggino Francesco Cannizzaro), e l’aggiunta di altri tre milioni di fondi dalla coesione territoriale, ancora non sia stato piantato un chiodo per la ristrutturazione dello scalo. 

Ristrutturazione, peraltro, contestatissima – nonostante i grandi annunci e le slide illustrative presentate con grande enfasi nell’agosto 2019 – e criticata anche dal viceministro alla Mobilità e alle Infrastrutture Alessandro Morelli, oltre che dal Comitato per l’Aeroporto e privati imprenditori. Si tratta, a parere di chi se ne intende, di interventi inutili e di scarso rilievo, visto l’entità del finanziamento. Con la stessa somma – secondo un progetto presentato da una società privata che fa riferimento all’imprenditore reggino Pino Falduto (già assessore della primavera reggina con Italo Falcomatà) si può realizzare un aeroporto completamente nuovo, innovativo e funzionale, che faccia uso dello scalo ferroviario mai utilizzato e metta l’aerostazione al centro degli interessi del quadrante sud della città dello Stretto. E, non dimentichiamolo, riapra la funzionale attività con soluzioni di mobilità che vadano incontro alle esigenze di volo dei dirimpettai messinesi, ai quali farebbe comodo rinunciare a partire da Catania Fontanarossa e utilizzare lo scalo reggino.

È di qualche giorno fa l’imbarazzante episodio di un cane a zonzo lungo la pista dello scalo di Reggio che ha impedito il regolare atterraggio del volo da Milano. Se non fosse drammatica la situazione, si potrebbe anche indulgere al sorriso, ma la verità è che non con una rete da pollaio che si risolvono i problemi dell’Aeroporto dello Stretto, occorre finalizzare gli interventi perché lo scalo riprenda la sua piena operatività, con orari ragionevoli e prezzi ugualmente non criminali (perché il volo da Lamezia costa un terzo di quello da Reggio?) e, soprattutto mettere mano alla cosiddetta continuità territoriale che permetterebbe ai reggini (e probabilmente anche ai messinesi) di godere di tariffe agevolate, visto il disagio della regione rispetto al resto d’Italia. La continuità territoriale è applicata, con buon successo, in Sardegna e in Sicilia, con tariffazione per i residenti che agevola la mobilità e attenua le difficoltà di spostamento, ma – incredibilmente – nessuno provvede a mettere mano a un provvedimento che possa attuare questa facilitazione anche per la Calabria. 

Senza dimenticare che tuttora permangono limitazioni di volo sullo scalo reggino che non sarebbe difficile superare. Ne riparleremo.

Il Consiglio regionale ha votato l’acquisizione delle quote Sacal, ma non sono mancate aspre critiche da parte dei consiglieri della Lista De Magistris. Lo Schiavo è stato perentorio nel motivare il suo no: «Oggi, votando sull’autorizzazione a Fincalabra per l’acquisto delle quote private di Sacal, occorre porsi alcune domande preliminari: perché Sacal si trova in questa situazione? Qual è la via d’uscita considerato lo stato fortemente debitorio della società?»

Secondo Lo Schiavo «Fincalabra, da statuto, ha finalità diverse rispetto alla gestione di interessi strategici per la Regione ed ha, su di sé, la spada di Damocle del divieto di aiuti di Stato a soggetti di diritto privato. Si tratta, a mio avviso, di perplessità che non possono essere colmate dalla richiesta che oggi mira all’acquisizione delle quote private. Ma anche le quote pubbliche andrebbero razionalizzate meglio. La riorganizzazione del capitale deve viaggiare su un duplice orientamento, acquisto delle quote dei privati e regolamentazione della parte pubblica. I vari soci pubblici, presenti all’assemblea che ha sancito l’acquisizione della maggioranza del capitale sociale da parte del privato, non potevano non sapere che si stava aumentando a dismisura, addirittura dal 29 al 51 per cento, la quota del socio privato. Gli enti pubblici erano dunque presenti e consapevoli di quello a cui andavano incontro. Non basta quindi oggi dire “rimediamo agli errori riacquistando le quote private”, bisogna capire se Fincalabra è lo strumento giusto per farlo, sapere come si affronta il problema di un enorme debito accumulato, prevedere come si risolve il problema della governance, come si gestiscono i rapporti con tutti gli altri soci pubblici. Il mio voto è contrario – ha concluso Lo Schiavo – non tanto per l’intenzione di correggere una scelta politica sbagliata, quanto per i dubbi su come questo si realizzerà concretamente e su come si renderà la società sostenibile sul mercato».

Un interrogativo legittimo, ma il passo del ritorno al pubblico merita attenzione e non scoraggia l’ottimismo. Staremo a vedere le prossime mosse della “nuova” Sacal. (s)