Riceviamo e pubblichiamo
Al fine di favorire gli investimenti in progetti di rigenerazione urbana, volti alla riduzione di fenomeni di marginalizzazione e degrado sociale, nonché al miglioramento della qualità del decoro urbano e del tessuto sociale e ambientale, sono stati assegnati ai comuni con popolazione inferiore ai 15.000 abitanti, che in forma associata presentano una popolazione superiore ai 15.000 abitanti, contributi per investimenti nel limite massimo di 5 milioni di euro.
Il bando sulla rigenerazione urbana sarebbe stato certamente un toccasana soprattutto per i piccoli comuni che, con l’applicazione del criterio dell’aggregazione, avrebbero portato contributi importanti per lo sviluppo del territorio. Nel caso di forme associate la graduatoria è stata costituita sulla base della media aritmetica semplice dell’indice di vulnerabilità sociale e materiale (IVSM).
Circa 50 milioni di euro di finanziamenti, su 300 milioni stanziati per il 2022, sono stati aggiudicati da raggruppamenti di comuni calabresi. Circa la metà dei 50 milioni di euro saranno investiti nei comuni della Città Metropolitana di Reggio Calabria, che hanno visto capofila gli Enti di Melito Porto Salvo, Scido, Rosarno, Cinquefrondi e Gioiosa Ionica.
Tutto sommato, per i territori del reggino, a cui va il nostro compiacimento, non è andata male in quanto, a causa dell’indice di vulnerabilità elevato e sicuramente anche a una buona progettazione, hanno conseguito un risultato economico non di poco conto per la rigenerazione dei propri centri.
I dati ci dicono che, purtroppo, i Comuni dell’area dello Stretto sono rimasti fuori dalla graduatoria di aggiudicazione perché, pur sicuramente avendo una buona base progettuale, riportavano una media dell’indice di vulnerabilità “sfavorevole” in quanto, il sistema di aggregazione dei Comuni adottato, non è avvenuto in maniera ponderata.
Eppure sarebbe bastato poco per capire che il perimetro ottimale di raggruppamento sarebbe stato tra i Comuni di Sant’Alessio in Aspromonte, San Roberto, Scilla e Bagnara, con un indice medio di vulnerabilità pari a 104,11 e un numero di abitanti di circa 17 mila.
Considerato che l’ultimo raggruppamento di Comuni, guidati dal Comune di Positano, si è aggiudicata una posizione utile con 103,74 di IVSM, risulta evidente come l’ipotetico raggruppamento ottimale dei comuni dell’area dello Stretto, sarebbe risultato aggiudicatario di un finanziamento potenziale di 5 milioni di euro.
Non scriviamo tutto questo con il senno del poi o per fare polemica o per apparire che siamo stati bravi a fare una semplice media aritmetica, sarebbe riduttivo. Tuttavia narriamo questo particolare per cercare di stimolare al confronto e al coinvolgimento dei consigli comunali, anche in prospettiva del Pnrr, prima di arrivare a sancire delle decisioni così importanti che potrebbero avere, come nella fattispecie, un impatto socio-economico negativo per lo sviluppo dei territori in cui viviamo.
Tutto questo risulta cristallizzato nella seduta di consiglio comunale di Sant’Alessio n Aspromonte che, con delibera n. 2 dell’11 aprile 2022, ci siamo limitati solo ad approvato la convenzione relativamente al bando di rigenerazione urbana, designando capofila il Comune di Campo Calabro.
Analizzando i comuni aderenti ai due enti capofila dei comuni dell’area dello Stretto, Bagnara e Campo Calabrò, seppur quest’ultimo presentava un indice medio di vulnerabilità (102,46), migliore rispetto ai comuni che si sono raggruppati con Bagnara (102,01), si segnalava che la certezza dell’approvazione dei progetti si sarebbe avuta, appunto, con la messa in rete dei comuni di Sant’Alessio in Aspromonte, San Roberto, Scilla e Bagnara. Tutto questo avveniva con un semplice calcolo aritmetico dei comuni aderenti rapportato alla media di vulnerabilità delle regioni italiane e soprattutto quelle meridionali.
Probabilmente abbiamo perso una buona opportunità di investimento nei nostri comuni finalizzato alla riduzione di fenomeni di marginalizzazione e degrado sociale nonché al miglioramento della qualità del decoro urbano e del tessuto sociale e ambientale.
È chiaro che, sotto altri punti di vista, sarebbe stato meglio avere l’indice di vulnerabilità nella media delle regioni del Settentrione d’Italia, dove i Comuni partecipanti sono stati tutti esclusi dai progetti di rigenerazione urbana per lo stato di benessere sociale in cui si trovano.
Resta fermo l’obiettivo e l’importanza nei Comuni del Mezzogiorno di ridurre l’indice di vulnerabilità, intesa come l’esposizione a fattori di rischio che possono compromettere i livelli di benessere delle persone, e di promuovere la resilienza, cioè le capacità che rafforzano gli individui nel fronteggiare rischi avversi, così come sancito, nel 2014, dalle Nazioni Unite con l’Human Development Report – Sustaining Human Progress: Reducing Vulnerabilities and Building Resilience, fornendo una proposta di analisi della vulnerabilità e analizzando il fenomeno rispetto ai fattori di rischio connessi con il ciclo di vita delle persone. (Nino Calarco, Pippo Romeo e Fabio Marra)