di DOMENICO LANCIANO – Nel 1966, quando in pieno boom economico e emigratorio dal nostro meridione milioni di persone si sono trasferite al centro-nord Italia, il bravo cantautore genovese Bruno Lauzi (1937-2006) ha pubblicato la bella canzone La donna del Sud. Dice proprio di una emblematica “Maria”… più o meno come la Maria dello sceneggiato di Rai Uno in tre puntate “La Sposa”, di cui è andata in onda la prima, domenica sera 16 gennaio, suscitando, com’era prevedibile, una marea di polemiche ma anche di apprezzamenti (con ben 6 milioni di spettatori e uno share assoluto del 26,8%).
Poi, un anno dopo, nel 1967 l’indimenticabile cantautore istriano, Sergio Endrigo (1933-2005), ha fatto eco a Lauzi con un’altra memorabile canzone intitolata “Il treno che viene dal sud” con un testo meno idilliaco e più attinente al dramma dell’emigrazione.
Dal 2015 Rubbettino editore diffonde Ti ho visto che ridevi, un accorato e drammatico romanzo tratto dal vero, cui probabilmente si potrebbero essere ispirati gli autori della fiction di Rai Uno. Tale libro, firmato da Lou Palanca narra appunto di una donna che, proveniente da Riace di Calabria, è richiesta in sposa da un allevatore e agricoltore delle Langhe (vasto territorio nelle province di Asti e Cuneo). Nella prefazione di tale opera, Carlo Petrini (famoso promotore di “Slow Food”) afferma che le Langhe sono state addirittura “salvate” proprio dalle “calabrotte” cioè dalle ragazze calabresi che, andate in sposa ai giovanotti della ruralità piemontese, hanno contribuito in modo determinante al progresso demografico ed economico di quella parte del nord padano divenuto marchio internazionale. Come intende dimostrare lo sceneggiato televisivo della Rai, che proseguirà con la seconda puntata domenica 23 e con la terza il 30 gennaio.
Ma è anche probabile che l’idea per una fiction sia venuta alla Rai da un’intera campagna di informazione fatta pure a livello nazionale dall’Università delle Generazioni che, nel febbraio 2021, ha fatto circolare, su innumerevoli siti e giornali web e cartacei, una propria documentata dissertazione proprio sulle ragazze (vergini e forti, mansuete e grandi lavoratrici), non solo calabresi ma meridionali in genere (portando delle storie raccontate dalle protagoniste), allegandovi seri studi sociologici universitari di notevole importanza.
Però è altresì probabile che lo spunto sia scaturito dal piccolo monumento alla sposa del sud, realizzato nel gennaio 2021 dallo scultore Gianni Verdiglione proprio alla parete esterna della casa di una di queste ragazze, sita alla Via Regina Margherita di Badolato Superiore. Tale monumento è una delle tante “pietre parlanti” che Verdiglione ha fabbricato in numerose via e piazze di quel borgo antico, divenuto molto ricercato e trandy per via della notorietà datagli dalle vicende internazionali del “paese in vendita” nel 1986-88 e per l’accoglienza ai quasi novecento profughi curdi della nave Ararat nel dicembre 1997. In tale pietra parlante viene ricordato il matrimonio avvenuto il 25 agosto 1979 tra Luciano Gambaretti, agricoltore veronese, e la badolatese Giuseppina Carnuccio come esempio di quando gli uomini padani cercavano moglie nel Sud Italia: «Vinna nu bellu giuvanottu da campagna ‘e Verona e sa levàu», ovvero «È venuto un bel giovanotto della campagna di Verona, l’ha sposata e se l’è portata via».
Qualsiasi sia l’ispirazione di partenza del racconto televisivo in corso, sta di fatto che le centinaia di migliaia di donne del Sud (che hanno “fecondato” il centro-nord Italia) meritano una memoria evidente e seria, come possono essere i monumenti e gli studi universitari. Ma anche campane.
Infatti è giunta notizia che la Pontificia Fonderia di Campane Marinelli di Agnone del Molise sta per realizzare proprio la “Campana Spose del Sud” a ricordo di quante hanno lasciato le loro calde e soleggiate case per riempire quelle degli altri, nel lontano, nebbioso e freddo nord padano, affrontando innumerevoli sacrifici e privazioni, spesso pure razzismo e violenze di ogni genere. Come Rai racconta in questa “fiction-monumento” alle donne del Sud. (dl)