di FILIPPO VELTRI – «Abbiamo chiesto al ministro Fitto di prevedere, nel decreto legge di prossima approvazione, la trasformazione dei nostri contratti in tempo indeterminato», è detto in una nota.
Il Comitato per la Stabilizzazione dei Tecnici per il Sud vuole richiamare all’attenzione del Ministro per la Coesione e il Pnrr, Raffaele Fitto, la delicatissima posizione delle lavoratrici e dei lavoratori assunti dalla Pubblica Amministrazione a seguito del superamento dei concorsi indetti dalla Agenzia di Coesione, comunemente intesi come “Coesione 1” e “Coesione 2”.
Lo si apprende da una nota del Comitato stesso che annuncia di aver inviato una lettera aperta al Ministro. Tale categoria di lavoratori è riconosciuta di primaria importanza per il rafforzamento delle competenze e della capacità amministrativa delle pubbliche amministrazioni del sud Italia, oggi gravate di una nuova e straordinaria mole di lavoro per l’attuazione del Pnrr, cui non potrebbero far fronte con le – già limitate – risorse umane in organico, impegnate con l’attività ordinaria degli Uffici. Il delicato compito assegnato ai “Tecnici per il Sud”, scrive il Comitato, rischia di essere frustrato e con esso la stessa attuazione del Pnrr, occasione unica e immancabile per la realizzazione di importantissimi interventi che investono, capillarmente, l’intero sistema pubblico del nostro Paese dall’inquadramento previsto per i suddetti lavoratori, contrattualizzati a tempo determinato con scadenza a 36 mesi.
Questa forma contrattuale precaria non risulta tale da garantire i lavoratori, sostengono gli organizzatori del Comitato per la stabilizzazione dei “Tecnici per il sud”, la loro permanenza in servizio per l’intera durata contrattuale, in un periodo storico in cui la stabilità pare invece l’unico strumento adatto a offrire un’adeguata tutela per i lavoratori stessi. La precarietà opera invece da chiaro deterrente rispetto al pieno, efficace ed efficiente coinvolgimento, pratico quanto emotivo, dei lavoratori rispetto alle mansioni loro assegnate e alla loro integrazione nei rispettivi uffici. Prova ne sia la copiosa e costante “fuga” dalle posizioni lavorative in oggetto, tramite decine di dimissioni quotidiane, in favore di soluzioni magari meno desiderate o preferite, ma che gioco-forza prevalgono perché prevedono un contratto a tempo indeterminato, viste anche le varie opportunità occupazionali create dalla grande stagione di concorsi che sta interessando il nostro Paese.
Consapevole di tale gravosa situazione, al fine di incentivare e “blindare” prospetticamente le attività del personale in argomento, il Parlamento con l. 21 settembre 2022 n. 142, in sede di conversione con modifiche del d.l. 9 agosto 2022, n. 115 (c.d. “Aiuti-bis), ha introdotto l’art. 35-bis che “Al fine di valorizzare la professionalità acquisita dal personale assunto con rapporto di lavoro subordinato a tempo determinato […] le amministrazioni assegnatarie del suddetto personale possono procedere, con decorrenza non antecedente al 1° gennaio 2027, nei limiti dei posti disponibili della vigente dotazione organica, alla stabilizzazione nei propri ruoli del medesimo personale nella qualifica ricoperta alla scadenza del contratto a termine, previo colloquio e all’esito della valutazione positiva dell’attività lavorativa svolta”. Accogliamo con favore la suddetta previsione normativa, ma teniamo a sottolineare come essa riguardi esclusivamente (e inspiegabilmente) le 500 unità di personale reclutato ai sensi dell’art. 7, comma 1, del d.l. 9 giugno 2021 n. 80, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2021, n.113, e assegnato al Mef e alle altre amministrazioni centrali titolari di interventi Pnrr.
In questa precisa direzione, sempre con riguardo ai colleghi del Mef e delle altre amministrazioni centrali, è notizia di oggi (su Il Sole 24 ore e altre autorevoli testate) la previsione, nella bozza del DL Pnrr di prossima approvazione, della possibile trasformazione dei relativi contratti in contratti a tempo indeterminato, addirittura a partire dal 1 marzo p.v., mentre nulla di analogo si prevede con riferimento a chi lavora invece negli enti locali.
Tali disposizioni dunque, se da un lato sono apprezzabili in quanto tracciano un percorso di stabilizzazione per i lavoratori in discorso, dall’altro lato introducono una inaccettabile e inammissibile disparità di trattamento tra lavoratori assunti con medesima ratio (il rafforzamento amministrativo della P.A. per l’attuazione del Pnrr) e medesime modalità di selezione. Le norme in questione fungano dunque da apripista per ampliare contestualmente il bacino di lavoratori interessati dalla stabilizzazione (come sta avvenendo, con altrettanta disparità nei confronti dei “Tecnici per il Sud”, per gli oltre 8000 lavoratori dell’Ufficio del Processo), senza indebite e ingiustificate distinzioni.
Lo stesso DL Pnrr o il c.d. Milleproroghe appaiono le sedi elettive per attuare tempestivamente tale manovra, anche allo scopo dei cd. “risultati intermedi” previsti dal Pnrr di garantire il raggiungimento , che altrimenti possono considerarsi a rischio. (fv)