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Antonino Flachi, il prof. calabro-giapponese

Antonino Flachi, il prof. calabro-giapponese

di GREGORIO CORIGLIANOSul treno, di qualsivoglia natura sia, si fanno sempre incontri d’interesse. Sfido chiunque a dire che non ha mai fatto conoscenze.

Questa volta non ho incontrato la suora di 27 anni che andava da Reggio al convento di Lamezia e che aveva lasciato la vita giovanile, compreso il fidanzato perché le era venuta la vocazione. Stavolta ho incontrato una coppia particolare, nel senso che dava nell’occhio. Lui, dall’aspetto di quarantenne del Sud, lei, aspetto di trentenne, ma asiatica, tra il giapponese ed il cinese – non sempre si azzecca –specie se il viaggio è da Reggio a Cosenza. Mi incuriosiscono nei pressi di Rosarno. Faccio la faccia tosta e chiedo «sembrate essere marito e moglie, ma forse sbaglio. Lei ha la faccia calabrese, mentre lei è giapponese, mi pare».

Prontamente risponde l’uomo, senza essere scortese. Anzi. «Bravo, ha azzeccato. Io sono nato a Cosenza 45 anni fa, sono dottore in fisica. I miei genitori, padre bancario, madre fisioterapista all’Aias». «E la signora che le è accanto?». «Si chiama Midori, è giapponese ed è mia moglie, ha la stessa mia età. Non sembra glielo dico sinceramente, ne dimostra al massimo 30».

Lui, contento, mi dice le generalità. Si chiama Antonino Flachi, si è laureato in fisica a Cosenza ed ha fatto il dottorato a Newcastle e così di questo passo si sbottona, avendo compreso bene che sono giornalista. Essendo, come vedremo, un uomo di mondo, aggiunge che ha partecipato ad un concorso per ricercatore universitario a Barcellona, in Spagna. Lo vince e lascia la Calabria. Dopo due anni, altro concorso per l’Università di Kyoto, con la quale collaborava da Barcellona. E qui sta sei anni, per poi spostarsi a Dallas, in Texas.

Ulteriore concorso, stavolta  come professore a Lisbona e da qui il grande salto per una delle università di Kyoto, come docente di fisica, con l’obbligo di proseguire la ricerca. Il professor Flachi, cognome tipico della jonica reggina, parla, oltre al dialetto reggino, lo spagnolo, l’inglese e l’italiano, mentre studia tuttora il giapponese, nonostante siano passati molti anni ed abbia una moglie giapponese con la quale parla in inglese, prevalentemente.

Accanto a loro l’unico figlio di sei anni che si chiama Francesco. Midori, la moglie, l’ha conosciuta a Lisbona. La festa per il matrimonio, naturalmente, anche se non si direbbe, l’hanno fatta a Cosenza. All’epoca vivevano in Calabria le sue sorelle, che si sono trasferite una a Rimini, l‘altra a Manchester. Una è bancaria, l‘altra è medico. La moglie, invece, è avvocato di aziende farmaceutiche.

Vivono, udite udite a Tokyo, la città di origine della signora Midori che non parla l’italiano, pur essendo sposata con un italiano, da undici anni. Le parole di uso più comune, sì, comprese le parolacce. Come lui, col giapponese. Il professore ha duecento alunni, tutti giapponesi, qualche italiano che è lì per interscambi culturali. Si capiscono bene, con l’inglese, giapponesi ed italiani.

La signora Flachi, che a stento sa pronunciare il cognome acquisito, di fatto è una cittadina europea. Vivere a Tokyo è come vivere a Roma. Senza esitazioni, il professore Antonino mi dice che i giapponesi hanno spiccato senso di comunità, hanno un senso di rispetto maggiore per gli altri. Il professore ad un certo punto si ferma, parla con la moglie, un misto di inglese e giapponese, la lingua di casa. Come passa il tempo.

Sempre all’università che è la prima fondata in Giappone, si occupa di ricerca avanzata. Cioè studia, per esempio, tanto per capire di onde elettromagnetiche. «Passiamo al tu! Torneresti in Italia?». «Non lo so, anche se non escludo. Vengo una due volte all’anno, per andare a Rimini dalle mie sorelle e a Melito Porto salvo, dove vivono tutti i miei parenti».

«Cosa ti ha colpito del popolo giapponese? Ti sei ambientato?».

«Certo, la caratteristica loro è la modestia, non è stato difficile ambientarmi. Andiamo a ballare, a cena con gli amici, gite a Osaka, Yokohama, Kyoto».

«Si sente solo?».

«Certo che no, ci sono un migliaio di italiani divisi tra ristoratori di altissimo livello e costo (tanto per gradire!) docenti, ricercatori, istituti specialistici, cliniche».

Ha nostalgia della Calabria. Non lo nasconde anche se il viaggio, dodici ore di aereo, costa tantissimo -1.800 euro a persona il Tokyo-Roma- e non è sempre possibile.

Cosa ti manca? «La famiglia ed il nostro mare che non ha eguali. Altro che Oceano Pacifico!». (gc)