In scena al Teatro del Grillo a Soverato, in prima rappresentazione regionale, nel secondo appuntamento della stagione teatrale 2019/2020 U figghiu, spettacolo vincitore del Teatro del sacro 2019, scritto e diretto da Saverio Tavano con gli straordinari Annamaria De Luca, Francesco Gallelli e Fabrizio Pugliese.
Il sipario si apre entro le mura della casa in cui Saro, il figlio di Nino e Concetta, schizofrenico e maniaco di tutto quanto sia legato alla santità, ripete come un mantra i nomi dei Santi: Giuseppe, Antonio, Rocco, Cosma e Damiano, Andrea, Biagio, Michele, pasquale, Giovanni, Teodoro, Elena. Ad ogni nome segue una rima, una preghiera, una filastrocca, un’invocazione che fa entrare lo spettatore nell’atmosfera creata.
La particolarità è data dal fatto che è il giorno di Pasqua e non si può celebrare il rito pasquale dell’Affruntata perché Saro ha rubato dalla Chiesa la corona di spine della statua del Signore, credendosi egli stesso la reincarnazione di Gesù.Contemporaneamente fuori la porta di quella casa, i genitori del giovane, impossibilitati ad entrare ed esposti allo sguardo della gente del posto che attende arrabbiata la restituzione della corona, litigano apparentemente per un melone che Concetta dice essere buono per averlo testato “tupuliandoci sopra” e Nino crede guasto.
Come sempre le beghe per dettagli celano grosse divergenze e costituiscono un pretesto per non affrontare il problema principale. Ma dalla disquisizione sul melone buono o meno al discutere sul dramma di un figlio pacciu il passo è breve e mentre Nino accusa gli atti assurdi compiuti da Saro dall’avergli rubato il borsellino coi soldi per acquistare santini all’aver calato un gatto nell’acquasantiera per vederne la resurrezione ad aver orinato in piazza all’esser addirittura scappato nudo durante la festa di San Rocco, Concetta difende il suo ragazzo considerandolo un angelo, un essere superiore.
Il battibecco si sposta sulla scala da lasciare fuori casa ove Saro ripeta, in futuro, il gesto di chiudere i genitori fuori, e ancora una volta sulle lamentele del padre ha la meglio la madre, che, compenetratasi nella vita e nelle vicende del figlio, trova il modo di giustificarlo sempre. La parola chiave per Concetta è “succedìu”, quasi a dire facciamocene una ragione e andiamo avanti. E intanto per andare avanti si avvicina l’ora dell’attesa Affruntata in cui le statue del Cristo Risorto e della Madonna Addolorata s’incontrano dopo che quella di Giovanni Evangelista ha recato l’annuncio della resurrezione. In quel momento cade il manto nero che veste la Madonna e c’è l’ideale abbraccio col figlio. Manca la corona di spine, ancora per poco perché Saro convinto dalla tenerezza materna la restituisce.
È Concetta metaforicamente l’Addolorata con una pena e una spina nel cuore di questo figlio così strano, diverso, malato ma che lei accetta come solo una madre sa fare e forse è questa la resurrezione, l’abbraccio che si allarga al marito, che assaggiando il melone si convince che è buono, e alla gente della piazza che assiste dopo qualche tribolazione al rito desiderato. Per averla attesa di più quell’Affruntata ha il sapore della bellezza sofferta, colorata da un’umanità vera e reale, ma anche da uno smarrito sentimento di tolleranza che va ritrovato. Gli attori hanno catturato con la loro maestria il pubblico per un’ora e oltre, trascinandolo sulla scena in cui l’alternanza tra dialoghi e silenzi, il gioco di sguardi, gli scontri e il raggiunto accordo, hanno aperto una porta sul divino proprio mentre U figghiu si decideva ad aprire la porta di casa.
Il prossimo spettacolo del Teatro del Grillo è fissato domenica 15 dicembre con Gli ultimi saranno ultimi di Massimiliano Bruno, regia di Marco Contè, con Gaia Nanni e Gabriele Doria. (Daniela Rabia)