Dopo il successo della prima nazionale sul magico palcoscenico del Calatafimi di Segesta (TP) al Festival Dionisiache, in Sicilia, la Medea interpretata da Cristina Borgogni arriva in Calabria, pronta ad incantare il pubblico con la tragedia di Euripide.
Uno spettacolo prodotto dal Centro Teatrale Meridionale, diretto da Domenico Pantano, per la 29esima edizione della Stagione Teatrale della Locride, che farà tappa domani sera, alle 21.30, al Castello Feudale di Ardore Superiore, per poi andare in scena alla Corte del Palazzo di Città di Locri sabato 15 agosto e, domenica 16 agosto, alla Villa Romana del Naniglio di Gioiosa Jonica.
Nello spettacolo, diretto dalla stessa Borgogni e con Paolo Lorimer, Domenico Pantano, Simone Coppo e Ludovica Di Donato, il punto di partenza è il mito trattato trasversalmente in tutte le epoche da molteplici drammaturghi. Primo fra tutti Apollonio Rodio (III secolo a.c.), con le sue Le Argonautiche, fino a giungere alla terza tragedia di Euripide, rappresentata nel 431 a.C.
Il testo, partendo da queste radici, elabora tutto il mito, da Euripide in poi, per ricavarne una drammaturgia in cui la figura di Medea è globalmente affrontata, con un solo punto di vista che lega tutti gli scritti su questo mito: la famiglia.
Medea è donna forte e selvaggia, amante tradita, esule infelice e perseguitata, vittima e carnefice della brutalità e della ferocia dei maschi. Medea è parte integrante di un nucleo familiare, è lei stessa famiglia.
Nella lettura del mito, proposta da Centro Teatrale Meridionale, infatti, è la famiglia l’elemento centrale della storia: un nucleo familiare e, all’interno di esso, desideri, paure, dolori, sogni, emozioni. E, in questo susseguirsi di sentimenti, il mito si rinnova. In questo rinnovarsi, anche Giasone riesce a raccontarci il suo punto di vista.
Le varie incursioni dentro al mito servono a coniugare le varie sfaccettature della donna, amante e maga, intraprendente e audace, un personaggio dai molteplici volti. Questa oscillazione dentro e al di fuori dal tempo e dal mito rende la tragedia familiare vicinissima al tempo presente.
La madre Medea entra di diritto tra le “madri assassine” che uccidono i loro figli per meglio distruggere il marito, distruggendo anche il loro ruolo di moglie e di madre.
Donna tra le donne, testimone del suo dramma, “denuncia la sua condizione di abbandono, in un contesto che non offre altre risorse, che restituisce alla solitudine e alla disperazione il suo essere straniera, lontana dalla patria, priva di parenti, di protezione e di difesa”. Un racconto che restituisce la verità di una donna e di una madre. (rrm)
In copertina, foto di Francesco Fiorello