di AMERIGO MARTINO* – «La musica è una delle via per la quale l’anima torna in cielo» sentenziava Torquato Tasso, e questa frase mi è tornata subito in mente quando ho saputo della dipartita di un grande musicista e direttore d’orchestra calabrese quale era Sebastiano Valentino.
Quando la vita se va via a 40 anni perché il fato non concede appello, non resta che la sublimazione del ricordo, affinché non permane nel cielo uno squarcio di malinconia. La Calabria è una terra abituata agli addii anzi, è talmente assuefatta, che fa fatica a ricordare di essere una terra che ha dato i natali a grandi protagonisti in ogni settore. Anche la musica ha avuto dei calabresi virtuosi a cui va, con un pizzico d’orgoglio, la nostra riconoscenza per il loro solido contributo.
Il M° Sebastiano Valentino sarà tra questi perché non si è limitato solo ad essere docente e maestro di flauto, ma ha voluto, con tenacia e determinazione, creare una scuola, nella sua amata Borgia, per formare tanti allievi e lanciarli nel panorama musicale nazionale e internazionale. Difatti, la sua Magna Grecia Orchestra Flute Choir, ha varcato diverse volte i confini italici. La sua maestria era anche questo, perché la musica non conosce confini e, per Sebastiano, i confini non erano altro che barriere da piegare e frantumare.
Ricordo ancora la sua ultima telefonata, prima di partire per il suo ultimo viaggio della speranza, alle Molinette di Torino, dicendomi che dovevamo organizzare un grande concerto perché era da tanto che non prendeva la bacchetta in mano per dirigere. Anche in quel frangete cosi critico, nel suo cuore c’erano i suoi allievi e la voglia di restituire a questa nostra terra quel minimo di bellezza che sempre più si sta diradando dalle nostre coscienze.
Parlare di Sebastiano Valentino, significa puntare il dito sia sul rigore didattico che pretendeva da ogni singolo esecutore, sia sulla sua enorme voglia di condivisione, di partecipazione e di aggregazione che ne ha fatto, di lui, un amico indimenticabile. Puntuale e perentorio durante le prove, chiedeva il meglio durante le esibizioni, ma fuori dall’agone era più di tutti cordiale e di buon cuore, mostrandosi, nei momenti di convivialità a cui non sapeva rinunciare, affabile, gioviale e corroborante.
Proprio in quello stare insieme emergeva il suo senso di appartenenza; rivelandosi radice e ramo al contempo. Ma, più di ogni altro aspetto, credo che la particolarità di Sebastiano fosse il suo amore per la vita e per la sua terra natia che veicolava attraverso la musica. La Calabria prima di tutto. Perché in questa terra ci sono persone di grande valore e lui, gravitando nell’insieme, ne voleva esaltare la forza e la capacità forgiandone le basi; e lo faceva con la passione e la sensibilità tipicamente sua.
Forgiatore è l’aggettivo che più gli si addice e, difatti, non scendeva mai a compromessi con chi non si plasmava nella compagine. Armonia e umiltà dovevano essere prerogative non commerciabili, e questo esempio dovrebbe diventare memoria da consolidare in questa terra calabra. Terra che ancora stenta a mostrarsi fermamente convinta di superare quei limiti che ancora l’attanagliano. Sebastiano è volato in cielo, ma ci ha lasciato un’ultima lezione: solo l’amore ci renderà immortali. Saremmo stolti se continuassimo a non volerlo imparare. (am)
*Presidente Viva Vitalità Italiana Calabria