A partire dal febbraio 2024, il Circolo Legambiente di Crotone ha organizzato una serie di incontri pubblici dal tema :”Verso la bonifica: quale visione per la città di Crotone” A partire dalla storia delle fabbriche; dal vissuto degli operai e dell’indotto; dal confronto con gli attori istituzionali che siedono alle conferenze di servizio; sino all’incontro dello scorso 18 giugno su quella che è la visione dello sviluppo della città affrontato con le organizzazioni sindacali, le associazioni datoriali e gli ordini professionali, il mondo del terzo settore. Proprio quest’ultimo incontro e la presa di posizione di Legambiente, ha scatenato gli animi già concitati in città.
I fatti e la storia crotonese, ci raccontano di un’industria pesante che se da un lato ha portato sviluppo economico, sociale e culturale, dall’altro ha provocato una vasta contaminazione che ad anni di distanza dalla chiusura delle fabbriche, continua a diffondere gli effetti inquinanti, nell’indifferenza generale. Anche perché negli anni, la città, la politica e la classe dirigente tutta, è stata di fatto incapace di incidere e pretendere il rispetto del risanamento dei luoghi e il risarcimento economico del danno ambientale.
Ancora oggi è vivo il tema non dello sviluppo del crotonese, ma piuttosto la questione di dove e come gestire i rifiuti industriali, dato che le attività di bonifica, producono comunque rifiuti di vario tipo che vanno smaltiti in apposite discariche. Cosa ha detto Legambiente di così scomodo? Come un’associazione nazionale che si è costruita negli anni rispettabilità ed autorevolezza, a Crotone – secondo alcuni, si vuole fare passare per altro?!
Legambiente ha detto che la bonifica fa fatta e subito, perché non sono più tollerabili gli ingiustificabili ritardi sul Sito Sin di Crotone, né la farraginosità della gestione delle Conferenze dei Servizi al Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica; che Eni e le aziende che gli fanno capo, responsabili della contaminazione traggono vantaggio dai ritardi della bonifica, poiché hanno diluito nel tempo le spese da sostenere per il ripristino dei parametri ambientali nelle matrici di suolo ed acqua nel Sin, ancora oggi fuori legge; che il territorio crotonese ha già dato nel passato e che occorre da subito chiudere le porte allo smaltimento di qualsiasi tipo di rifiuto esterno come è stato fatto negli anni, e come si continua a fare adesso; ragione per cui Legambiente esprime un netto rifiuto a qualsiasi ipotesi di ampliamento di discariche attualmente esistenti nel crotonese ed alla realizzazione di nuove discariche; che lo sviluppo della città deve passare da percorsi virtuosi di impianti innovativi legati alla transizione ecologica e lontani dalle fallimentari esperienze di “prenditori” che abbiamo subito negli anni precedenti; che stante le difficoltà espresse dal Commissario Errigo a reperire discariche nelle quali smaltire i rifiuti del Sin, occorre ribaltare la logica e la proposta di Eni, per questi motivi, lo scorso 18 giugno, Legambiente ha detto si alla discarica in situ per trattare i soli rifiuti del Sin, e non – come emerso in qualche fantasioso articolo – che i rifiuti ed i veleni rimangano tal quali in loco; che la gestione di questa discarica di servizio, sia a gestione pubblica, così che la collettività possa essere ulteriormente ristorata.
Ovvio che le dichiarazioni di Legambiente sono scomode: scontentano i responsabili dell’inquinamento; scontentano gli imprenditori delle discariche; scontentano chi propaganda “i rifiuti del Sin devono andare fuori”, consapevoli che non è una soluzione praticabile o immediata ed omettendo di dire che allo stesso tempo si conferisce nel territorio crotonese lo stesso tipo di rifiuti pericolosi e non, in discariche ovviamente attrezzate ed autorizzate, per le quali negli anni sono state concessi più e più ampliamenti nel silenzio e nell’indifferenza di tutti; scontentano chi in questi anni ha lasciato che a decidere fossero altri tavoli, dichiarando a cose fatte che ci tocca subire la scelta. Infine, l’attacco che l’Ingegnere Voce, ha inteso rivolgere a Legambiente da una pagina social privata, e non dal sito istituzionale, come il ruolo che ricopre dovrebbe esigere, lascia perplessi.
È quanto meno curioso che un Amministratore locale, affermi che una discarica pubblica sia ridicola, preferendo così la discarica a gestione privata. L’esperienza del Comune di Peccioli in provincia di Pisa, è un esempio virtuoso di Discarica a gestione pubblica, una best practise da imitare. Altrettanto curioso è il riferimento al trattamento soil mixing, sul quale Legambiente non si è assolutamente espressa. Benvengano tutti i trattamenti e le tecniche di bonifica che ridurranno al minimo le matrici da portare in discarica, ma che produrranno comunque rifiuti che andranno adeguatamente trattati e conferiti in discariche, e bisogna che l’Ingegnere Voce, dica ai cittadini dove finiranno i rifiuti oggetto del trattamento. Anche qui, perché opporsi con tanta veemenza ad una discarica a gestione pubblica, che porterebbe ingenti somme nelle casse pubbliche?
È il tempo di soluzioni reali e praticabili, nell’interesse della collettività, non di propaganda o di divisioni del territorio, ed è il tempo di decidere da che parte stare. E’ il tempo anche per il primo cittadino di esprimersi su quella che è la visione dell’Amministrazione che guida, in merito alla progettualità del post fabbrica e post bonifica. Ribadiamo il principio secondo il quale quello della bonifica deve essere un processo condiviso e partecipato, consapevoli che gli interessi privatistici e politici in ballo sono tanti e provocano divisioni. (Stefano Ciafani, Anna Parretta e Rosaria Vazzano)