21 agosto – Dalla commedia divertente di Martoglio al dramma verista di Verga: Enrico Guarneri torna stasera a CatonaTeatro con “I Malavoglia” nell’edizione curata dal regista Guglielmo Ferro. Bravissimo Guarneri, ospite immancabile dell’arena Alberto Neri, anno dopo anno, con “U contra” martedì scorso ha divertito il pubblico, raccogliendo continui applausi a scena aperta, stasera vestirà i panni drammatici di padron ‘Ntoni e della sua famiglia, le cui vicende Verga racconta nei “Malavoglia”. Guarneri, stavolta, è un magnifico e magistrale Padron ‘Ntoni, il saggio popolare, austero, caparbio, che ha l’unico dovere di ripagare un debito, assicurare da mangiare alla propria famiglia e contrastare il fato avverso con tutte le forze che ha in corpo, e la sua interpretazione è superlativa, davvero da non perdere.
Una messinscena, questa di Guglielmo Ferro (che prosegue con grande successo personale nella scia del nonno regista Guglielmo e del padre, l’indimenticabile Turi Ferro) che – dice il regista – «centra il racconto sugli eventi più significativi che segnarono la vita della Famiglia Toscano di Acitrezza, lì dove, più di ogni altro passaggio narrativo, Verga punta a violentare ogni speranza di emancipazione dei suoi personaggi».
Nelle sue note di regia, Guglielmo Ferro sottolinea che: «Il cinismo di quello che passa alla storia come l’ideale dell’ostrica verghiano – l’ostrica vive sicura finché resta avvinghiata allo scoglio dov’è nata, così l’uomo di Verga vive sicuro finché non comincia ad avere manie di miglioramento – assume ne I Malavoglia i toni di un’oscura fatalità, di un imponderabile ancestrale e indomito. E in questa visione la riscrittura teatrale pone al centro dell’azione drammaturgica la Natura. Scandendo lo spettacolo nei passaggi narrativi delle tempeste, delle morti in mare: la tempesta dove si perde il carico dei Lupini e muore Bastianazzo, la morte di Luca su una nave in guerra, la tempesta dove Padron ‘Ntoni si ferisce ed è poi costretto a vendere la Provvidenza».
«Tutte le figure dei popolani, presenti nel romanzo, come personaggi socialmente riconducibili a quel periodo storico, – afferma il regista – sono stati sradicati dal contesto narrativo per diventare figure-ombra, senza nome, senza identità, voci della natura che amplificano la forza ingombrante esercitata sulle vicende dei protagonisti. L’impianto scenico è una zattera, ispirata alla zattera della Medusa di Géricault, simbolo di una zolla di vita in balìa della Natura. È sulla zattera che la morte impera, e il destino avverso ai Malavoglia lascia che la violenza umana sfoghi in cannibalismo». (mcg)