di ANTONIETTA MARIA STRATI – È un’emergenza nell’emergenza, quella che si presenta in Calabria. La nostra regione, infatti, è tra quelle più colpite da eventi climatici estremi, secondo il Rapporto Città Clima 2022 di Legambiente.
Un quadro preoccupante, se si considera che solo «nell’ultimo biennio, dal 2020 ad oggi, siamo passati da 65 ad 82 fenomeni di cui, nel complesso, 33 per allagamenti da piogge intense; 17 casi di danni da trombe d’aria; 14 casi di danni alle infrastrutture; 8 frane da piogge intense; 3 esondazioni fluviali; 3 mareggiate; 2 casi di danni al patrimonio storico da piogge intense; 2 casi di danni da siccità prolungata».
«La Calabria – si legge nel Rapporto – è anche una delle regioni maggiormente in sofferenza relativamente all’erosione costiera che incide pesantemente sugli ecosistemi regionali. Dal 1970 ad oggi, in Italia, i tratti di litorale soggetti ad erosione sono triplicati e riguardano il 46% delle coste sabbiose, con picchi del 60% nella nostra Regione, ed una perdita media di 23 metri di profondità di spiaggia. Tra le 40 aree urbane costiere che rischiano di subire rilevanti danni e di scomparire con l’innalzamento del livello dei mari, nel Report troviamo Gioia Tauro e Santa Eufemia».
«La Calabria è stata interessata anche da lunghi periodi di siccità – si legge ancora – provocando gravi danni a settori chiave come quello agricolo. Anomalie delle temperature e del numero delle notti tropicali si sono verificate soprattutto nelle città di Catanzaro e Reggio Calabria. Dal 1999 al 2022 sono stati 1109 gli interventi richiesti in Calabria, 863 i milioni di euro di finanziamento per diverse opere, eppure continuiamo ad assistere ad alluvioni e distruzione di interi territori consapevoli che si possa fare molto di più per mitigare il rischio e le conseguenze su popolazioni, attività produttive e infrastrutture».
Dati, che fanno capire la necessità e l’urgenza di «mettere in campo interventi diretti a mitigare gli effetti della crisi climatica», ha evidenziato la presidente di Legambiente Calabria, Anna Parretta.
«L’impatto dell’aumento delle temperature avrà effetti enormi – ha concluso – basti pensare alla risorsa idrica ed al conseguente impatto sull’agricoltura e sulle nostre vite. In Calabria servono le giuste infrastrutture per mettere in sicurezza cittadini, territori ed economia locale. Senza una reale consapevolezza da parte delle Istituzioni, tradotta in azioni concrete nell’interesse della collettività, siamo destinati a subire le inevitabili catastrofi ambientali che si verificheranno».
Ma non è solo l’ambiente a risentire dei cambiamenti climatici. Uno studio del Centro Euro Mediterraneo e di RFF-CMCC – European Institute on Economics and the Environment realizzato da Lorenza Campagnolo ed Enrica De Cian, ha evidenziato come con il cambiamento climatico le famiglie più ricche risparmieranno sul riscaldamento, mentre quelle più povere spenderanno di più a causa del raffrescamento.
Come evidenziato nei rapporti CMCC sull’analisi del rischio climatico, «le emissioni di gas serra continueranno a crescere e l’aumento della temperatura in Italia potrebbe raggiungere i 3 gradi tra 30 anni, come è illustrato nella scheda italiana del G20 Climate Risk Atlas».
Lorenza Campagnolo, co-autrice dello studio, ha indicato che, in questo caso: «l’aumento dei giorni e delle notti calde potrebbe portare ad un incremento fino al 26% della spesa elettrica per raffrescamento nelle regioni più calde come la Sicilia, rispetto ad uno scenario senza cambiamenti climatici che non considera gli effetti del della pandemia di Covid-19 e del conflitto in Ucraina. D’altro canto, la diminuzione dei giorni freddi potrebbe portare ad una notevole riduzione della spesa per riscaldamento – essenzialmente gas – tra il 26% in Umbria, e il 70% in Calabria».
«La spesa energetica è più elevata nelle regioni settentrionali e centrali, ma le maggiori quote di spesa energetica si osservano nel Mezzogiorno – si legge –. Inoltre, il Mezzogiorno dedica all’energia elettrica una quota maggiore della propria spesa energetica rispetto al resto d’Italia».
Ma non è solo la Calabria a essere in pericolo: nel rapporto, infatti, viene evidenziato come l’Italia sia ferma per quanto riguarda il Piano nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici, con una bozza risalente al 2018.
L’Italia, riporta l’Associazione «– stando ai dati disponibili da maggio 2013 a maggio 2022 e rielaborati da Legambiente – ha speso 13,3 miliardi di euro (tra gli importi segnalati dalle regioni per lo stato di emergenza e la ricognizione dei fabbisogni determinata dal commissario delegato) in fondi assegnati per le emergenze meteoclimatiche. Si tratta di una media di 1,48 miliardi/anno per la gestione delle emergenze, in un rapporto di quasi 1 a 4 tra spese per la prevenzione e quelle per riparare i danni».
Da qui due appelli: «Se da una parte – si legge – al livello internazionale è fondamentale che si arrivi ad un accordo COP27 ambizioso e giusto in grado di mantenere vivo l’obiettivo di 1.5°C ed aiutare i Paesi più poveri e vulnerabili a fronteggiare l’emergenza climatica, dall’altra parte a livello di politica nazionale è fondamentale che l’Italia faccia la sua parte. Al Governo Meloni e al Ministro dell’ambiente e della sicurezza energetica Gilberto Pichetto Fratin l’associazione chiede, in primis, che venga aggiornato e approvato entro la fine dell’anno il Piano nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici (Pnacc) rimasto in bozza dal 2018».
Servono, dunque, «interventi per la prevenzione e fondi per le emergenze. Se guardiamo alla spesa realizzata in questi anni per gli interventi programmati di messa in sicurezza e prevenzione, emerge come dal 1999 al 2022 sono stati 9.961 gli interventi avviati per mitigare il rischio idrogeologico in Italia per un totale di 9,5 miliardi di euro (elaborazione Legambiente su fonte Ispra, piattaforma Rendis), con una media di 400 milioni di euro l’anno».
«In parallelo, i dati della Protezione Civile sugli stati di emergenza da eventi meteo-idro dal maggio 2013 a maggio 2022 parlano di 123 casi – ha detto Legambiente – segnando un lieve incremento rispetto al 2021 (quando però i dati includevano il periodo fino a ottobre), ma comunque in aumento deciso rispetto ai 103 nel 2020. E poi ci sono i fondi assegnati per le emergenze che come abbiamo detto prima, sempre in questo arco di anni, arrivano a poco meno di 13,3 miliardi di euro». (ams)