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I partigiani del Sud, una grande ricerca storica

I partigiani del Sud, una grande ricerca storica

di FILIPPO VELTRIUna ricerca storica che prende l’avvio dal rinvenimento della scritta “ex comandante partigiano” sotto il nome dell’ing. Antonio Tallarico, su una lapide nel cimitero di Carlopoli. Chi era? Cosa ha fatto? Perché è sepolto qui? Domande per rispondere alle quali Angelo Falbo ha compiuto un’approfondita ricerca confluita in un libro di quasi mille pagine che l’editore Rubbettino ha mandato in stampa in questi giorni, Il carro della storia.

Una ricercar che lo ha condotto ad incrociare le vicende della Brigata Frico, poi Nebiolo Secondo, e la sua partecipazione alla lotta partigiana in Val Sangone. La ricerca prosegue con la ricostruzione, anche attraverso documenti conservati dalla famiglia, dell’origine del Casato di discendenza del Partigiano Comandante Tallarico Federico, del fratello Antonio e della sorella Caterina. Tutti e tre divenuti partigiani combattenti della zona del Reventino.

Leggendo varie fonti, si scopre così che la Resistenza nonè stato solo appannaggio del Nord ma che vi hanno combattuto persone di ogni provenienza geografica e di ogni condizione sociale.

Si scopre che veramente la Resistenza si è combattuta, geograficamente, al Nord, ma a combatterla c’erano migliaia e migliaia di meridionali.

Si scopre, così, che c’erano tre Partigiani di una Famiglia, nati a Marcedusa, con capostipite discendente da Carlopoli, divenuti combattenti, patrioti, nell’area pedemontana piemontese, rimasti, come quasi tutti i resistenti meridionali, avvolti in un lungo silenzio, interrotto da qualche articolo, da qualche commemorazione, da qualche citazione sfuggevole in qualche intervista. Senza che sia potuta maturare la piena consapevolezza storica del loro alto contributo. Senza cioè il giusto riconoscimento culturale, politico e sociale dei meriti civili conquistati per coerenza con i loro sentimenti, il loro senso dell’onore e di servizio per la Patria.

Da qui l’opera di Falbo, la ricercar puntigliosa con decine di atti visionati e che, muovendo nella direzione giusta, il Carro della Storia toglie dall’oblio e restituisce alla verità storica.

Un lungo silenzio voluto, per la verità, anche da loro stessi. Per riservatezza di costume. Ma anche perché al ritorno hanno trovato scarsa considerazione e nulla accoglienza. Niente degli entusiasmi delle folle plaudenti delle strade di Torino o dei Vicoli e delle Piazze dei Paesi e dei Nuclei abitati delle località dove sono vissuti per quasi due anni tra scontri, rastrellamenti, fughe, prigionie, impiccagioni, attentati e sabotaggi fino ai giorni della sconfitta dei nazifascisti con la resa dei Tedeschi e la Liberazione.

Niente applausi e niente riconoscimenti civili al loro ritorno. Poi lentamente qualcosa si è mossa negli anni. Il loro ritorno nel Mezzogiorno ispira un’aria di diffidenza. Al Referendum ha prevalso la volontà di mantenere la Monarchia. Ma non per fedeltà alla Monarchia, come pure restano radicati alcuni sentimenti presso le popolazioni sabaude. Qui al Sud, i ceti dominanti, ai posti di comando, mutate le condizioni ma non il contesto. I tre Fratelli Partigiani hanno vissuto ciascuno per la propria strada le vicende di vita da comuni cittadini. Uno Professore e Ingegnere, libero professionista, Antonio, ex Capitano Frico; una Dottoressa, Caterina, appassionata del suo lavoro di ricerca e applicazione medica, ex Nina; lei vorrà sempre essere chiamata Nina; uno Professore di Lettere, Federico, Comandante della Brigata Frico, poi Nebiolo Secondo, ex Tenente Frico.

Ciascuno con le proprie famiglie.

Ma non sono stati comuni cittadini. Loro lo sanno di essere cittadini ai quali si dovrebbe il grato riconoscimento di aver deciso di collocarsi dalla parte giusta, di aver condotto e portato a termine con onore gli insegnamenti del Padre, circa l’amore per la Patria, l’ubbidienza alla coscienza di restare coerenti in prigionia, sotto tortura, di fronte ad estremi pericoli fino al rischio dell’impiccagione su patibolo, o della fucilazione.

Rivisitare le loro storie è, dunque, un dovere professionalmente motivante. Ma è anche un bel modo diretto di respirare quei momenti e ricavarne incoraggiamento civico. Dando voce al passato, fatto da queste testimonianze di vita, coerenti tra ideali e scelte, dà forza per il presente e prospettiva per il futuro.

Angelo Falbo (Carlopoli, 1947). Laureato in Lettere presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, Facoltà di Magistero. Durante gli anni universitari ha preso parte attivamente alle lotte del Movimento studentesco e alle lotte operaie. Dopo le prime esperienze di insegnamento al Nord, ritornato in Calabria, ha proseguito la professione di docente nella Scuola Media unificata e in Istituti superiori, concludendo l’attività professionale da Preside-Dirigente Scolastico.

Contemporaneamente ha svolto attività politica nelle fila del PCI e attività sindacale nella CGIL Scuola. È stato Sindaco di Carlopoli. Partecipa alle attività culturali e sociali nella Lega SPI-CGIL del Reventino e nell’ANPI del Reventino. Prende parte al dibattito politico-culturale; scrive sul giornale online Il Reventino.  Ha curato, con Mario Gallo, il libro Cultura e Società a Carlopoli. (fv)