di MARIA CRISTINA GULLÍ – La memoria storica nei nomi delle strade e delle piazze: la toponomastica consente agli amministratori locali di valorizzare e celebrare personalità che hanno dato lustro alla città, ma, molto di frequente, pochissimo spazio è lasciato alle donne (appena il 3-5% del totale).
Un bell’esempio viene da Rende, la città universitaria a un passo da Cosenza, dove l’Amministrazione comunale guidata dall’avv. Marcello Manna ha una commissione toponomastica No omnis moriar che ha avuto il compito di valorizzare il patrimonio identitario del territorio. La Commissione, presieduta dallo stesso sindaco Manna, ha avuto come componenti Renata Ciaccio, Ruggero Ciancio e Ferdinando Morelli e la consulenza dell’assessore Marta Petrusewicz e ha lavorato sulla città di Rende facendo attenzione a rispettare in pieno la parità di genere. È venuta fuori una nuova toponomastica che ha interessato sia il centro storico che la zona industriale. Nel primo caso, la Commissione ha voluto – come si legge nella relazione conclusiva – «Ricordare e celebrare con nuove denominazioni nelle strade, nei larghi, nelle piazze, i nominativi di personaggi illustri che nel corso della loro vita hanno lasciato una traccia indelebile non solo di grande capacità e maestria nelle loro professioni o nelle loro arti, ma anche sottolineare l’amore e la passione per la città di Rende che li ha sempre animati nel loro agire. Le nuove generazioni potranno, così, avere degli esempi positivi da seguire nella loro vita». Per la zona industriale, invece, si è deciso di ricordare gli imprenditori che hanno fatto la storia dell’area stessa.
La scelta del Comune di Rende ha raccolto il consenso dell’Associazione Italiana Parchi Culturali (Aiparc) di Cosenza. La sua rappresentante Anna Maria Ventura ha detto di ritenere «non paradossale» affermare che la toponomastica per l’Italia sia un rilevatore sociale. Secondo l’Aiparc «Denuncia, infatti, meglio di ogni discorso quella che Maria Pia Ercolini, Presidente dell’associazione Toponomastica Femminile, chiama «misoginia ambientale». Nelle nostre città le vie intitolate agli uomini sono in media il 40% mentre quelle intitolate alle donne vanno dal 3 al 5%. Esiste una violenza sottile, molto più subdola di quella fisica o psicologica, che consiste nel rendere invisibili le creazioni e le opere delle donne, cancellandole dalla memoria collettiva. Una violenza culturale che ripercuote i suoi effetti sulle nostre bambine e sulle nostre ragazze, che potrebbero pensare che le donne non hanno fatto nulla di memorabile al mondo e non avrebbero modelli da emulare. Del resto anche sui nostri libri di storia le donne sono quasi dimenticate. Non solo: spesso i libri di ogni genere sono pieni, ancora oggi, di luoghi comuni, che ribadiscono una rigida divisione dei ruoli all’interno della famiglia e perpetuano una figura di donna che si realizza soltanto se moglie e madre, diversamente dagli uomini».
La Ventura sostiene che «La disparità di genere in Calabria ha caratterizzato ogni aspetto della vita politica, sociale ed economica. Retaggio storico, fa fatica ad essere superata». L’Associazione AIParC crede fermamente nella parità di genere, consapevole che «ogni essere umano ha pari dignità. Questa, secondo la concezione classica, deriva essenzialmente dall’essere, in quanto razionale e relazionante, al culmine della scala delle realtà create, indipendentemente dalle sue condizioni di sesso, salute, età, cultura e religione.
Nel De officiis Cicerone afferma: “La dignità dell’uomo è violata, in quanto essere razionale, quando la persona si fa gestire dall’impulso dei sensi, mentre è promossa e tutelata quando la persona opera per il bene comune» che è pur solamente verificabile nell’intenzione dell’agire e nell’azione stessa”.
Sulla base di questi presupposti, L’AIParc di Cosenza continua nell’ operazione di riportare alla luce le donne della Calabria che, antesignane di movimenti religiosi, civili e politici, hanno preparato tempi nuovi. Lo ha già fatto – afferma Anna Maria Ventura – con la pubblicazione del primo volume dell’opera libraria Le donne nella storia della Calabria, di cui è in preparazione il secondo volume. Vuole farlo ancora con una iniziativa riguardante la “toponomastica al femminile”, che, partendo da una riflessione sul tema Le donne della storia per le strade della Calabria, mira a realizzare il desiderio di vedere intitolate strade e piazze di città e borghi di Calabria a donne che si sono distinte in ogni epoca per la conquista dei diritti e della pari dignità, a volte pagando con la propria vita il bisogno sacrosanto e inalienabile della libertà da pregiudizi e discriminazioni. Una commissione è stata creata ad hoc.
La Presidente Tania Severino ha già scritto una lettera a vari Sindaci di Comuni calabresi rivolgendo loro l’invito che “nella toponomastica dei loro Comuni figurino donne di particolare rilevanza religiosa, sociale e politica”.
La Sindaca di San Marco Argentano, Virginia Mariotti, scrive ancora la Severino nella lettera, dimostrando rispetto per la storia della Calabria, ha già onorato il nostro invito ed ha intitolato una piazza ad Elisa e Alda Miceli l’11 ottobre 2019.
Si augura, poi, che l’esempio spinga altri Sindaci a ricordare le “grandi Donne” Calabresi.
Fra le quali, la presidente Severino segnala: Caterina Tufarelli Palumbo, primo sindaco donna d’Italia, eletta a San Sosti nel 1946; Evelina Cundari, prima donna assessore alla prima giunta dell’Amministrazione Comunale di Cosenza; Luigina Panaro, prima donna assessore al primo consiglio dell’Amministrazione Comunale di Paola; Giustina Gencarelli, intellettuale borghese e progressista, una delle due donne calabresi candidate alla Costituente Italiana; Lidia Toraldo Serra, primo sindaco a Tropea nel 1947; Elisa Miceli, vice sindaco al primo consiglio del Comune di Longobardi; Alda Miceli, primo presidente Nazionale CIF, nonché uditrice del Concilio Ecumenico Vaticano II; Ines Nervi Carratelli, primo sindaco di San Pietro in Amantea; Maria Mariotti, candidata alla Costituente che animò sempre la vita religiosa e politica della nostra regione.
AIParC si augura che questo invito possa essere raccolto dagli amministratori dei tanti comuni calabresi». Secondo la Ventura «La riflessione sulla toponomastica al femminile deve essere l’occasione non solo per approfondire le biografie delle donne, ma anche la storia delle nostre comunità, i diritti negati, la lotta per conquistarli, sia all’interno della famiglia che nella società. Ragionare sulla condizione di sottomissione ed emarginazione, in cui le donne di Calabria sono state costrette a vivere, fa capire meglio il valore delle loro lotte silenziose per l’emancipazione. Prenderne atto significa contribuire a realizzare un mondo più giusto e veramente paritario. Se vogliamo costruire una memoria condivisa ed inclusiva dobbiamo fare emergere dall’ombra chi la storia non ha fatto emergere. Le nostre “Grandi Donne”. Ridando dignità alle donne che non ci sono più, contribuiremo anche a combattere il vuoto culturale e valoriale, purtroppo premessa dei tanti, troppi femminicidi, che tingono di nero la società del nostro tempo. La violenza domestica e psicologica di oggi, accentuata da pandemia e chiusure varie, che costringono ad una convivenza forzata nelle case, è aumentata in modo esponenziale. Forse intitolare una strada ad una donna di ieri, che faticosamente, da tenebre di secolari oppressioni, ha conquistato la luce, può dare forza alle donne di oggi, novelle prigioniere di irrazionalità e violenza, a seguire il suo esempio e ritrovare la luce». (mcg)