Sono 600 i minori in Calabria che attendono una famiglia. Sono i dati allarmanti emersi dai dati dell’Istituto degli Innocenti di Firenze, in cui è stato rilevato come al 31 dicembre 2022, nel territorio regionale dei 600 minori allontanati dalle loro famiglie d’origine e inseriti in servizi residenziali il 10 % rientra nella fascia d’età 0-5 anni, mentre 386 sono stati collocati in affido parentale o etero familiare».
Vi è, quindi, una prevalenza del collocamento dei minori che provengono da famiglie con gravi disagi nei servizi residenziali rispetto ad altre soluzioni, altro dato preoccupante è quello che riferisce che solo per il 17% dei minori allontanati è stato predisposto dai servizi sociali un progetto di accoglienza, di rientro nella famiglia d’origine o di collocamento in affido o in adozione.
Un vuoto che costringe i minori a vivere in un limbo che spesso si può prolungare fino al raggiungimento della maggiore età con gravi conseguenze sulla loro crescita ed il rischio di insorgenza di patologie a causa delle carenze affettive.
Dallo studio emerge che In Calabria solo il 20% degli ambiti territoriali ha attivato centri per l’affido in grado di fornire alle coppie interessate informazioni, sostegno, preparazione, sostegno ed accompagnamento. Ancora senza risposte le problematiche dei minori con bisogni speciali che non trovano famiglie disponibile anche per la mancanza di una rete di servizi di neuropsichiatria in grado di sostenerli.
«Per questo servono nuove risorse professionali e investimenti anche per la formazione degli operatori e delle famiglie da parte della Regione, della Città Metropolitana, degli ambiti territoriali», scrive il Centro Comunitario Agape, guidato da Mario Nasone, che ha organizzato, per il 27 novembre, una giornata di confronto tra esperti, magistratura minorile, servizi sociali e associazioni e, nel pomeriggio, con le reti associative educative, con le famiglie affidatarie, «che hanno un ruolo decisivo nel promuovere un modello di famiglia aperta».
Relatore principale sarà Marco Giordano, genitore affidatario e docente di Servizio Sociale in varie Università, uno dei massimi esperti nazionale nel settore.
La giornata di studi, infatti, intende rilanciare i punti qualificanti delle linee guida nazionali sull’affido che non può mai essere quello di separare, ma di riunificare una famiglia in difficoltà. Anzi si dice esplicitamente che l’obiettivo dell’affido è preventivo, perché può prevenire un allontanamento, non certo favorirlo. Priorità è intervenire sulla fascia d’età 0-5 anni dove l’affidamento familiare è sempre da preferire e si dovrebbe puntare a far scomparire l’inserimento nelle strutture d’accoglienza.
Anche per i piccolissimi (0-36) mesi si raccomanda un lavoro in rete per definire procedure e compiti. Meglio se in accordo con l’autorità giudiziaria e nell’ambito di un “progetto neonati” che, come è stato fatto in diverse regioni, preveda il collocamento dei bambini in famiglie affidatarie “ponte”, specificatamente preparate, preferibilmente con propri figli biologici. Si tratta di obiettivi a cui devono concorrere, insieme, servizi sociali e sanitari, autorità giudiziaria minorile chiamati a valorizzare le reti di associazioni familiari con accordi di programma e protocolli condivisi.
Il Centro, poi, ha salutato positivamente «che la giunta regionale della Calabria su iniziativa dell’assessora regionale al Welfare, Caterina Capponi, abbia deliberato recentemente il recepimento delle linee guida nazionali sull’affidamento e l’avvio di un tavolo di confronto con il coordinamento regionale delle associazioni che si occupano di affido e adozione, ma il ritardo da colmare e notevole e servirebbe una accelerazione delle decisioni come quella relativa alla attivazione del tavolo tecnico regionale che si aspetta ormai da due anni». (rrc)