di FRANCO CIMINO – Sono personalmente dispiaciuto che il mio amico Nicola, il mio sindaco, il sindaco della Città capoluogo, abbia perso le elezioni per la carica di presidente della Provincia, sebbene questa abbia sempre più scarso valore e sul piano politico e su quello istituzionale.
Sono dispiaciuto per il dispiacere che prova, nella delusione, Nicola. Si potrà dire quel che si vuole o essere eleganti, come lo è stato nella dichiarazione odierna proprio lui, ma una sconfitta é una sconfitta. E brucia, poco o molto, a seconda delle spalle che la subiscono. Nicola ha perso, Mormile ha vinto. Mi verrebbe da aggiungere, ha vinto Filippo, il presidente che ha potuto evitare in extremis il cappotto di tre a zero nella partita aperta non Fiorita dal dodici giugno scorso. Ovvero, lenire il disagio per quel cinque per cento che la Lega ha preso in Calabria ieri l’altro.
Vogliamo pure dire che, in una Calabria in cui la politica è assente, il centrodestra ha vinto sul centrosinistra, e che questa vittoria sia avvenuta per il condizionamento di potere esercitato dal governo regionale e, di più, per quello psicologico determinato dalla straordinaria, per quanto prevedibile da regalo ricevuto, affermazione di questo schieramento e della Meloni in esso? Se è un buon alibi o una sicura auto rassicurazione, diciamolo pure, ma la questione per me è sempre stata un’altra.
E si chiama Fiorita. Si chiama sindaco di Catanzaro, il capoluogo della Regione, tra l’altro appena eletto senza una maggioranza politica consiliare certa e definita. Va nuovamente precisato, eletto al ballottaggio per merito prevalentemente suo, della proposta e dell’immagine che lui e i suoi amici di sempre, tutta gente appartenente al sociale prima che al politico, ovvero al politico non in senso strettamente partitico. È lui e la sua proposta del civismo politico o della politica civica, che ha portato il centrosinistra catanzarese, in particolare PD e Cinque Stelle, al governo della Città.
Vorrei da qui ribadire che alle elezioni del dodici giugno il PD ha preso appena il cinque per cento dei voti e i Cinque Stelle soltanto il tre. E che con questi numeri, quasi irregistrabili, il PD ha troppo generosamente ottenuto due assessori con deleghe importanti, tra cui quella di vicesindaco. Non c’è c’è tempo e non c’è spazio per elencare i dieci motivi che, a mio avviso, avrebbero dovuto sconsigliare la candidatura Fiorita a presidente. Sconsigliare a proporgliela con insistenza e allo scadere dei termini. Sconsigliare ad accettarla, già stanco di altre fatiche e allo scadere del termine.
Qui ne richiamo soltanto uno, che è il primo e l’ultimo, rafforzato, dei dieci. Esporre il Sindaco del Capoluogo, la Città appena ereditata con un carico di problemi pesanti e anche con una buona dote di opere da cantierare, ponendo molta attenzione su ciascuna di esse, alla doppia condizione di una fatica, aggiuntiva e distraente, e a un probabile insuccesso, faticoso e disturbante, è fatto assai grave. Un fatto che si carica non solo sulla persona, ma su tutto ciò che essa rappresenta. E sulla Città che ha bisogno di un sindaco che moltiplichi per due le ventiquattr’ore giornaliere, tanto è forte il bisogno di una guida attenta e costane. Guida politica, finalmente. Per un comune che ha bisogno di crescere subito per costruire sulle sue emergenze le grandi ambizioni, quelle nuove e quelle dimenticate, di un vero capoluogo.
La forza di Nicola, quella che potrà consentirgli di realizzare le due unità necessarie, anzi tre( compito storico mai tentato, pur se pensato, prima) sta nel suo essersi posto sopra la modesta qualità delle attuali rappresentanze partitiche e questa politica delle crisi. Questa caratteristica gli consentirà di risultare credibile come sindaco che unisce la cittadinanza, ora distratta e frammentata( la unisce nella ritrovata dignità di popolo, con tutto il bene che ciò significa). Credibile e autorevole nella ricerca dell’unità di tutto il Consiglio Comunale, anche per sottrarsi al continuo condizionamento delle maggioranze liquide, nelle quali ciascuno conta quanto diciotto consiglieri. Credibile e rassicurante nella ricerca dell’unità di intenti e prospettive con Lamezia Terme, Città amica.
Credibile e forte nella strategia, antica ma da tempo svuotata, di contribuire, da Capoluogo, al progetto, da sempre mancato, dell’unità della Calabria attraverso la costruzione di un’area urbana attrezzata e moderna che la natura ha posto al centro del territorio regionale. Fiorita è notoriamente un uomo di sinistra, un intellettuale critico della sinistra ideologica, un politico che si batte per la costruzione di un soggetto autenticamente di sinistra. Ma questo Fiorita opera su un altro terreno, come è giusto che sia, dove potrà davvero costruire in un prossimo futuro una leadership riconosciuta e sostenuta.
Il Fiorita che è stato chiamato, lui non sapendo negarsi, a tirare le castagne dal fuoco a questo centrosinistra fallimentare e a questo PD vecchio quanto Matusalemme, e a metterci la faccia sua, nella quale ci sono i volti di tutti noi che lo abbiamo sostenuto, è sbagliato. È atto ingannevole. Ma siccome si dice che da tutto deve essere tratto il bene e che nessuna sconfitta lo è totalmente, facciamo che questo risultato risulti utile. Per i due enti, provincia e comune, che avranno un titolare a tempo pieno e senza necessità di assegnare deleghe improprie. Per i due enti, che troveranno nei due capi persone che onestamente collaboreranno per il bene del territorio e dei cittadini.
Per la Città di Catanzaro, che potrà contare sulla provincia per sostenere il duro confronto con la Regione, affinché essa, con il varo finalmente della Legge per il Capoluogo, richiesta da più parti da oltre vent’anni, possa dotarsi di strumenti( Università grande e rafforzata in primis) che le consentano finalmente di essere la Città-Calabria. E per la Calabria. Infine, il risultato per il cui principio, sebbene non codificato, io mi batto da sempre. Quello di un incarico per ogni di singola persona, affinché si eviti quel deteriore cumulismo che tanti danni ha prodotto alle istituzioni e alla salute della nostra Democrazia. Si dice nei detti, “una testa, un cappello. Un sedere una sedia.” Io ne aggiungo un altro, forse, più efficace: su un petto una fascia sola! (fc)