di SALVATORE MONGIARDO – La storia di quel luogo in provincia di Vibo Valentia comincia circa trenta milioni di anni fa, quando un grosso blocco di costa si staccò dalla zona dell’attuale Marsiglia per unirsi al complesso Corsica-Sardegna. Continuò poi la sua ricerca di una nuova collocazione fino a unirsi alla Calabria, pare nella zona Lamezia-Squillace, situazione che gli conviene dalla quale non si è più mosso.
Sembra una favola, ma il granito bianco di cui è composto il promontorio costituisce la prova geologica di quella sua lontana origine. Il nome di Vaticano non viene dalla Chiesa né dalla Città del Vaticano, perché sia il Vaticano che il Capo Vaticano di Calabria hanno una comune origine molo più antica.
Nel racconto mitologico della fondazione di Roma, si narra che Romolo vide volare dodici uccelli, mentre Remo ne vide solo sei, chiaro segno che il fondatore prescelto era Romolo. L’episodio richiama l’interpretazione del volo degli uccelli che presso gli Etruschi, poi presso i Romani, era fatta dagli àuguri, i sacerdoti a ciò dediti, vati che vaticinavano il futuro. La zona di Roma, dove Costantino edificò la basilica di San Pietro, era acquitrinosa e quindi con molti uccelli, e conteneva anche un cimitero protetto dalla Dea etrusca Vatika, divinità dei vaticini e benevola accompagnatrice dei morti.
Già nel 1941, durante la seconda guerra mondiale, Pio XII Pacelli aveva iniziato gli scavi dei sotterranei della Basilica di San Pietro, il cui altare centrale poggia su quella che fu la tomba dell’apostolo, giustiziato lì perché era un cimitero. Tutto ciò è confermato dal ritrovamento di molte tombe e di una statua in marmo della Dea Vatika, che ho potuto vedere durante una visita dei sotterranei vaticani fatta intorno al 1962.
Ma come è arrivato quel nome in Calabria? La spiegazione è da ricercare dai vari insediamenti di colonie romane in quella zona molto fertile, e difatti abbiamo notizia di varie colonie formate da legionari che avevano terminato il servizio e venivano ricompensati con l’assegnazione di terre da coltivare. Tra le novità che le colonie romane portarono c’era il culto di Vatika, collegato al volo di uccelli predatori che svolazzano, ora come allora, attorno al Capo in cerca di piccole prede come passeri, lucertole e serpentelli, animali a sangue freddo che si scaldano al sole del pendio, come avviene anche a Gerace e Girifalco posti in alto.
Nel dialetto di Gerace il falco è chiamato rapìnu e il nome stesso di Gerace deriva dal greco ierax, lo sparviero, che è un piccolo falco diurno.
Lo scrittore Giuseppe Berto (1914-1978), visse a lungo a Capo Vaticano, dove scrisse nel 1964 il Male Oscuro, romanzo unico nel suo genere, che descrive le angosce e le ferite profonde della sua anima, che si acquietarono solo di fronte a quei panorami di tale bellezza che quei luoghi furono chiamati Costa degli Dei. (sm)