di GREGORIO CORIGLIANO – Si chiama Muna Nasr, dal nome si capisce che non è europea, men che meno italiana. È giordana di Amman, nata da genitori libanesi. La incontro non all’estero, dove pure sono stato in vacanza, ma nel luogo dell’anima, San Ferdinando. Addirittura? Sì, un caso fortuito.
Mi capita di vedere prima dal fruttarolo, poi in edicola, una affettuosa parente di mia madre, Rosita Bagalà, che in compagnia del fratello Bruno, già grande manager della Garibaldi-navigazione di Genova – entrambi figli del capitano Bagalà – sfogliavano le riviste di Ciccio Naselli, ma in effetti volevano sapere se ancora era disponibile il mio ultimo libro Nero di Seppia, edizione Pellegrini. Baci abbracci e un dolce “vieni a trovarmi a casa”.
Non ci penso due volte e l’indomani, arrivo nella casa di famiglia, sempre a San Ferdinando, nella storica piazzetta Barletta tutta rinnovata e rinverdita. Rosita, dopo avermi raccontato della scomparsa del marito, Nando Stucci, mi presenta tutta la parentela con i giovani nipoti. Tra le persone che mi presenta c’è Muna, faccio fatica a comprendere il nome, fino a quando non mi spiega che è giordana. Mi ritiro nelle mie, la guardo, è bellissima, veramente affascinante, bionda, capelli lunghi, un sorriso che incanta. Guardala bene, mi dice Rosita: non è facile incontrare a San Ferdinando una donna di Amman. E che ci fa qui? Tua amica? No. È mia nuora, la moglie di mio figlio Stefano. E tuo figlio? È a Tokyo, non lo sapevi? Certo che no: E cosa fa Nell’estremo Oriente? E il numero due dell’Ambasciata Italiana. Un diplomatico di carriera. Scusa, scusa cominciamo dall’inizio. Tuo figlio, di genitori di San Ferdinando, nato a Genova ha scelto la carriera diplomatica? Che bello. A questo punto, Rosita si allontana, per accudire i figli del figlio e mi lascia con Muna, che è un fiume in piena, ha voglia di parlare, si è fidata di me e apre lo scrigno della sua vita.
Mio nonno, mi dice, è stato chiamato dal primo Re di Giordania, dal Libano perché giornalista, per fondare il primo giornale il Giordany newspaper nel 1924. Anche mio padre ha studiato giornalismo all’Università americana in Egitto. E ci trasferiamo lì, dove non c’era ancora nulla di giornalistico. Mio padre, insoddisfatto della vita in quella terra, si sposta a Londra, per studiare medicina al famosissimo Kings College. Una volta acquisito il titolo di medico, torna in Giordania per esercitare la professione che associa a quella di giornalista con suo padre. Nel frattempo conosce mia madre Aimèe, in Libano, si sposano. Tornano in Giordania dove svolge la professione medica e giornalistica. Nell’80 il giornale chiude per motivi politici, ma non posso, né voglio, aggiungere altro.
Mentre parla, gli occhi di Muna brillano, si tocca i capelli, sorride. Si vede che è una donna felice. Mi racconta ancora che sono cinque sorelle ed un fratello, tre vivono in Italia, due negli Stati uniti, uno in Libano. Il fratello fa l’editore, le sorelle le interpreti ricercatissime in tutto il mondo, perché parlano, si intende, moltissime lingue, peraltro, non comuni, né facili. Ed il calabrese Stefano, dove lo hai conosciuto? Era giovanissimo primo segretario di ambasciata in Giordania. Ci incontriamo ad una festa di matrimonio di alto rango. Lui mi fa la corte, una corte spietata, ma “io non gli ho dato confidenza alcuna”.
“Si informa del mio lavoro di agente immobiliare e ha il coraggio di avvicinarsi dicendomi di volere comprare casa ad Amman. Un diplomatico non compra casa rivolgendosi alla prima agente immobiliare. Capisco da come mi guarda e mi segue che si era presa una cotta per me. “Ci frequentiamo, alla fine mi ha convinto. Ci sposiamo, stiamo due anni ad Amman. Poi trasferiscono Stefano a Sarajevo. All’ambasciata italiana della Bosnia Erzegovina. Dopo il primo figlio, anzi la prima – Isabella – rimango incinta del secondo, quando veniamo trasferiti a Roma. Qui stiamo tre anni, come prevedono le regole dei diplomatici. Da Roma, nuova sede a Gedda. In Arabia Saudita.
“A me, di spirito libero, quella sede non piaceva molto per le restrizioni. C’era finanche la polizia religiosa, che controllava tutto e tutti. “In tre anni, però, anche quella società è cambiata: e se prima non volevo andare, poi non volevo più ripartire”. Vivevamo in un compound, una villa meravigliosa, accanto a sauditi allegri, ospitali, a cui piace molto divertirsi”. Anche quella esperienza è finita e come tutti i diplomatici di carriera dobbiamo giustamente osservare le regole della carriera. È finita? Certo che no. “Da Gedda veniamo trasferiti a Tokyo: siamo nella terra del sol Levante da un anno e mezzo. Di questa esperienza ancora posso dire poco”.
Ed ogni volta cambiate residenza? No, mi dice Muna, entusiasta del suo Stefano, che non ha ancora cinquant’anni, e siamo residenti a Roma. Dal mondo della diplomazia, a San Ferdinando? Stefano aveva paura che non mi piacesse la Calabria ed, in particolare, San Ferdinando.
“Invece no, mi sembrava il mio mondo, gente calorosa, affettuosa, generosa. Il mare splendido, a due passi dalla casa di mia suocera”. Felice, almeno una volta. Ora non più, non scendo sulla spiaggia, perché il mare è molto sporco, il sole lo prendo in terrazza. Se non provvederanno a pulire il mare, non verrò più”! È una minaccia o una promessa? Quel che dico sono abituata a farlo. Lo scriva pure, glielo ho pure detto a sua cugina Rosita, non farò venire i miei figli, non riesco a capire perchè nessuno si preoccupi del mare sporco, per noi è inconcepibile, al di là di ogni immaginazione”! Che briscola di rimprovero!
Meritato, però. La tua vita Muna, è facile? “Entusiasmante, ma non facile: adattarsi sempre a regole ed abitudini nuove, amicizie, scuole per i figli, ricominciare sempre. In Giappone, adesso, è un mondo diverso. È la vita!”. Torna, la mia parente Rosita, della quale, contrariamente a quanto si pensi, Muna dice un gran bene: forte, determinata, energica. Vero, anche io la ricordo così, giovane di belle speranze. Ed il futuro di Muna e Stefano? “Non si può sapere. Si appartiene alla vita dei diplomatici di carriera. Un sogno potrebbe essere l’Argentina, ma chi lo può dire? Intanto si gode questi spiccioli di vacanza: da San Ferdinando a Tokyo, il passo non è breve.
È sicuramente, felice, come lei ed il vice ambasciatore di Tokyo, calabrese di San Ferdinando, orgoglio di mamma Rosita e papà Nandino. Auguri! (gc)
In copertina, foto del Fai – Fondo Ambiente Italiano