di PINO NANO – Il 30 maggio 2022, esattamente un anno fa, moriva Luigi Maria Lombardi Satriani. Aveva 85 anni, e oggi martedì 30 maggio l’illustre studioso calabrese sarà finalmente ricordato nel suo paese natale, San Costantino di Briatico, il paese dove c’è ancora la sua casa, che per tutta la vita lui non aveva mai lasciato, e la sua immensa biblioteca storica, e dove lui aveva scritto i suoi capolavori più intensi.
Sarà un’occasione imperdibile per parlare di lui e dei suoi scritti, della grande opera letteraria che lo legava alla Calabria, ma soprattutto dello charme che questo grande antropologo emanava ogni qualvolta appariva in pubblico.
Per me rimarrà in eterno l’uomo del Ponte di San Giacomo, un libro che ho letto e riletto diverse volte nella mia vita, perché spesso e volentieri, nei momenti di maggiore solitudine, mi serviva qualcuno che mi guidasse e mi aiutasse a trovare le risposte che cercavo e che, come cronista, mi apparivano lontane e velate.
Affascinante, quasi superbo, austero, saccente, bastava guardarlo negli occhi che ti incuteva soggezione, “occhi di bragia”, lui sapeva di appartenere ad una razza superiore, forse si sforzava anche di non fartelo pesare, ma Luigi Maria Lombardi Satriani da che mondo e mondo era il “vate” per antonomasia, il cantore della terra, il filosofo dei poveri, una sorta di moderno Caronte dantesco, l’uomo che sapeva leggere e interpretare i gesti degli uomini, e che della loro vita conosceva le pieghe più intime, saggio, altezzoso, a tratti dolcissimo e avvolgente, altre volte arrogante e scostante, ma a lui gli si perdonava ogni eccesso, perché tutta la sua vita era un eccesso di dettagli, emozioni, analisi, colori e impressioni.
«La sua saggezza e la conoscenza che aveva del mondo – dice di lui la scrittrice Maria Folino Murmura, Presidente della Fondazione Antonino Murmura e che per l’occasione questa sera terrà un concerto di pianoforte in suo onore – era pari alla sua ironia e alla sua capacità di stare in mezzo agli altri, un uomo e un intellettuale che aveva il garbo di prenderti per la mano e portarti dove lui pensava dovesse condurti, un testimone indimenticabile del nostro tempo e a cui la Calabria deve molto se non altro per le ricerche e il lustro che il suo lavoro accademico ha riversato sulla storia più intima di questa regione».
Antropologo, etnologo, figura di assoluto rilievo nel panorama culturale delle scienze antropologiche, studioso del folklore e delle culture delle classi subalterne, professore emerito di etnologia all’Università ‘La Sapienza’ di Roma, era già stato in passato preside e docente della Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università della Calabria dopo avere insegnato presso gli atenei di Messina e Napoli in Italia, ma anche all’estero, ad Austin in Texas, e a San Paolo in Brasile.
A un certo punto, lo chiama la politica e lui naturalmente non si tira indietro. Vive la sua prima stagione lontano dalle aule universitarie a Palazzo Madama – eletto nel 1996 Senatore della Repubblica nel gruppo Sinistra Democratica-L’Ulivo – come ha sempre vissuto ogni sua nuova esperienza professionale e culturale, con energia ed entusiasmo. Ogni volta ripartiva daccapo, e ogni occasione era per lui una nuova sfida a se stesso, alla sua intelligenza, al suo acume, alla sua saggezza contadina.
A Palazzo Madama entra a far parte della Commissione Cultura e della Commissione Bicamerale contro l’organizzazione mafiosa e altre realtà criminali, e questo fa di lui uno dei punti di riferimento internazionali per i tanti antropologi e sociologi stranieri che cercano di capire meglio il mondo organizzato del crimine. Era nato in Calabria, a San Costantino di Briatico, tra Vibo Valentia e Tropea, il 10 dicembre 1936, in una casa che col passare degli anni era diventata meta di studiosi di tutto il mondo, una sorta di cenacolo dove il “barone rosso” riceveva tutti, forte della tradizione culturale contadina dell’accoglienza con cui la sua famiglia aveva convissuto per tutta la vita.
Intellettuale di ispirazione gramsciana, il grande antropologo ha condotto studi importanti oltre che sul folklore, sulla religiosità popolare e sulla cultura contadina. Era presidente onorario dell’Associazione Italiana per le Scienze Etno-antropologiche e dirigeva “Voci. Semestrale di Scienze Umane“.
Autore di una vasta bibliografia, tra le opere principali di Lombardi Satriani, molte della quali tradotte in diverse lingue straniere, ricordiamo: “Folklore e profitto” (Guaraldi, 1973); “Antropologia culturale e analisi della cultura subalterna” (Rizzoli, 1974); “Menzogna e verità nella cultura contadina del Sud” (Guida Editori 1974); “Il silenzio, la memoria, lo sguardo” (Sellerio 1979); “Lo sguardo dell’angelo. Linee di una riflessione antropologica sulla società calabrese” (Centro Editoriale e Librario, 1995); “La stanza degli specchi” (Meltemi, 1994); “Nel labirinto. Itinerari metropolitani” (Meltemi, 1996); “De sanguine” (Meltemi, 2000).
Insomma, tutto e il contrario di tutto, di quella che il mondo conosce come la scienza delle emozioni e della tradizioni e di cui Luigi Maria Lombardi Satriani era insuperabile interprete e comunicatore. L’unico rammarico che mi porto dentro è di non averlo cercato quando ho saputo che stava male, per farmi raccontare meglio da lui il “mondo dei morti” che nessun altro al mondo, meglio di lui, ha saputo raccontare. È stato davvero bello conoscerti Luigi. (pn)