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Marco Siclari, Francesco Cannizzaro e Anna Maria Bernini

Siclari (FI): Le proposte per modificare (o annullare) il Decreto Sanità Calabria

Promossa dal sen. Marco Siclari (FI), si è svolta oggi a Roma nella Sala Nassirya del Senato una conferenza stampa per illustrare gli emendamenti proposti per la modifica del Decreto Sanità Calabria, attualmente in discussione alla Camera. All’incontro, presieduto dal capogruppo di Forza Italia al Senato Anna Maria Bernini, hanno partecipato l’on. Francesco Cannizzaro, e i membri della Commissione Sanità al Senato Paola Binetti, Laura Stabile e Maria Rizzotti, Era presente anche il presidente dell’Ordine dei Medici di Roma.

Il sen. Siclari, introdotto dalla sen. Bernini, ha ribadito che dal primo giorno di insediamento del governo (5 giugno 2018) ha insistito sulla necessità di provvedere urgentemente a risolvere i gravissimi problemi della sanità in Calabria. Una miriade di comunicati stampa, decine di interventi, mozioni, interpellanze e appelli lasciati cadere nel vuoto. E ora – ha evidenziato il giovane senatore azzurro – ci troviamo con un Decreto che alla Calabria non offre nulla. «Il decreto salute Calabria – ha detto Marco Siclari – per come elaborato dalla Grillo impedisce l’assunzione di medici e infermieri. Questo decreto, dunque, blocca la sanità perché al suo interno si legge che vengono bloccate le assunzioni. Mancano già 1410 medici e 2800 infermieri e questa non può che essere la causa dell’emergenza che viviamo in Calabria. Questo non farà altro che far piombare ancora più in basso l’assistenza sanitaria perché continueranno i pensionamenti degli operatori sanitari che non saranno mai sostituiti. Così i medici che rimarranno in servizio si ritroveranno a dover affrontare una mole di lavoro superiore a quella che sono costretti a portare avanti oggi. Lavorare sotto organico porterà a un peggioramento costante e non possiamo permetterlo».

«Il decreto-legge, in discussione alla Camera – ha detto il sen. Siclari – vuole introdurre “un regime speciale per la gestione commissariale della regione Calabria”. Stiamo parlando di un decreto legge, che, invece che prendere atto del fallimento del commissariamento e conseguentemente abolirlo ovvero creare un iter per l’uscita della regione Calabria dalla gestione commissariale, preferisce, pur prendendo atto del fallimento dello strumento commissariale, insistere nel voler confermare lo strumento, nonostante i danni creati. Ed infatti nella relazione alla proposta di legge, il Governo scrive candidamente che manca la continuità nell’erogazione delle prestazioni sanitarie afferenti ai livelli essenziali di assistenza e che i limiti di spesa per le assunzioni di personale nell’ambito del Servizio sanitario nazionale hanno determinato il blocco del turn over e, quindi, la carenza del personale.

«Anzitutto, permetteteci di dirlo a voce alta e con soddisfazione il Governo, che fino a qualche mese addietro, negava l’emergenza sanitaria in Calabria, nonostante le decine di comunicati stampa, di interrogazioni ed interpellanze che ho dovuto, anche a nome del Gruppo Forza Italia – Berlusconi Presidente e soprattutto del gruppo in commissione Igiene e Sanità al Senato, indirizzare ad un Governo ed ad un Ministro “sordi” alla tematica della salute dei calabresi, ebbene questo Governo e il Ministro Grillo, che ha detto, in Commissione al Senato, che mancavano le fondamenta per discutere della fine del commissariamento sanitario in Calabria, hanno dovuto cedere: questo decreto segna la fine del Commissariamento sanitario calabrese, come lo conosciamo, decretandone il totale fallimento, sia in termini economico-finanziari che in termini di assistenza sanitaria.

«Ovviamente la cura che questo Governo indica e cioè quella di un super-commissariamento ovvero del commissariamento del commissariamento non è adeguata ed anzi appare dannosa e produrrà, se non corretta, danni peggiori del male. Purtroppo la comunicazione con questo Governo e soprattutto con le espressioni dei cinquestelle in seno al Consiglio dei Ministri, è ridotta a zero, annullata, insomma inutile.

«Sono dovute arrivare  “Le Iene” per costringere il Governo a correre ai ripari, con tanto di pompa magna ed urgenza, addirittura con la convocazione del Consiglio dei Ministri a Reggio Calabria. Per questo Governo il Parlamento conta meno della stampa e soprattutto della televisione dei social: se il Sen. Siclari o un altro parlamentare segnalano un problema, un’emergenza, allora non meritano neanche risposta oppure meritano risposte secche, che non lasciano adito a dubbi, né apertura al dialogo, al confronto ed alla dialettica, necessaria al miglioramento dei provvedimenti normativi.

«Questo Governo e la maggioranza che lo sostiene – ha detto ancora Siclari –  non vogliono in alcun modo che la democrazia si esplichi e trionfi: abbiamo ancora tutti negli occhi l’imposizione della fiducia al Senato per l’approvazione della legge di bilancio; un vero e proprio atto illegittimo, contrario alla separazione dei poteri che ha impedito al Parlamento di discutere il maxi-emendamento, approvato senza che la stessa maggioranza ne conoscesse il contenuto. Oggi finalmente avete capito che la sanità non è un settore meramente economico che può essere gestito con tecnici, ingegnere ed economisti, ma si tratta anzitutto di un bene e di un diritto fondamentale, ossia la salute, riconosciuto come fondamentale dall’art. 32 della Costituzione e come tale deve essere trattato, evitando gli sprechi, risanando i conti ed i bilanci, ma solo dopo aver garantito ad ognuno il diritto ad essere curato e a poter essere guarito.

«Dalla relazione al disegno di legge emerge che “il sistema sanitario della regione Calabria, sottoposto da tempo a un’azione di risanamento attraverso lo strumento dei Piani di rientro e, da alcuni anni, alla gestione commissariale, registra, nonostante i molteplici interventi sostitutivi governativi, una grave situazione di stallo, se non di peggioramento della maggior parte degli indici di misurazione sia delle capacità organizzative/gestionali del servizio sanitario regionale nelle sue diverse articolazioni, sia del corretto utilizzo delle risorse, sia, infine, della qualità dei servizi sanitari resi ai cittadini e nell’erogazione dei livelli essenziali di assistenza”.

«Quest’oggi vogliamo con forza e coraggio ribadire che lo strumento commissariale, che come tutti gli strumenti non è buono o cattivo, ma serve o meno al raggiungimento di un obiettivo e di uno scopo: la durata ultradecennale del commissariamento con la successione di più organi e persone che hanno incarnato il ruolo, dapprima, il Presidente della Regione Calabria, poi tecnici di nomina governativa, dimostrano, in maniera evidente che per garantire il diritto alla salute e per azzerare il debito sanitario della Regione Calabria, lo strumento commissariale è inadeguato: ad oggi il debito non è stato azzerato, anno per anno il deficit alimenta l’aumento del debito e tutto ciò in presenza del blocco del turn-over che ha determinato ormai la carenza strutturale di personale, dell’aumento della tassazione e dell’imposizione fiscale a carico di cittadini calabresi, insomma, per un verso abbiamo ottenuto il peggioramento dell’assistenza sanitaria calabrese, senza che la qualità dell’assistenza non abbia raggiunto il punteggio LEA di 136, inferiore al minimo legale di 160, in una situazione di abbandono delle strutture sanitarie, di assenza delle apparecchiature e delle strumentazioni salva-vita, di assenza e/o di malfunzionamento delle minime infrastrutture di supporto, come gli ascensori e, per altro verso, abbiamo impoverito i calabresi, oberandoli con un surplus di carico fiscale.

«Il commissariamento è da eliminare, perché avrebbe dovuto raggiungere obiettivi che non ha nemmeno sfiorato: sarebbe stato accettabile un commissariamento che a LEA invariati avesse ridotto il debito, ma così non è stato; oppure un commissariamento che a debito non ridotto avesse migliorato l’assistenza sanitaria calabrese, ma così non è stato. È chiaro che non si tratta di uomini, perché quelli sono cambiati, non si tratta di personale sanitario, perché grazie al blocco del turn-over, è rimasto sostanzialmente invariato: è il tipo di strumento che se non riesce ad incidere nell’immediato (12 o 18 mesi) sulla riduzione del debito e sul livello di assistenza, non è idoneo.

«La storia ultradecennale insegna e dimostra come il commissario non riesce ad incidere perché può entrare in conflitto con la Regione e con i livelli gestionali e sanitari delle aziende sanitarie. Oggi si propone un super commissariamento che dovrebbe in massimo 18 mesi risolvere quello che non è stato risolto in 120 mesi che sono serviti, anzi, per peggiorare la situazione. Ed a questo punto arriva la perla oppure il jolly che questo compagine governativa riesce a mettere in campo ogni qualvolta la situazione è disperata al fine di mascherare la propria incapacità. Per la Calabria il jolly è sempre lo stesso: la ‘ndrangheta. Ed infatti leggiamo nella relazione. La persistenza della situazione di significativa criticità in capo al servizio sanitario della regione Calabria non può, peraltro, prescindere dalla considerazione dei gravi effetti sul sistema salute determinati dalle infiltrazioni della criminalità organizzata nel settore. In particolare, l’analisi di contesto svolta tra il 2014 e il 2015 dall’AGENAS ha messo in luce come la criminalità organizzata abbia concentrato soprattutto nel settore sanitario i propri interessi economici e di espansione, in ragione di fattori quali l’importanza delle dimensioni economiche del settore, la necessità di creare una rete di relazioni con gli operatori sanitari al fine di acquisire posizioni di privilegio (sia nell’erogazione dell’assistenza sanitaria che nella fruizione di «perizie mediche  compiacenti», di informazioni riservate ed altri « accomodamenti»), la necessità di costruire relazioni per l’acquisizione di appalti pubblici, l’esigenza di intessere rapporti nei settori che favoriscono il collegamento con la politica al fine di influenzarne le scelte e la necessità di creare le condizioni per favorire talune strutture, private e private accreditate. Siffatta situazione è riscontrabile in particolare con riferimento ad alcune aziende sanitarie della regione, su tutte quelle di Locri (ex ASL 9) e di Reggio Calabria (ex ASL 11 e ASP 5).A questo riguardo va ricordato che negli scorsi anni, anche a seguito dell’omicidio del vicepresidente del Consiglio regionale nonché dirigente medico dell’ex ASL di Locri, dottor Francesco Fortugno, le indagini avviate nel settore della sanità calabrese avevano portato allo scioglimento per infiltrazioni mafiose, ai sensi dell’articolo 143, comma 1, del testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 (TUEL), delle aziende sanitarie locali di Reggio Calabria e di Locri e alle connesse gestioni commissariali straordinarie. Lo scioglimento per condizionamenti della criminalità organizzata ha riguardato, tuttavia, anche altre realtà aziendali, quale quella dell’azienda sanitaria provinciale di Vibo Valentia (2010), essendosi rilevato come diversi settori della vita dell’ente risentissero pesantemente «di un forte e pervasivo condizionamento della criminalità organizzata vibonese con particolare riguardo per alcuni gruppi mafiosi che, in modo evidente, occupano settori vitali dell’Azienda Sanitaria di Vibo Valentia». Da ultimo, lo scorso 7 marzo il Consiglio dei ministri ha deliberato un nuovo scioglimento degli organi dell’azienda sanitaria provinciale di Reggio Calabria e l’affidamento della gestione a una Commissione straordinaria, in ragione dell’esito dell’accesso antimafia eseguito nei mesi precedenti. A tale specifico riguardo va peraltro considerato che – come evidenziato chiaramente dalla stessa relazione del prefetto di Reggio Calabria dell’11 dicembre 2018, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n.  78 del 2 aprile 2019 – sussiste una stretta compenetrazione tra le gravissime criticità emerse nell’ambito delle attività di prevenzione antimafia – dalla quale è scaturito il rimedio, di per sé straordinario, dello scioglimento della più grande azienda sanitaria regionale – e la diffusa condizione di «caos amministrativo e gestionale», pure rilevata nella citata attività di accesso.  Continuando si legge «le criticità del predetto ufficio, note da anni, non siano state mai seriamente affrontate dai respon- sabili che si sono succeduti alla guida del- l’ASP. In effetti con nomina nel tempo di Commissari ad acta non si è provveduto alle sistemazioni contabili cui si sarebbe dovuto attendere causando, di fatto, l’im- possibilità per l’Azienda di approvare i bilanci già a decorrere dall’esercizio”.

«A questo punto la retorica prende nettamente il posto di ogni altra considerazione. Intanto a livello giuridico non ci sono i presupposti per l’adozione di decreto legge che non sia determinato da motivi di necessità e di urgenza: appare evidente, infatti, come di fronte all’emergenza sanitaria calabrese, l’unica possibilità di utilizzare lo strumento della decretazione d’urgenza sarebbe stata quella di eliminare la gestione commissariale, come abbiamo proposto e proporremo, ma sicuramente non quella di rafforzare la gestione commissariale, sul presupposto che non ha funzionato per le infiltrazioni malavitose ovvero e comunque per eventi risalenti nel tempo (assassinio di Fortugno) oppure e comunque per criticità già note come la mancata approvazioni dei bilanci nelle ASP calabresi. Alla retorica si somma retorica quando si legge che “invero, va affermato senza tema di smentita che in ordine alla descritta situazione, nonostante i ripetuti provvedimenti sanzionatori e le consequenziali gestioni straordinarie e malgrado l’alternarsi di governi regionali di diverso colore politico, le aziende sanitarie della regione Calabria permangano, più o meno tutte, in uno stato di caos gestionale e amministrativo. Deve peraltro essere segnalato che ad ostacolare il raggiungimento della «normalità» amministrativa della sanità calabrese hanno concorso, altresì, le note divergenze emerse tra i vertici politici regionali e la struttura commissariale. La dicotomia tra la struttura commissariale – quando non diretta emanazione della regione – ed i vertici politici della regione stessa si è manifestata con palese evidenza in frequenti attacchi ed esternazioni, oltre che in continue reciproche accuse di trascurare l’interesse della salute  dei cittadini, facilmente rinvenibili nelle copiosissime fonti di stampa, oltre che negli atti di sindacato ispettivo parlamentare. Estremamente significativi, a tal riguardo, risultano gli elementi forniti dal Commissario ad acta pro tempore nell’audizione del 19 settembre 2018 dinanzi alla Commissione 12a del Senato; dalla relazione resa in tale occasione è emersa, in particolare, per ciò che qui rileva, anche e soprattutto la mancanza di sinergia tra la struttura commissariale ed i vertici regionali, con conseguente proposizione di osta- coli di varia natura, ma comunque tali da contribuire all’inadeguatezza sia dell’efficienza dell’azione commissariale che di quella amministrativa regionale. Esattamente in quest’ottica ostruzionistica è stato riferito, nel corso dell’audizione, anche del depotenziamento del Dipartimento Tutela della salute della regione Calabria, nel quale continuerebbero a man- care i dirigenti responsabili di settori vitali quali la rete ospedaliera, le autorizzazioni e l’accreditamento, l’emergenza-urgenza, i LEA, il bilancio, gli affari generali, la rete informatica, il personale e l’ufficio delle convenzioni. Di converso, la struttura commissariale è stata spesso pubblicamente accusata di operare in piena solitudine anche sui provvedimenti più significativi, come nel caso delle assunzioni e della definizione dei budget per la sanità accreditata, per la stesura dei quali non sarebbero stati coinvolti, né tanto meno consultati, i competenti organi regionali. Tale quadro conflittuale – di cui  si  è  dato sinteticamente conto – risulta, peraltro, tanto più grave e significativo laddove   si consideri che esso è emerso  anche  in  sede parlamentare – oltre che diffusa-  mente rilevato sui media – da parte del- l’organo commissariale nominato nel corso della passata legislatura, e, dunque, in un momento in cui non è dato supporre  che  tale quadro potesse, anche solo in parte, essere condizionato, in ipotesi,  da  alterità di appartenenza politica. In siffatto contesto, la situazione di disavanzo prima del conferimento delle obbligatorie risorse fiscali regionali fino alla concorrenza del risultato di gestione stesso ha contribuito a rendere ancor più difficoltoso ogni tentativo di riassetto del sistema e di pianificazione delle relative spese; un ostacolo peraltro aggravato dall’ingente spesa della sanità privata, componente non sempre rispettosa della programmazione definita dalla struttura commissariale molto attiva sul versante del contenzioso”.

«Ma allora – ha detto Siclari – perché non restituire la funzione commissariale al Presidente della Regione Calabria, che durante la precedente legislatura era comunque riuscita ad abbattere il debito? E comunque se il commissario Scura, stando alla relazione, è stato vittima del conflitto con la Regione e della compagna mediatica e parlamentare, leggesi Sen. Siclari, perché non confermarlo ed invece procedere alla sua sostituzione?

«La relazione sconfina nell’ovvio quando parla dell’emigrazione sanitaria, fenomeno che, purtroppo, attanaglia la Calabria da molti decenni. Il saldo della mobilità, in  Calabria,  ha da sempre avuto un andamento fortemente negativo. Nel 2017 è stato pari a oltre – 293 mln di euro, che impattano negativamente su tutti i residenti: infatti, dividendo tale saldo per il numero degli abitanti, la Sezione ha calcolato che nel 2017, per ogni cittadino calabrese, il fenomeno della mobilità ha avuto un costo di € 150 euro. È il valore pro capite peggiore d’Italia, e,  in  base ai dati provvisori disponibili, è desti- nato ad aumentare fino a 163 euro  nel  2018, quando il saldo da mobilità dovrebbe essere pari a oltre – 319 mln di euro. Perché non utilizzare questi soldi per costruire una sanità efficiente in Calabria? Ma la relazione è foriera di molti dati nuovi oppure finalmente accettati dal governo: ad esempio risulta che al 31 marzo 2018 rimanevano in Gestione sanitaria accertata (GSA) 142,8 milioni di euro di risorse non trasferite agli enti del SSR. L’immotivata trattenuta da parte della GSA di ingenti somme, di cui una parte rilevante costituita da finanziamento indistinto e risorse fiscali, limita, infatti, il trasferimento di liquidità agli enti del SSR, aggravando la circostanza per la quale questi ultimi presentano su scala nazionale i maggiori ritardi nei tempi di  pagamento  dei fornitori. Ma di tutto ciò che la relazione dettaglia lo Stato ed il Governo non si è mai accorto? E perché di tali inadempienze dovrebbe rispondere il cittadino calabrese? E giusto che i calabresi siano costretti a subire una sanità inefficiente, tasse più alte per pagare un debito prodotto per colpa della cattiva politica regionale e statale e per cola di commissari incapaci che mai verranno chiamati a rispondere di errori gestionali e di programmazione?

«Smettiamola con la retorica dell’infiltrazione mafiosa. Siamo il territorio dove l’antimafia lavora meglio e quotidianamente magistrati, prefetti e forze dell’ordine sono impegnate non solo per la repressione dei reati, ma lavorano fattivamente per prevenire ogni sorta di condizionamento delinquenziale, quindi perché non scindere i piani e lasciare alla giustizia di fare il suo corso, approntando al meglio le funzioni amministrative e gestionali della sanità calabrese? Dire che la sanità debba essere commissariata fino a quando c’è la ‘ndrangheta è come sostenere che le donne non debbano indossare le minigonne fino a quando esiste il fenomeno del femminicidio! Con l’apparato di emendamenti che abbiamo predisposto e che con un gran lavoro di squadra, per il quale ringrazio la Sen. Anna Maria Bernini, Presidente del Gruppo Forza Italia al Senato della Repubblica e l’On. Maria Stella Gelmini, Capogruppo alla Camera dei Deputati, presenteremo in sede di conversione del decreto quale battaglia di civiltà giuridica e di solidarietà umana nei confronti dei calabresi che non possono essere discriminati per il sol fatto di vivere e risiedere in Calabria: la malattia può colpire tutti noi e dobbiamo garantire che a ciascun italiano sia prestata la stessa soglia minima ed adeguata di assistenza a qualunque latitudine abiti. In Calabria se ti ammali, come ho dovuto dire molto spesso in Senato, se ti ammali o hai soldi ed una famiglia per poter emigrare  e curarti oppure muori. Non è degno di un Stato civile accettare questo stato di cose. In sintesi e prima di illustrare analiticamente gli emendamenti predisposti, chiariamo che ci siamo mossi su di un duplice versante: in primo luogo quello di rivoluzionare il decreto Calabria al fine di farlo diventare il decreto Salva Calabria, in secondo luogo quello di migliorarne al massimo il contenuto normativo del disegno di legge, trasformandolo da atto finalizzato al solo rispetto del piano di rientro sanitario a norma eccezionale per apprestare un’assistenza sanitaria dignitosa e decente ad ogni cittadino calabrese».

Di grande impatto anche le dichiarazioni del deputato azzurro Francesco Cannizzaro (vedi il video) che ha messo in evidenza la generosa disponibilità di fornitori e di presidi sanitari privati a garantire prestazioni sanitarie e prodotti farmaceutici pagati con ritardo di anni dalle strututre pubbliche. (rp)