È MAL’ ARIA NELLE CITTÀ DELLA CALABRIA
PREOCCUPANO I NUMERI DI LEGAMBIENTE

C’è Mal’aria di città in Calabria, a causa delle polveri sottili e di biossido di azoto, che sforano i limiti dell’inquinamento atmosferico in base ai parametri di concentrazione media annuale. È quanto è emerso dal report di Legambiente Mal’aria di città. Quanto manca alle città italiane per diventare clean cities, realizzato nell’ambito della campagna Clean Cities, in cui si fa il bilancio sulla qualità dell’aria in città confrontando il valore medio annuale di PM10, PM2.5 e NO2 con i parametri suggeriti dall’OMS (ossia una media annuale inferiore a 15 microgrammi per metro cubo (μg/mc) per il PM10, 5 (μg/mc) per il PM2.5 e 10 μg/mc per l’N02).

«Si tratta di dati – ha dichiarato Anna Parretta, presidente di Legambiente Calabria – che destano preoccupazione sulla qualità della vita nelle nostre città e ci impongono la necessità di ridisegnare i contesti urbani a misura d’uomo. Auspichiamo un deciso cambio di rotta delle Pubbliche Amministrazioni verso una transizione ecologica ormai indispensabile. Pensare a nuovi parchi ed aree verdi, a strade e quartieri liberi dalle auto, all’incentivazione della ciclopedonalità e del trasporto pubblico elettrico, al miglioramento ed adeguamento della rete ferroviaria regionale».

«Tanti e diversi esempi – ha aggiunto – che non costituiscono un’utopia, ma un modo concreto di tutelare l’ambiente e la salute umana e di recuperare quegli spazi aperti di socialità così essenziali per il benessere, soprattutto nella difficile fase pandemica che stiamo vivendo».

Nelle schede fornite da Legambiente, infatti, per quanto riguarda la concentrazione media annuale nel 2021 di Polveri Sottili e di Biossido di azoto nelle città capoluogo di Provincia, Catanzaro presenta una concentrazione media di Pm10 pari a 19, Pm2.5 di 10 e No2 di 17. Per l’Ente, questi tre valori dovrebbero essere ridotte rispettivamente del -19%,-50% e -39%. A Reggio, per gli stessi valori, Pm10 pari a 22, Pm2.5 11 e No2 17. La riduzione da attuare sarebbe del -32%, -55% e -39%. Vibo Valentia, presenta valori di concentrazioni di Pm10 pari a 21, Pm2.5 11 e No2 11. Le riduzioni necessarie sono rispettivamente del -27%, -55% e 5%. Crotonr presenta concentrazioni del 24 per le Pm10, 6 Pm2.5 e 20 per No2. Le riduzioni da effettuare dovrebbero essere del -38%, -17% e -49%. A Cosenza, le concentrazioni sono 20 (Pm10), 13 (Pm2.5) e 19 (no2). Le riduzioni sarebbero del -25&, -62% e -47%.

Come evidenziato da Legambiente, dunque, emerge che Catanzaro è meno inquinata di Cosenza per quanto riguarda la concentrazione di Pm10, mentre è Reggio, tra le cinque Province, a essere quella più inquinata, mentre Cosenza è quella che rappresenta più concentrazione, nella media annuale, di Pm 2.5. Crotone è, invece, la Provincia che ha i livelli più bassi, mentre per la concentrazione annuale di No2 è la Provincia con i valori più alti.

Insomma, come già suggerito dalla presidente Parretta, nonostante le cinque Province calabresi non occupino i primi posti – e per fortuna, dato i tristi primati che ha collezionato la nostra regione nel corso del 2021 – nella classifica nazionale, è importante comunque prestare attenzione al fattore ambiente, e cercare di incentivare tutte quelle soluzioni green che potrebbero portare a un netto miglioramento della qualità della vita.

Come già suggerito dalla presidente Parretta, alla presentazione dello stesso rapporto nel 2020, le amministrazioni competenti dovrebbero riflettere «sulla necessità di una riconversione ecologica dell’economia calabrese» e di «ripensare le città sotto il profilo urbanistico –edilizio, creare ed incentivare parchi ed aree verdi e mettere in campo investimenti pubblici in favore delle varie forme di mobilità sostenibile».

Suggerimenti, che sono stati proposti dall’Associazione stessa in ambito urbano, dove viene evidenziato che «oltre all’importanza di ridisegnare lo spazio pubblico urbano a misura d’uomo(con quartieri car free, “città dei 15 minuti” in cui tutto ciò che serve sta a pochi minuti a piedi da dove si abita, strade a 30 km all’ora, strade scolastiche, smart city), occorre anche aumentare il trasporto pubblico elettrico con 15.000 nuovi autobus per il TPL (rifinanziando il Piano Nazionale Strategico della Mobilità Sostenibile a favore di soli autobus a zero emissioni); nuove reti tranviarie per 150 km (o filobus rapid transit); cura del ferro (500 nuovi treni e adeguamento della rete regionale con completamento dell’elettrificazione)».

«Incentivare la sharing mobility – continua l’Associazione – anche nelle periferie e nei centri minori, realizzare 5.000 km di ciclovie e corsie ciclabili, rendere l’80% delle strade condivise tra cicli e veicoli a motore. Vietare la commercializzazione dei veicoli a combustione interna al 2030 (al 2035 per camion e autobus interurbani prevedendo una strategia per il biometano liquido per l’autotrazione) e prevedere lo stop agli incentivi per la sostituzione dei mezzi più vecchi e inquinanti a favore di mezzi più nuovi ma ugualmente inquinanti. Sul fronte del riscaldamento domestico, serve un piano di riqualificazione energetica dell’edilizia pubblica, con abitazioni ad emissioni zero grazie alla capillare diffusione di misure strutturali come il “Bonus 110%” e che favorisca il progressivo abbandono delle caldaie a gasolio e carbone da subito, e a metano nei prossimi anni verso sistemi più efficienti alimentati da fonti rinnovabili (es. pompe di calore elettriche)».

«L’Italia – ha dichiarato Stefano Ciafani, presidente nazionale di Legambiente – deve uscire al più presto dalla logica dell’emergenza e delle scuse che ha caratterizzato gli ultimi decenni fatti di piani, parole, promesse – spesso disattese – e scuse per non prendere decisioni, anche impopolari, per cambiare faccia alle nostre città e abitudini alle persone. L’inquinamento atmosferico deve essere affrontato in maniera trasversale e integrata con azioni efficaci, incisive e durature con misure integrate messe in campo dal governo nazionale, da quelli regionali e comunali. Nell’ambiente urbano i due settori che incidono maggiormente sono la mobilità e il riscaldamento domestico. Un cambio di paradigma è quanto mai necessario a partire proprio da questi due settori».

«Per questi motivi, da qui ai prossimi anni – ha concluso – per accelerare la transizione ecologica sarà centrale adottare misure che puntino davvero sulla mobilità sostenibile, elettrica, intermodale, di condivisione ripensando anche gli spazi urbani e da questo punto di vista saranno importantissimi le risorse del Pnrr. Sarà inoltre rilevante puntare anche sull’efficientamento energetico e bloccare la commercializzazione dei veicoli a combustione interna al 2030». (rrm)